n. 158 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 2014 -

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER L'EMILIA-ROMAGNA In funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica in persona del consigliere Marco Pieroni, ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n. 43666/Pensioni Civili del registro di segreteria, proposto dal signor Salvatore Surace, nato a Rizziconi (RC) il 6.9.1942, residente a Modena, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Rolando Pini;

Uditi, nella pubblica udienza del 14 gennaio 2014, con l'assistenza della sig.ra Laura Cannas, l'avv. prof. Rolando Pini per il ricorrente e l'avv. Mariateresa Nasso per l'INPS di Roma;

Premesso che con atto depositato in data 11 aprile 2013, il ricorrente, rappresentato e' difeso dall'avv. prof. Rolando Pini, propone ricorso avverso: a) il trattamento pensionistico a lui attribuito a partire dal mese di agosto 2011, nella parte in cui detto trattamento e' stato assoggettato al "contributo di perequazione" previsto dal comma 22-bis dell'art. 18 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, nel testo successivamente modificato dall'articolo 24, comma 31-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;

b) la mancata rivalutazione automatica del loro trattamento pensionistico in applicazione dell'art. 24, comma 25, del medesimo d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 214 del 2011;

che questo Giudice, con riferimento alla prima richiesta, ha deciso con separata pronuncia;

che con riferimento alla seconda richiesta sub b), il ricorrente si duole del fatto che la mancata rivalutazione automatica del suo trattamento pensionistico in applicazione del comma 25 dell'art. 24 del medesimo d.l. n. 201 del 2011;

convertito dalla l. n. 214 del 2011 riproduca, nella sostanza, i medesimi effetti derivanti dal citato art. 18, comma 22-bis, del dl. n. 201 del 2011, violando peraltro i parametri di cui agli artt. 3, 53, 36 e 38 Cost. che l'INPS ha prodotto, in replica, memoria depositata in data 26 settembre 2013;

che quanto alla questione riguardante il mancato riconoscimento della rivalutazione monetaria (art. 24, comma 25, del d.l. n. 201 del 2011, convertito dalla l. n. 214 del 2011), l'INPS ha: a) ricordato una serie di pronunce della Corte costituzionale in base alle quali questioni consimili siano state dichiarate manifestamente infondate (sent. n. 202 del 2006;

n. 256 del 2001);

fatto presente che analoga questione e' stata rigettata dalla Corte dei conti, Sez. Giur. Lazio con sentenza n. 214 del 2013;

c) che la norma in questione, a differenza di quella caducata per effetto della sentenza n. 116 del 2013 della Corte costituzionale, colpisce tutti i pensionati pubblici e privati;

che il ricorrente ha reiterato le proprie ragioni con la successiva memoria 11 dicembre 2013;

in particolare, nel corso dell'udienza pubblica e' emerso che le trattenute a titolo di "contribuzione perequativa" effettuate a carico dell'interessato risultano essere state restituite solo con riferimento al 2013 e non anche per gli anni 2011 e 2012;

Ritenuto che il ricorrente si duole della mancata rivalutazione automatica del proprio trattamento pensionistico in applicazione del comma 25 dell'art. 24 del medesimo d.l. n. 201 del 2011, convertito dalla l. n. 214 del 2011;

che, in proposito, deve premettersi che la disposizione della quale questo Giudice e' chiamato a fare applicazione (citato art. 24, comma 25, del medesimo d.l. n. 201 del 2011, convertito dalla l. n. 214 del 2011) prevede: "In considerazione della contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e' riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento. Per le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS e inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante ai sensi del presente comma, l'aumento di rivalutazione e' comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato. Il comma 3 dell' articolo 18 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e' abrogato.";

che questo Giudice rileva che il censurato art. 24, comma 25, d.l. 6 dicembre 2011 n. 201 prevede il blocco degli adeguamenti delle pensioni, superiori a tre volte il trattamento minimo: tale norma sembra penalizzare detti trattamenti pensionistici, vulnerando il principio di proporzionalita' fra retribuzione, in contrasto con il combinato disposto degli articoli 3, 53, 36 e 38 della Costituzione;

che se e' pur vero che la Corte costituzionale (sent. n. 316/2010) ha affermato che in particolari circostanze e con riferimento ai trattamenti pensionistici piu' elevati possa sospendersi, per un periodo limitato, l'adeguamento annuale previsto dall'art. 59, 13° comma, l. n. 449/1997, e' da considerare che la stessa Corte ha affermato (cfr. medesima sentenza n. 316/2010, punto 4 del Considerato in diritto) che "la sospensione a tempo indeterminato del meccanismo perequativo, ovvero la frequente reiterazione di misure intese a paralizzarlo, esporrebbero il sistema ad evidenti tensioni con, gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalita' [...] perche' le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere d'acquisto della moneta";

d'altro canto, il censurato art. 24, comma 25, del d.l. n. 201 del 2011, appare peggiorativo rispetto all'art. 1, comma 19, l. n. 247 del 2007 (ritenuto legittimo dalla citata sentenza n. 316/2010) giacche' paralizza l'adeguamento dei trattamenti superiori a tre volte, anziche' ad otto volte, il minimo INPS;

che vale aggiungere che il blocco introdotto dalla norma censurata: a) per un verso, segue a distanza di soli quattro anni quello ritenuto legittimo;

b) per altro verso, per esplicita autogiustificazione inteso a contribuire al finanziamento di esigenze generali dello Stato (art. 24, 1 comma 1, d.l. n. 201/2011) "in considerazione della contingente situazione finanziaria" (art. 24, comma 25, primo periodo, d.l. n. 201/2011), sembra palesare profili di irrazionalita' per eccedenza del mezzo rispetto al fine (art. 3 Cost.), giacche' ad esigenze di tal fatta dovrebbe logicamente provvedersi con la fiscalita' ordinaria (art. 53 Cost.);

che invero, il citato art. 24, comma 25, citato dissimula a ben vedere l'introduzione di una misura volta a realizzare un introito per l'Erario sotto forma di un risparmio realizzato forzosamente mediante la compressione di un diritto (quale quello all'adeguamento dei trattamenti) attribuito in via tendenziale ai pensionati;

sicche' la misura avversata dagli interessati sembra sostanziarsi in realta' in una sorta di prelievo fiscale settoriale, come si diceva dissimulato, in quanto ontologicamente non dissimile da quello gia' oggetto della pronuncia demolitoria della Corte Costituzionale con la sent. n. 116/2013, in contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost.;

che il vizio della norma in questione emerge altresi' ove si consideri che la natura retributiva (differita) delle pensioni ordinarie e' stata ormai definitivamente statuita dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 116/2013, laddove al punto 7.3. del Considerato in diritto, cosi' si esprime: "Nel caso di specie, peraltro, il giudizio di irragionevolezza dell'intervento settoriale appare ancor piu' palese, laddove si consideri che la giurisprudenza della Corte ha ritenuto che il trattamento pensionistico ordinario ha natura di retribuzione differita (fra le altre sentenza n. 30 del 2004, ordinanza n. 166 del 2006);

sicche' il maggior prelievo tributario rispetto ad altre categorie risulta con piu' evidenza discriminatorio, venendo esso a gravare su redditi ormai consolidati nel loro ammontare, collegati a prestazioni lavorative gia' rese da cittadini che hanno esaurito la loro vita lavorativa, rispetto ai...

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