N. 253 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 giugno 2012

IL TRIBUNALE Vista la richiesta, depositata all'esito dell'udienza del 15 giugno 2012 dal difensore di fiducia di C. A., in atti generalizzato, imputato per i delitti di cui in rubrica, di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari;

Osserva Nella prima serata del 9 luglio 2011, i carabinieri della compagnia di Marcello Pistoiese procedevano a fermare un'autovettura sulla quale viaggiavano cinque persone. La condotta serbata da uno dei passeggeri, M. M., il quale risultava sprovvisto di documenti e in visibile stato di agitazione, induceva i militari a svolgere una serie di accertamenti. Nel corso delle operazioni, gli operanti apprendevano dalla Centrale operativa della Questura di Bologna che tale G. A. aveva denunciato che il proprio compagno M. M. poteva essere stato oggetto di sequestro di persona. Interpellato sui motivi per i quali si trovasse sull'auto, la vittima, dapprima si mostrava reticente, ma in seguito confermava di essere stato, qualche ora prima, prelevato con la forza nei pressi della propria abitazione di B. dalle quattro persone che erano con lui e costretto a salire con loro in auto. Spiegava che il motivo di questa azione era verosimilmente da ricercarsi nel fatto che la sua ragazza, qualche giorno prima, aveva ceduto a due di costoro due bottiglie contenenti acqua e sapone, spacciando tale liquido per ketamina, per la somma di 3.000 euro; una volta in auto, lo avevano minacciato che, se non avessero riavuto i loro soldi, lui 'non sarebbe piu' ritornato a casa'. La G. sentita da operanti della Questura di Bologna, confermava sostanzialmente il racconto del compagno, riferendo di essere stata avvisata da una conoscente che M. era stato costretto da tre persone a salire su un'auto dove li attendeva una donna; appresa la notizia, aveva cercato di contattare il M. ma, al suo cellulare, aveva risposto un uomo che le aveva detto che se non avesse loro consegnato la somma di 3.000 euro, avrebbero ucciso M. In una successiva telefonata, lei e i rapitori si accordavano per un appuntamento, al quale la donna si presentava con parte della somma richiesta, in quanto non era riuscita a racimolarla tutta. Giunta sul posto, aveva notato una Ford Fiesta di colore blu, con all'interno cinque persone, tra cui M.; si era avvicinata al lato passeggero e aveva parlato con la donna, alla quale aveva offerto la somma di 850 euro, che la stessa aveva rifiutato, affermando che, se non avesse consegnato loro l'intero importo, 'per M. sarebbe stata la fine'.

Ravvisati i gravi indizi di reita', i militari procedevano all'arresto in flagranza di C. A., O. M., B. F. e M. L. per sequestro di persona a scopo di estorsione e altri reati.

Il G.I.P. di Pistoia, nel convalidare l'arresto, disponeva la misura estrema soltanto nei confronti di B. e M., mentre nei riguardi del C., per il ruolo di minore spessore svolto nella vicenda, e dell'O. (quest'ultima madre di una bambina di meno di quattro anni) riteneva di dovere applicare la misura, degli arresti domiciliari.

Con lo stesso provvedimento, il giudicante si spogliava della competenza a favore del G.I.P. del Tribunale di Bologna.

Il P.M. bolognese chiedeva a questo ufficio la rinnovazione della misura ex art. 27 c.p.p. e, in particolare, per tutti e quattro gli indagati, la custodia cautelare in carcere. Il giudice per le indagini preliminari, nel confermare le misure gia' disposte dal giudicante dichiaratosi incompetente per gli altri tre indagati, motivando sul fatto che il sequestro di persona a scopo di estorsione rientra tra quelli di cui all'art. 51 comma III-bis c.p.p. per il quale l'art. 275 comma III codice di rito prevede che debba essere necessariamente disposta la custodia in carcere 'salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari', applicava nei confronti del C. la misura di massimo rigore.

All'esito del giudizio abbreviato, questo giudice, concesse al medesimo le circostanze attenuanti generiche e l'attenuante di cui all'art. 311 c.p., condannava il C. alla pena di otto anni di reclusione.

La difesa dell'imputato depositava quindi un'istanza ex art. 299 c.p.p. - anche alla luce della piu' recente giurisprudenza costituzionale - volta alla sostituzione della misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.

Ritiene preliminarmente questo giudicante che la presunzione di pericolosita' posta dall'art. 275 comma III c.p.p. in relazione ad una categoria specifica e tipizzata di reati non possa essere superata attraverso un'interpretazione costituzionalmente orientata.

E' ben noto che la giurisprudenza costituzionale degli ultimi lustri subordina sostanzialmente l'ammissibilita' del ricorso incidentale ad una valutazione positiva...

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