N. 240 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 agosto 2012
IL TRIBUNALE Decidendo in ordine all'istanza di riesame presentata nell'interesse di S.F. M.A. M.V. avverso l'ordinanza cautelare emessa, in data 10 giugno 2011, dal G.I.P. del Tribunale di Salerno;
Esaminati gli atti del procedimento;
Vista la sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 19461/12, con cui sono state dichiarate inammissibili le impugnazioni avanzate da S. e M. e, in accoglimento del ricorso del P.M., e' stato disposto l'annullamento delle ordinanze emesse da questo Tribunale, con rinvio per nuovo esame in ordine alla adeguatezza ed idoneita' della misura degli arresti domiciliari applicata in sostituzione di quella di massimo rigore imposta con l'ordinanza primigenia, con riferimento agli indagati S. e M., ed in ordine alla valutazione di sussistenza della gravita' indiziaria, negata dal Tribunale, con riferimento all'indagato M.A.;
Valutati i motivi di riesame, formulati in sede di udienza camerale, a scioglimento della riserva incamerata all'udienza camerale del 13 luglio 2012,
Osserva Con ordinanza del 10 giugno 2011, il Gip sede applicava a M.A.,
M.V., S.F. misura cautelare di massimo rigore, riconoscendo la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza del reato di violenza sessuale di gruppo, ex art. 609-octies c.p., commesso separatamente da ciascuno di essi in concorso con S.A., ai danni di N.P., ragazza minore di anni 16.
A ciascuno dei suddetti indagati veniva altresi' addebitata l'ipotesi di sfruttamento della prostituzione minorile, di cui all'art. 600-bis, II comma c.p., desunta dal pagamento al Simbula Alessio di una somma di denaro per il compimento di atti sessuali ad opera del predetto con N. P.
Il Tribunale, adito in sede di riesame, con riferimento alla posizione di M.A. argomentava:
che non fosse stata ancora raggiunta la soglia della gravita' indiziaria, rilevando una discrasia tra le affermazioni contenute nel diario segreto - in cui la minore aveva raccontato il primo incontro, datato 23 marzo 2009, poche ore dopo il suo verificarsi, designandolo 'come se fosse stata una violenza, come un incubo, che la faceva sentire sporca, come una prostituta', rappresentando che 'tratteneva a fatica le lacrime' ed esprimendo un sollievo per il fatto che 'c'era il suo amore, l'aveva fatto per lui, cosa che la faceva sentire meglio' - e le dichiarazioni rese un anno dopo al Pm con la presenza dell'assistente sociale (in particolare di quelle rese in data 20 aprile 2010), quando aveva rappresentato che il fidanzato S.
l'aveva invitata a salire sul soppalco dell'appartamento in disponibilita' dell'indagato M.A., l'aveva minacciata, schiaffeggiata, le aveva tirato i capelli, zittendola e costringendola a subire contro la sua volonta' il rapporto sessuale, mentre M. incitava, diceva cosa fare e proferiva cattive parole;
che occorressero approfondimenti investigativi che chiarissero le espressioni utilizzate nel diario, se la discussione sull'an del rapporto sessuale ed il dissenso, anche attraverso le lacrime trattenute a fatica, fossero stati palesati anche al M. oltre al S.A., nel soppalco dell'unita' immobiliare dove si erano recati per realizzare l'incontro.
La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19461/12, ha censurato sul punto l'ordinanza del riesame, ritenendo non logica la motivazione che, a fronte di dichiarazioni precise, puntuali e concordanti della N.P. rese al P.m. sul fatto oggetto della valutazione, finiva per capovolgere il giudizio di attendibilita' della persona offesa in dipendenza di alcune parole riportate nel diario, le quali, se inserite nell'intero contesto della vicenda, permettevano gia' di convalidare il quadro accusatorio a carico del M.
Il Tribunale del riesame, nuovamente valutando in sede di rinvio gli elementi probatori raccolti a carico di M., preso atto della censura della Suprema Corte di Cassazione, tenuto conto anche degli elementi probatori sopravvenuti, successivamente depositati nella cancelleria del Tribunale e a disposizione della difesa e, in particolare, tenuto conto delle dichiarazioni rese al P.m. da N.P., sentita nuovamente a sit (in data 14 ottobre 2011) anche in ordine alle espressioni utilizzate nel diario per raccontare l'incontro sessuale avvenuto alla presenza di M.A. (tra cui quella 'trattenevo a fatica le lacrime'), considerato che dette dichiarazioni spiegano piu' compiutamente - come auspicato da questo Tribunale nella prima ordinanza - le modalita' di svolgimento dell'incontro sessuale, elidendo la discrasia - da ritenersi solo apparente - tra quanto narrato nel diario e quanto narrato agli inquirenti, corroborando la valutazione di attendibilita' della persona offesa anche in ordine allo specifico episodio in contestazione, ritenuto dunque che puo' ritenersi suffragato il quadro accusatorio a carico del M., convalida la valutazione di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza dell'ipotesi criminosa ascritta all'indagato.
Ed infatti, N.P., sentita a sit, ha chiarito al P.m. che, una volta saliti sul soppalco dell'appartamento in disponibilita' dell'indagato M. (conosciuto con il nome di E.), S. comincio' ad essere nervoso e violento e le disse che dovevano avere rapporti sessuali davanti ad E.; che piu' volte aveva detto che non voleva ed E. era ad un metro di distanza da loro e sentiva che lei diceva che non voleva; che piangeva, le cadevano le lacrime ed E. era vicino a lei e vedeva che lei piangeva; che provava rabbia e paura e che con l'espressione 'trattenevo a fatica le lacrime', utilizzata nel diario, voleva significare che 'quando A., aveva iniziato a trattenerla per costringerla a rimanere li' le veniva da piangere e per un po' aveva trattenuto le lacrime, ma poi non ce l'aveva fatta piu' ed aveva iniziato a piangere' (e nel verbale di sit viene dato atto che nel rievocare i fatti la N.P., ha un momento di commozione e viene interrotta l'escussione); che aveva utilizzato l'espressione 'meno male che c'era il mio amore, l'ho fatto per lui' perche' voleva ancora riporre fiducia in lui, non voleva vederlo come era veramente, voleva vedere solo le parti buone di lui, era come se vivesse in due modi paralleli, rimuoveva i fatti brutti dopo che erano successi e le rimaneva una sorta di malessere.
Dunque, il pianto, il dissenso di P. all'atto sessuale, veniva chiaramente percepito da M.A., conosciuto con il nome di E., che va allora ritenuto, con l'elevata probabilita' richiesta nella fase cautelare consapevole e partecipe della violenza sessuale ai danni della minore, ex art. 609-octies c.p.
Si...
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