n. 89 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 gennaio 2014 -

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso 24879-2012 proposto da: Comune di Porto Cesareo, in persona del Sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Cosseria 2, presso lo studio dell'avvocato Placidi Alfredo, rappresentato e difeso dall'avvocato Quinto Pietro, per delega a margine del ricorso;

- ricorrente;

Contro Livraghi Francesco, elettivamente domiciliato in Roma, via A. Catalani 31, presso lo studio dell'avvocato Mormando Vittorio, rappresentato e difeso Cezzi De Giorgi Gabriella, per delega a margine della memoria di costituzione;

- resistente;

Per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 365/2011 del Tribunale Amministrativo Regionale di Lecce;

udito l'avvocato Fabio Massimo Orlando per delega dell'avvocato Gabriella De Giorgi Cezzi;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/11/2013 dal Consigliere Dott. Salvatore Salvago;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale dott. Lucio Capasso, il quale conclude chiedendo dichiararsi la giurisdizione del Giudice Ordinario in relazione alla domanda avente ad oggetto la determinazione e la corresponsione dell'indennizzo dovuto a seguito dell'atto di acquisizione sanante ex art. 42-bis d.P.R. n. 327/01. Svolgimento del processo 1. Francesco Livraghi chiese al TAR Puglia la condanna del comune di Porto Cesareo alla restituzione di alcuni terreni di sua proprieta' (in catasto al fg. 22, part. 4870 e 4871), occupati senza titolo da detta amministrazione, per l'inutile scadenza della dichiarazione di p.u. che li aveva destinati alla realizzazione di strade, parchi e parcheggio. Con sentenza del 25 giugno 2010, il TAR ordino' al comune l'adozione del provvedimento acquisitivo delle aree (emesso con deliberazione consiliare 19 ottobre 2011) ai sensi dell'allora vigente art.43 T.U. espropr. per p.u. appr. con d.P.R. n. 327/ 2001, tuttavia dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza 293/2010 della Corte Costituzionale. Per cui il Livraghi ha nuovamente adito il TAR Puglia per ottenerne la restituzione ed il risarcimento del danno. Siccome nelle more e' stato introdotto nello stesso T.U. l'art. 42-bis attraverso la legge 111 del 2011, il Comune, con provvedimento del 19 ottobre 2011, ha disposto l'acquisizione dei terreni al suo patrimonio, liquidando al proprietario l'indennizzo di cui alla nuova norma;

ed avendo il Livraghi con motivi aggiunti richiesto anche la rideterminazione dell'indennizzo in base al valore venale attuale dei beni, ha proposto regolamento di giurisdizione chiedendo a questa Corte che la stessa fosse attribuita al giudice ordinario. 2. Il ricorso per regolamento di giurisdizione e' anzitutto ammissibile perche' il TAR Puglia non ha ancora emesso sulle domande del Livraghi alcuna sentenza, neppure limitata all'accertamento della propria giurisdizione;

e tuttavia per deciderne l'attribuzione e' necessario preventivamente valutare se la nuova «acquisizione sanante» introdotta dall'art. 42-bis sia esente da dubbi di costituzionalita' e compatibilita' con la Convenzione CEDU, in ragione dell'attribuzione all'amministrazione del potere espropriativo, nonche' di quello di trasformare il diritto restitutorio/risarcitorio del proprietario in diritto al mero indennizzo devoluto dapprima dall'art. 7 legge n. 205 del 2000 ed ora dall'art. 133 sub e n.2g legge n. 104/2010 alla giurisdizione ordinaria. Nel caso affermativo, che cioe' si ritenga che la predetta disposizione susciti un dubbio di costituzionalita', di esso le Sezioni Unite (adite con regolamento di giurisdizione) possono giudicare, ai fini (e come imprescindibile presupposto) della decisione della questione di giurisdizione, investendo se del caso la Corte costituzionale, con riferimento ai parametri costituzionali che saranno appresso esaminati: una volta che la questione appare rilevante nel presente giudizio in quanto, da un lato, e' pacifica l'applicabilita' del menzionato istituto (re)introdotto dall'art.42-bis T.U. E dall'altro e' proprio il sopravvenire di detta normativa ad aver mutato quella previgente, piu' favorevole, invocata dal ricorrente, ed in particolare ad impedire la restituzione dei terreni di fatto occupati dal comune nonche' a sostituire il suo diritto al risarcimento del danno integrale con quello al conseguimento dell'indennizzo, causa del regolamento. S'intende significare che l'esame del ricorso potrebbe indurrebbe astrattamente al suo accoglimento, con la traslatio iudici al giudice ordinario, nella vigenza della norma della cui legittimita' costituzionale si dubita, conseguendone che ove invece l'art. 42-bis, per i consistenti dubbi di compatibilita' con la Carta costituzionale, venisse espunto dall'ordinamento, il ricorrente fruirebbe del trattamento, risultante dalla disciplina previgente all'emanazione delle disposizioni impugnate, per lui piu' favorevole - gia' richiesto al TAR Puglia davanti al quale il giudizio resterebbe incardinato - e consistente nella restituzione dell'immobile soggetto ad occupazione in radice illegittima, ed al risarcimento del danno informato ai principi generali dell'art. 2043 cod. civ. Alla completa tutela reintegratoria il Livraghi aveva, infatti, diritto in base al regime comune previgente: in quanto contestualmente alle note decisioni 161/1971 e 138/1981 della Corte Costituzionale sui limiti di intangibilita' dell'atto amministrativo, questa Corte fin dalle sentenze 4423/1977 e 118/1978 delle Sezioni Unite aveva enunciato la regola che nell'ipotesi di compressione di fatto dei diritto di proprieta' privata da parte della P.A., di funzione amministrativa ablatoria meritevole della particolare tutela apprestata dall'art. 42 Costit. nonche' dall'art.4 della legge 2248 del 1865 All. E puo' parlarsi soltanto nel caso di provvedimenti espropriativi assistiti dalla dichiarazione di p.u. e non anche nel caso di mero impiego, sia pure per fini pubblici, dell'immobile altrui materialmente appreso o dell'utilita' da esso materialmente ritratta con continuata o reiterata compressione di fatto dell'altrui diritto dominicale. Sicche' ove la prevalenza dell'interesse pubblico sull'interesse privato non sia esternata nell'atto tipico del procedimento amministrativo, costituito appunto dalla dichiarazione suddetta, la semplice intromissione nell'immobile privato e la sua materiale utilizzazione non puo' valere a trasformare in esercizio di potesta' amministrativa ne' l'iniziale apprensione del bene, ne' la sua successiva detenzione, in quanto lo status soggettivo dell'occupante non riveste alcuna rilevanza;

e non ne presenta del pari nessuna la successiva e non consentita trasformazione del fondo da parte dell'ente pubblico (c.d. occupazione usurpativa) che, restando fine a se' stessa, non pone alcun problema di bilanciamento di interessi, ma produce soltanto le conseguenze proprie dell'illecito comune di carattere permanente ed e' inquadrabile, sotto ogni profilo, nello schema degli art. 2043 e 2058 cod. civ. Il quale, dunque, non solo non consente l'acquisizione autoritativa del bene alla mano pubblica, costituente funzione propria della vicenda espropriativa, ma attribuisce al proprietario, rimasto tale, la tutela reale e cautelare apprestata nei confronti di qualsiasi soggetto dell'ordinamento (restituzione, riduzione in pristino stato dell'immobile, provvedimenti di urgenza per impedirne la trasformazione ecc.);

oltre al consueto risarcimento del danno, ancorato ai parametri dell'art. 2043 cod. civ. (Cass. sez. un. 3081 e 3380/1982, piu' di recente: sez. un. 14886/2009;

1907/1997, nonche' sez. 1ª 1080/2012;

9173 e 18239/2005;

15710/2001). 3. Siffatta disciplina - che trovava deroga nelle fattispecie della c.d. occupazione espropriativa, tuttavia subordinata alla ricorrenza di specifici presupposti, tra cui la sussistenza di una valida dichiarazione di p.u. (Cass. sez. un. 3940/1988;

3242 e 3243/1979 e succ.), ed ora eliminata dal T.U. espropr. appr. con d.P.R. n. 327/2001 - e' stata profondamente modificata dall'originario art. 43 dello stesso T.U.;

e, dichiarata quest'ultima disposizione costituzionalmente illegittima per eccesso di delega dalla sentenza 293/2010 della Corte Costit., dall'art. 34 d.l. 6 luglio 2011 n. 98, conv. con mod. dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, recante «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria», che ha inserito nel T.U. l'art. 42-bis («Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico»), del seguente tenore: «Valutati gli interessi in conflitto, l'autorita' che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilita', puo' disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, quest'ultimo forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene (1° comma). Il provvedimento di acquisizione puo' essere adottato anche quando sia stato annullato l'atto da cui sia sorto il vincolo preordinato all'esproprio, l'atto che abbia dichiarato la pubblica utilita' di un'opera o il decreto di esproprio...» (2° comma). E' stata in tal modo reintrodotta, secondo la piu' qualificata dottrina e la giurisprudenza amministrativa, la possibilita' per l'amministrazione che utilizza un bene privato senza titolo per scopi di interesse pubblico, di evitarne la restituzione al proprietario (e/o la riduzione in pristino stato) attraverso il ricorso ad un atto di acquisizione coattiva ai proprio patrimonio indisponibile, che sostituisce il procedimento ablativo prefigurato dal T.U., e si pone, a sua volta, come una sorta di procedimento espropriativo semplificato. Il quale assorbe in se' sia la dichiarazione di pubblica utilita', che il decreto di esproprio, e quindi...

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