N. 173 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 febbraio 2011

IL TRIBUNALE Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Trani, dott.ssa Maria Antonietta La Notte Chirone, a scioglimento della riserva del 21 febbraio 2011, nella causa iscritta al n. 6606/A/2010 R.G., pendente tra Mizzi Giovanni (avv. Domenico Carpagnano) e la S.p.a. Poste Italiane (avv. Angelo Pandolfo), ha pronunciato la seguente ordinanza di promuovimento del giudizio dinanzi alla Corte costituzionale, in ordine agli artt. 1 e 11 del d.lgs. n. 368 del 6 settembre 2001, con riferimento agli artt. 3 e 77, primo comma, della Costituzione.

In fatto Con domanda del 29 novembre 2010, Mizzi Giovanni ha convenuto in giudizio la S.p.a. Poste Italiane, chiedendo l'accertamento dell'illegittimita' del termine apposto al contratto di lavoro sottoscritto il 20 maggio 2005, 'per ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale addetto al servizio recapito presso la Regione Sud 1 UP Canosa di Puglia assente nel periodo dal 23 maggio 2005 all'8 luglio 2005', in quanto nel documento negoziale non sarebbero stati specificamente indicati i lavoratori sostituiti, 'nonche' la ragione per la quale questi' ultimi sarebbero 'rimasti assenti dal lavoro', nonostante che, all'indomani del d.lgs. n. 368/2001 - applicabile alla specie ratione temporis - l'assunzione a termine per ragioni sostitutive richiedesse ancora dette indicazioni.

Costituitasi in giudizio, la societa' convenuta ha contestato la necessita' di tale adempimento, visto che la precedente norma di riferimento - e cioe' l'art. 1, comma 2, lett. b) della legge n.

230/1962 - e' stata abrogata dall'art. 11, primo comma, del d.lgs. n.

368/2001, senza essere sostituita da altra disposizione di analogo contenuto e, nel contempo, ha altresi' eccepito la risoluzione del rapporto per mutuo consenso, stante l'inerzia del lavoratore protrattasi per cinque anni.

In diritto I. Ancor prima di esaminare le ragioni per le quali si ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' degli artt. 1 e 11 del d.lgs. n. 368/2001, in relazione agli artt. 3 e 77 Cost., preme a questo Tribunale sottolineare l'infondatezza dell'eccezione datoriale di risoluzione del rapporto per mutuo consenso, essendo pacifico nella giurisprudenza di legittimita' che l'inerzia del lavoratore non e', di per se', sufficiente a risolvere il rapporto, essendo, a tal fine, richiesto un quid pluris.

Nel caso di specie, non solo le Poste Italiane hanno omesso di dare conto di questo quid pluris, ma non hanno neppure contestato l'assunto del ricorrente (peraltro documentato per tabulas, mediante la produzione in giudizio della circolare interna del 14 febbraio 2000, con la quale le filiali sono state invitate a non stipulare 'contratti a tempo determinato con i soggetti che hanno in atto un contenzioso giudiziale od extragiudiziale nei confronti di Poste Italiane con riferimento al/ai contratto/i in precedenza stipulati con questa Azienda'), secondo cui sarebbe 'prassi dell'azienda resistente non sottoscrivere nuovi contratti di lavoro con chi abbia promosso, in suo danno, un contenzioso giudiziale'.

Ne' risolutivo puo' ritenersi l'assunto della societa' convenuta, secondo cui il lavoratore avrebbe 'messo parte ricorrente, cosi' come gli altri lavoratori che hanno operato in Poste nel periodo dal 1° luglio 1997 al 31 dicembre 2005 nelle condizioni di consolidare il proprio rapporto di lavoro con accordo del 13 gennaio 2006', sia perche' non e' provato che il ricorrente sia stato 'notiziato' di questa opportunita', sia perche' detto accordo non risulta prodotto agli atti del processo (di tal che questo giudice non e' in grado di apprezzarlo nei suoi reali contenuti) e sia, infine, perche' la mancata adesione ad un accordo conciliativo (che, per definizione, comporta sempre delle rinunzie) non significa affatto che il lavoratore abbia voluto dismettere un suo diritto.

  1. La fattispecie contrattuale e' pacificamente disciplinata ratione temporis - dal d.lgs. 6 agosto 2001, n. 368, il cui art. 11, com'e' noto, ha abrogato 'la legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni', ivi compreso l'art. 1, comma 2, lett. b), a mente del quale era 'consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto: ... quando l'assunzione' avesse avuto 'luogo, per sostituire lavoratori assenti e per i quali' fosse sussistito 'il diritto alla conservazione del posto, sempreche' nel contratto di lavoro a termine' fosse stato 'indicato il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione'.

    Per effetto di tale abrogazione, la causale sostitutiva e' oggi disciplinata dall'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 368/2001, il quale si limita a consentire 'l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere ...

    sostitutivo', senza piu' richiedere - quantomeno espressamente - che, nel contratto, siano indicati il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione.

  2. Questo Tribunale, con ordinanza del 21 aprile 2008, sul presupposto che la formulazione della novella rappresentasse un arretramento di tutela per il lavoratore - che non poteva piu' pretendere che, gia' nel contratto, gli fossero fornite quelle stesse informazioni che la precedente normativa legale imponeva al datare di lavoro, al fine di porlo nelle condizioni di valutare preventivamente l'opportunita' di promuovere o meno l'azione giudiziaria e di evitargli, nel caso in cui avesse scelto la strada dell'azione, il rischio di trovarsi, nel processo, di fronte a 'situazioni' di fatto non valutabili in anticipo - ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 11 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, con riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, Cost.

    A giustificazione di tale convincimento, lo scrivente ha rilevato che non poteva 'ritenersi che - pur in presenza della differente formulazione dell'art. 1 del d.lgs. n. 368/2001, rispetto a quella dell'art. 1, comma 2, lett. b) della legge n. 230/1962 - tale onere' fosse 'rimasto immutato a carico del datore di lavoro, visto che nella norma sopravvenuta' mancava 'qualsiasi riferimento a detto incombente'.

    Dopo aver dato atto della diversita' (non solo di forma, ma anche) di contenuto della norma de qua, questo Tribunale, nel richiamato provvedimento, ha ricordato - per quel che qui ancora interessa - ai fini della corretta valutazione della legittimita' o meno della novella:

    a) che il d.lgs. n. 368/2001 era stato adottato dal Governo italiano in esecuzione della legge delega 29 dicembre 2000, n. 422, che lo aveva delegato ad emanare le norme occorrenti per dare attuazione ad una molteplicita' di direttive comunitarie, tra le quali la 1999/70/CE (relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES);

    b) che, nella legge comunitaria n. 422/2000, il Parlamento aveva stabilito (v. art. 2) che, 'salvi gli specifici principi e criteri direttivi stabiliti negli articoli seguenti ed in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all'articolo 1' avrebbero dovuto assicurare 'in ogni caso che, nelle materie trattate dalle direttive da attuare, la disciplina disposta' fosse 'pienamente conforme alle prescrizioni delle direttive medesime';

    c) che, con specifico riferimento ai contratti di lavoro a tempo determinato - poiche' il legislatore delegante si era limitato a rinviare alle 'prescrizioni' della direttiva 1999/70/CE, la quale, a sua volta, era intervenuta solo su alcuni aspetti delle normative interne in tema di contratto a termine ed in particolare sul 'principio di non discriminazione' (clausola n. 4), sulle 'misure di prevenzione degli abusi ... derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato' (clausola n. 5), nonche' sulle regole da valere in tema di 'informazione e possibilita' di impiego' (clausola 6) e di 'informazione e consultazione' (clausola 7) - doveva ritenersi assolutamente 'fuori delega' la scelta del Governo di abrogare tout court la legge n. 230/1962 e, per quel che qui interessa, la norma dettata, per la causale sostitutiva, dall'art. 1, comma 2, lett. b).

    In sostanza, per questo Tribunale - come gia' statuito, per il 'diritto di precedenza', dalla Corte costituzionale nella sentenza n.

    44/2008 - 'l'abrogazione', ad opera dell'art. 11, primo comma, d.lgs.

    n. 368/2001, dell'art. 1, comma 2, lett. b) della legge n. 230/1962, non rientrava 'ne' nell'area di operativita' della direttiva comunitaria, definita dalla Corte di giustizia con la sentenza 22 novembre 2005, nella causa C-144/04 Mangold, ne' nel perimetro tracciato dal legislatore delegante':

    a) 'con riferimento al primo ambito'...

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