N. 274 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 maggio 2012

P. Q. M.

Visti gli articoli 137 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1984 n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953 n.

87, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza, in via principale:

solleva questione di legittimita' costituzionale dell'articolo dell'art. 5 d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 - attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali (GU n.53 del 5-3-2010) con riferimento agli articoli 11, 24, 111, 117 della Costituzione nonche' dell'art. 6 e 13 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e degli artt. 47, 52 e 53 della Carte dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea, nella parte in cui viola il principio di non incertezza del diritto ('defaut de securite' juridique') non prevedendo una formulazione della normativa che sia di comprensione univoca e chiara del proprio significato;

in via subordinata:

solleva questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 372 comma 2 e 3 cpc con riferimento agli articoli 11, 24, 111, 117 della Costituzione nonche' dell'art. 6 della Convenzione Europea per la. Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e degli artt. 47, 52 e 53 della Carte dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea, nella parte in cui non consente ad ogni giudice di qualsiasi ordine e grado di richiedere una interpretazione pregiudiziale alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, analogamente a quanto previsto dall'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea in relazione alle pronunce pregiudiziali della Corte di Giustizia Europea in merito ai dubbi interpretativi di norme comunitarie.

Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e sospende il giudizio in corso.

Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri e che venga comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.

Tivoli, addi' 23 maggio 2012

Il giudice: Liberati

IL TRIBUNALE Il Tribunale di Tivoli, nella persona del Giudice unico dott.

Alessio Liberati, nel procedimento iscritto al numero 3481/2011 RG e proposto: dalla sig.ra D.A. nata a Roma il 6.6.1968 (c.f.........), rappresentata e difesa dagli avv. Maria Teresa Pagano e Valentina Celi ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Lamberto De Angelis in Tivoli (RM), via Inversata n. 19 (fax 06.37352440 e PEC avvmariateresapagano@puntopec.it), giusta delega in atti, ricorrente;

Nei confronti del sig. M.M. nata a Tivoli il 23.3.1965 (c.f.

.........), rappresentato e difeso dall'avv. Amedeo De Santis ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Tivoli (RM), via del Gesu' n. 2 (fax 0774.015847 e PEC amedeo.desantis@pecavvovatitivoli.it), giusta delega in atti residente;

Ha pronunciato la seguente ordinanza con la quale si solleva di ufficio questione di legittimita' costituzionale.

In fatto L'attrice ha citato in giudizio il convenuto in data 9.9.2011, chiedendo a questo Tribunale di voler dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio e di voler provvedere allo scioglimento della comunione dell'immobile destinato a casa coniugale, sito in T., via S. e n. 40.

Il convenuto si e' costituito in data 28.2.2012, chiedendo anch'egli la dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio e la revisione, in suo favore, delle condizioni economiche, essendo il figlio divenuto maggiorenne ed avendo attivita' lavorativa propria, ancorche' saltuaria. Si e' invece opposto alla istanza di divisione dell'immobile ed ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' della relativa domanda.

In sede di udienza, il 23.5.2012, il convenuto ha chiesto inoltre pronunciarsi l'improcedibilita' del ricorso, ove non preceduto dalla mediazione obbligatoria, trattandosi di materia per la quale sarebbe obbligatorio l'esperimento del tentativo di mediazione ai sensi dell'art. 5 del d.lgs. 28/2010.

Il tribunale ritiene che la domanda di scioglimento della comunione insistente sulla casa coniugale sia ammissibile, potendo certamente essere introdotta in sede di divorzio.

Si pone quindi il problema se la controversia rientri in quelle previste dall'art. 5 del d.lgs. 28/2010, e segnatamente nella materia della divisione, o, rectius, se la procedura sia obbligatoria anche in caso di giudizio divisorio introdotto nell'ambito di controversia in materia di diritto di famiglia (e segnatamente in un giudizio di divorzio), posto che prevede un rito specifico con apposito tentativo di conciliazione da effettuarsi a cura del Presidente del Tribunale o di un giudice delegato nella c.d. fase presidenziale, come avvenuto nel caso di specie.

Il problema in diritto concerne quindi la condizione di procedibilita' del giudizio, che e' certamente rilevante e prodromica per la successiva prosecuzione del giudizio, dovendo nel caso il Giudice assegnare i termini di legge per esperire la mediazione.

In diritto

La norma in questione e la sua interpretazione.

L'art. 5 del d.lgs. 28/2010 sancisce che:

'1. Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilita' medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicita', contratti assicurativi, bancari e finanziari, e' tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, 11. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L'esperimento del procedimento di mediazione e' condizione di procedibilita' della domanda giudiziale.

L'improcedibilita' deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio al giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione e' gia' iniziata, ma non si e' conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non e' stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazione.

Al successivo comma 4 sono previste espressamente le esclusioni:

'4. I commi 1 e 2 non si applicano:

  1. nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;

  2. nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'articolo 667 del codice di procedura civile;

  3. nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;

  4. nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata;

  5. nei procedimenti in camera di consiglio;

  6. nell'azione civile esercitata nel processo penale'.

Il significato non univoco della norma, quanto alla definizione dell'ambito di applicazione, in termini generali.

Si pone - con riferimento alla fattispecie in oggetto - il dubbio relativo all'ambito applicativo della norma, ed in particolare alla sua obbligatoria esperibilita' anche nel caso in cui la domanda sia inserita in un ricorso avente altro e totalmente diverso oggetto, nel caso di specie la materia divorzile.

Affrontando il tema in termini generali, la lettura delle eccezioni di cui al successivo comma 4, poc'anzi riportato, porterebbe ad escludere dall'ambito di applicazione le sole fattispecie espressamente indicate.

Se ne dovrebbe concludere che la presente controversia, in quanto avente ad oggetto anche una domanda di divisione, debba essere oggetto di mediazione obbligatoria. Non sono infatti previste deroghe in ipotesi di domande plurime che abbiano anche diversi petita.

Tuttavia, la controversia segue - non a caso - un rito speciale, nel quale e' gia' prevista una attivita' di mediazione, rispetto alla quale l'istituto di cui all'art. 5 del d.lvo 28/2010 finirebbe con l'aggravare il processo ed allungarne i tempi.

Per contro, potrebbe offrire elementi utili - anche in considerazione della diversa dinamica e del separato iter, connotato da specifiche competenze degli addetti alla mediazione - che potrebbe agevolare la definizione della parte economica relativa alla divisione.

Vi sono dunque sia elementi a favore che elementi contrari alle diverse soluzioni possibili e, ad avviso di questo giudice, manca un criterio 'dirimente'.

La norma, come detto, non e' chiara e non e' suscettibile di univoca interpretazione, non avendo previsto alcunche' in merito al rapporto tra riti diversi. In sostanza non e' in grado di offrire quella certezza della regola che deve essere propria della norma (e che ne connota la funzione) rimettendo il compito di legiferare 'di fatto' al Giudice, con cio' delegando all'autorita' giudiziaria una vera e propria attivita' normativa, anziche' ermeneutica e rischiando di porre le parti (gli utenti della Giustizia) in una inaccettabile situazione di incertezza giuridica.

Deve dunque verificarsi la compatibilita' costituzionale di un simile legiferare sotto il profilo della incertezza che deriva nel diritto.

Sulla rilevanza della questione nella fattispecie alla attenzione del tribunale.

Va precisato che la questione che si sottopone alla attenzione del Giudice delle Leggi e' di assoluta rilevanza per la fattispecie alla attenzione di questo...

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