n. 56 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 febbraio 2013 -

LA CORTE DEI CONTI Visto il ricorso iscritto al n. 71803/PC del registro di segreteria;

Uditi - nella pubblica udienza del 22 febbraio 2013 - per i ricorrenti avv. Costantino Greco, e per l'INPS Gestione ex INPDAP l'avv. Andrea Botta, che hanno concluso come in atti;

Visti gli atti di causa;

Ha pronunciato ordinanza nel giudizio introdotto con il ricorso in premessa, proposto da De Pascalis Tommaso, Greco Costantino, Saviano Giovanni e Verso Filippo, rappresentati e difesi dagli avvocati Costantino Greco e Carlo Greco, ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Roma, via Baldo degli Ubaldi n. 71, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato con sede in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

la Corte dei conti, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato con sede in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

l'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP), in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in Roma, via Santa Croce in Gerusalemme n. 55 (ora Istituto nazionale di previdenza sociale - INPS) Gestione ex INPDAP, in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in Roma, via Ciro il Grande n. 21;

avverso le note dell'INPDAP, sede provinciale di Roma, recanti comunicazione di accreditamento della pensione dal 16 agosto 2011 e dal 14 ottobre 2011, dalle quali risulta che a decorrere dalla rata di agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014 e' applicata una trattenuta come contributo di perequazione pari al 5% dell'importo eccedente i 90.000 di euro e fino a 150.000 di euro e del 10% per gli importi eccedenti i 150.000 euro, ai sensi dell'art. 18, comma 22-bis della legge 15 luglio 2011, n. 111, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98. Premesso che Con il ricorso collettivo in epigrafe e successiva memoria pervenuta il 6 febbraio 2013 parti attrici hanno rappresentato e dedotto quanto segue;

i ricorrenti, magistrati della Corte dei conti in quiescenza, titolari di pensione ordinaria diretta, hanno ricevuto comunicazione di accreditamento della rata di agosto 2011 della propria pensione da parte dell'INPDAP, all'epoca ente gestore della previdenza competente nei loro riguardi, recante un prospetto analitico dal quale risulta, in particolare, che e' stata applicata una trattenuta come contributo di perequazione, pari a: per il dott. De Pascalis: euro 967,04 (nota INPDAP 00 1 8RS1 10053746001002 01 MI 02);

per il dott. Greco: euro 193,08 (nota INPDAP 0020RSI 1000537460010003-01-MI I-MI 02);

per il dott. Saviano: euro 320,96 (nota INPDAP 1 RS 1 00538A90010023 01 RMA8);

per il dott. Verso: euro 174,47 (nota INPDAP 1 RSII 00537450010001 01 RMA8);

nelle stesse note dell'INPDAP viene specificato che la predetta trattenuta decorre dalla rata di agosto 2011 e avra' termine il 31 dicembre 2014, ai sensi dell'art. 18, comma 22-bis della legge 15 luglio 2011, n. 111, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98;

con note successive l'INPDAP ha comunicato che, a partire dalla rata di ottobre, la trattenuta del contributo era stata riattivata, in quanto il prelievo del mese di settembre 2011 non era stato effettuato a causa della temporanea abrogazione del contributo disposta dall'art. 2, commi 1 e 2 del decreto-legge n. 138/2011;

di conseguenza, con la medesima rata e' stato applicato il conguaglio relativo al prelievo del mese di settembre 2011;

inoltre, l'Istituto previdenziale ha comunicato che, per il computo del contributo, e' stato preso a riferimento il trattamento pensionistico complessivo, ivi compresa la tredicesima mensilita';

si e' cosi' giunti ad una pronuncia conclusiva sulle modalita' di prelievo del contributo di perequazione da parte dell'INPDAP nella sua qualita' di unico soggetto legittimato ad effettuare le trattenute sulle pensioni dei ricorrenti e versarle all'entrata del bilancio dello Stato, ai sensi dell'art. 18, comma 22-bis, periodi primo e sesto della legge n. 111/2011;

si nota che la condotta dell'ente gestore ha natura del tutto vincolata, posto che occorre soltanto individuare i destinatari della norma e prelevare il contributo all'atto della corresponsione di ciascun rateo mensile, in conformita' alle indicazioni fornite dall'art. 18, comma 22-bis, quinto periodo, della legge n. 111/2011 per effettuare le trattenute. Il «contributo di perequazione», previsto dall'art. 18, comma 22-bis del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011, n. 111, allo scopo di fronteggiare «l'eccezionale situazione economica internazionale e per esigenze prioritarie di finanza pubblica», non puo' essere ricondotto al concetto di «contributo» secondo la tradizionale tripartizione dei tributi in imposte, contributi e tasse, ma e' assimilabile ad un'imposta sul reddito, in quanto come base imponibile vengono assunti i trattamenti pensionistici corrisposti dagli enti gestori della previdenza;

le modalita' del prelievo, inoltre, sono contraddittorie, poiche' gli importi spettanti vengono assoggettati, nel loro importo lordo, ad un primo abbattimento in funzione delle due aliquote stabilite per il «contributo» (5 o 10%), dopo di che, sulla differenza e senza alcun raccordo con le trattenute IRPEF, viene operato il successivo prelievo strutturato nelle cinque aliquote in cui e' distribuita l'IRPEF stessa;

sulla base di simile procedimento, risulta alterata l'originaria progressivita' dell'IRPEF con aumento della pressione tributaria complessiva, in danno di una particolare categoria di cittadini nei confronti dei quali occorrerebbe distribuire gli oneri fiscali con la massima equita' possibile;

si evidenzia altresi' la sproporzione tra i fini da perseguire (far fronte alla crisi economica internazionale e nazionale) ed i mezzi individuati allo scopo (trattenute sulle pensioni di importo superiore a 90.000 o 150.000 curo annui lordi), mentre manca qualsiasi elemento di valutazione sull'entita' delle somme recuperabili;

nel frattempo sono giunti a decisione i giudizi di legittimita' costituzionale promossi da vari tribunali amministrativi regionali sugli articoli 9, commi 2 e 22 e 12, commi 7 e 10 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122, nei quali sono state trattate questioni che hanno molti punti di contatto con quelle sollevate con il ricorso in esame: le disposizioni sottoposte al vaglio dalla Corte costituzionale appartengono ad un sistema normativa emanato circa un anno prima di quello considerato nel presente ricorso ed ispirato a finalita' analoghe: il decreto-legge n. 78/2010 reca infatti misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica e ai fini del presente giudizio, assume particolare rilievo il disposto dei commi 2 e 22 dell'art. 9, concernenti la riduzione dei trattamenti economici dei dipendenti pubblici il blocco dell'adeguamento delle retribuzioni dei magistrati, nonche' la decurtazione dell'indennita' giudiziaria prevista per i magistrati stessi dall'art. 3 della legge n. 27 del 1981;

la Corte e' pervenuta alla conclusione che il blocco dell'adeguamento delle retribuzioni dei magistrati, in quanto copre potenzialmente un arco di tempo superiore alle individuate esigenze di bilancio e si aggiunge a pregresse misure di riduzione dell'adeguamento maturato, eccede i limiti del «raffreddamento» delle dinamiche retributive, in danno di una sola categoria di pubblici dipendenti ed ha pertanto dichiarato l'illegittimita' dell'art. 9, comma 22, del decreto-legge n. 78/2010;

di altri due casi, nonostante la formulazione letterale delle relative disposizioni, che si riferiscono ad una «riduzione» e ad un «contenimento delle spese» sono stati ricondotti ad una problematica di natura tributaria, comportando una prestazione patrimoniale imposta, realizzata attraverso un atto autoritativo di carattere ablatorio, destinata a sovvenire le pubbliche spese;

su queste premesse, la Corte ha ritenuto che nei due casi su indicati sono presenti tutti gli elementi della fattispecie tributaria;

pertanto, la relativa disciplina di legge deve essere esaminata alla luce dei principi di cui agli articoli 3 e 53 della Costituzione e con la giurisprudenza che si e' formata al riguardo, secondo la quale la tassazione esige un indefettibile raccordo con la capacita' contributiva, in un quadro di sistema informato a criteri di progressivita', come svolgimento ulteriore, nello specifico campo tributario, del principio di eguaglianza (sentenza n. 341 del 2000), percio' il legislatore deve fare un uso ragionevole dei propri poteri discrezionali in materia tributaria, dando coerenza interna alla struttura dell'imposta con il suo presupposto economico, come pure evitando l'arbitrarieta' dell'entita' dell'imposizione (sentenza n. 111 del 1997);

al termine della sua indagine, con la sentenza n. 223 dell'8 ottobre 2012 la Corte ha tra le altre dichiarato l'illegittimita' costituzionale delle norme esaminate: la prima (art. 9, comma 2 del decreto-legge n. 78/2010), perche' il prelievo e' limitato ai soli dipendenti pubblici la seconda (art. 9, comma 22 del decreto-legge n. 78/2010), perche' il tributo incide su una voce di reddito di lavoro (l'indennita' giudiziaria), che e' parte di un reddito lavorativo complessivo gia' sottoposto ad imposta in condizioni di parita' con tutti gli altri percettori di reddito di lavoro, per modo che risulta colpita piu' gravemente, a parita' di capacita' contributiva per redditi di lavoro, esclusivamente la categoria dei magistrati. Quanto al contributo di perequazione posto carico delle pensioni dall'art. 18, comma 22-bis del decreto-legge n. 98/2011 e relativa legge di conversione, risulta evidente che, applicando i criteri di cui alla ripetuta sentenza n. 223/2011 della Corte...

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