n. 20 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 agosto 2013 -

IL TRIBUNALE Pronunciano nel procedimento n. 322 (+ 326)/2013 rgl;

Rileva ed osserva Sia la lavoratrice, Luciana Borsini, sia la datrice di lavoro, Novartis Vaccines and Diagnostics S.r.l., hanno proposto "opposizione", ai sensi del comma 51, art. 1, l. 2012 n, 92, all'"ordinanza" 8 aprile 2013 del Tribunale di Siena, in funzione di giudice del lavoro, a mezzo della quale si "ordina(va) alla Novartis Vaccines and Diagnostics Srl l'immediata reintegrazione di Luciana Borsini nel posto di lavoro" ad esito del licenziamento intimatole con lettera 21 settembre 2012. All'udienza 2 agosto 2013 il giudice - il medesimo giudice persona fisica - si e' preliminarmente riservato sulla sollecitazione ad astenersi ex art. 51, comma 1, n. 4, cpc, quindi obbligatoriamente, per aver "conosciuto (della causa) come magistrato in altro grado del processo", specificamente nella fase a cognizione sommaria apprestata dai commi 48/50. Sulla questione non puo' ritenersi stabilmente ambientato un "diritto vivente", se non incarnato in "una lonza (...) che di pel maculato era coverta", che per il giurista non puo' classificarsi, ammantarsi di quel nome. Firenze non la pensa come Milano, che a sua volta la pensa come Genova, Bologna e Palermo, ma non come Napoli, Reggio Calabria, etc., senza che possa dirsi prevalente e costante, consolidata una interpretazione giudiziale, anche perche' la disciplina della materia e' troppo recente per consentire la formazione di un "diritto vivente", una interpretazione normativa che abbia acquisito "forza di modello unificante delle applicazioni giurisprudenziali" e su di essa si sono gia' creati insanabili conflitti giurisprudenziali sui quali la Corte puo' da subito fornire il proprio prezioso orientamento ermeneutico egalitario. Vissuta, invece, riteniamo l'interpretazione della Corte Costituzionale, espressa nell'ordinanza 1997/n. 356 e nella sentenza 1999/n. 387, rese in materia certamente almeno limitrofa, quale il procedimento ex art. 28, l. 1970/n. 300, di repressione della condotta antisindacale, senza dimenticare l'ulteriore intervento, in diversa materia, rappresentato dalla sent. 2005/n. 460. Con l'ord. 1997/n. 356, "(si e') dichiara(ta) la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 28, ultimo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), come novellato dall'art. 6, della legge 12 giugno 1990, n. 146 (Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia". "La norma denunciata - argomenta l'ord. 1997/n. 356 - puo' avere il solo significato di indicazione dell'organo giurisdizionale competente, e non quello ulteriore di vincolo nella composizione del Tribunale amministrativo regionale, restando questa disciplinata dalle normali regole proprie del giudizio amministrativo, ivi comprese quelle relative ai poteri presidenziali di assegnazione dei ricorsi alle singole udienze e ai relatori, con conseguenziale determinazione del collegio, ovvero riguardanti la insopprimibile esigenza di imparzialita' del giudice e risolvibili nel processo amministrativo per la sua peculiarita' attraverso gli istituti della astensione e della ricusazione, come del resto avverte lo stesso giudice rimettente;

che il contenuto della norma denunciata, non avendo alcun effetto di vincolare la composizione del collegio giudicante in sede di opposizione avverso il decreto a seguito di cognizione sommaria, non preclude una eventuale astensione o ricusazione, i cui istituti nel sistema proprio del processo amministrativo, devono risolvere in modo esaustivo il dovere di imparzialita' che esprime un valore costituzionale". Con la sent. 1999/n. 387, "(si e') dichiara(ta) non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 51, primo comma, numero 4, e secondo comma, del codice di procedura civile sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Torino", nella parte in cui non prevede incompatibilita' tra le funzioni del giudice pronunciatosi con decreto ex art. 28, comma 1, l. 1970/n. 300, e quelle del giudice dell'opposizione a tale decreto di cui al comma 3. Prese le mosse dal precedente intervento del 1997, ord. 356, cosi' argomenta la sent. 1999/n. 387: "sul piano generale, esigenza imprescindibile, rispetto ad ogni tipo di processo, e' solo quella di evitare che lo stesso giudice, nel decidere, abbia a ripercorrere l'identico itinerario logico precedentemente seguito;

sicche', condizione necessaria per dover ritenere una incompatibilita' endoprocessuale e' la preesistenza di valutazioni che cadano sulla stessa res iudicanda (cfr. sentenza n. 131 del 1996). Nel processo civile la previsione contenuta nell'art. 51, numero 4, cod. proc. civ., secondo il quale il giudice ha l'obbligo di astenersi "se ha conosciuto (della causa) come magistrato in altro grado del processo" trova fondamento nella "esigenza stessa di garanzia che sta alla base del concetto di revisio prioris instantiae", che postula l'alterita' del giudice dell'impugnazione, il quale si trova - per via del carattere del mezzo di gravame - a dover ripercorrere l'itinerario logico che e' stato gia' seguito onde pervenire al provvedimento impugnato (ordinanza n. 359 del 1998;

sentenza n. 326 del 1997). Nel sistema originario del procedimento di repressione della condotta antisindacale, nel quale era prevista una fase davanti al Pretore, il quale decideva in ordine alla richiesta di emissione del decreto ex art. 28, della legge n. 300 del 1970, ed una eventuale opposizione avanti al Tribunale, non si poteva dubitare della sussistenza di una duplicita' di fasi processuali, la seconda delle quali avanti al Tribunale assumeva tutte le caratteristiche di un ulteriore grado di giudizio. Pertanto, la fattispecie rientrava all'evidenza nell'ambito della previsione dell'art. 51, numero 4, cod. proc. civ., avuto riguardo anche alla considerazione che il provvedimento ex art. 28 cit. aveva una funzione decisoria idonea di per se' a realizzare un assetto dei rapporti tra le parti, non meramente incidentale o strumentale e provvisorio ovvero interinale fino alla decisione del...

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