n. 135 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 aprile 2013 -

IL TRIBUNALE Ha scioglimento della riserva formulata all'udienza del giorno 13 dicembre 2012, ha pronunciato la seguente ordinanza sul reclamo ex artt. 669-terdecies e 700 c.p.c. presentato da P.E. e M.M., con gli avvocati Massimo Clara, Marilisa d'Amico, Ileana Alesso, Maria Paola Costantini e Sebastiano Papandrea, reclamanti;

Contro V.A. osservato. I. - In data 16 settembre 2010 i coniugi P.E. e M.M. presentavano reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. chiedendo, in riforma dell'ordinanza di rigetto, depositata il 6 settembre 2010 dal giudice di prima istanza, fosse ordinato in via d'urgenza al medico convenuto, dott.ssa V.A. di eseguire in favore dei ricorrenti, secondo le metodiche della procreazione medicalmente assistita, la c.d. fecondazione eterologa - nel caso di specie la donazione di gamete maschile necessitata dalla infertilita' assoluta con azoospermia completa da cui risulta affetta il ricorrente sig. M. secondo le pratiche accertate dalla miglior scienza medica. Deducevano, riproponendo le argomentazioni dispiegate nel ricorso ex art. 700 c.p.c. del 18 giugno 2010, disattese dal giudice di prime cure, che, a seguito della pronuncia emessa in data 1° aprile 2010 dalla Corte europea dei diritti dell'uomo - in una controversia promossa da alcune coppie infertili contro l'Austria, nella quale la Corte di Strasburgo affermavano che il divieto di fecondazione eterologa cosi' come disciplinato nell'ordinamento giuridico austriaco (e limitato ad alcune forme di eterologa) contrastava con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, in particolare con gli articoli 8 e 14 della convenzione - si configurava un contrasto tra l'art. 4 comma 3 della legge n. n. 40 del 2004, che prevede il divieto assoluto di ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, in particolare con gli articoli 8 e 14 della convenzione, cosi' come interpretati dal Giudice europeo. Con ordinanza del 2 febbraio 2011, rilevato che non era possibile comporre il contrasto in via interpretativa, il Collegio, non potendo - nella propria funzione di giudice comune - procedere all'applicazione della norma della CEDU, in luogo di quella interna contrastante, ne' tanto meno fare applicazione di una norma interna ritenuta in contrasto con la CEDU, e pertanto con la Costituzione, sollevava la questione di costituzionalita', con riferimento al parametro dell'art. 117, primo comma, Costituzione. Ivi si evidenziava che la clausola del necessario rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali, dettata dall'art. 117, primo comma, Costituzione, attraverso un meccanismo di rinvio mobile del diritto interno alle norme internazionali pattizie nello specifico rilevanti, impone il controllo di costituzionalita', avendo ritenuto lo strumento dell'interpretazione insufficiente ad eliminare il contrasto. Si osservava, dunque, che e' compito della Corte verificare se il contrasto sussiste e se esso sia effettivamente insanabile attraverso una interpretazione plausibile, anche sistemica, della norma interna rispetto alla norma convenzionale, nella lettura datane dalla Corte di Strasburgo. Si osservava, altresi', che, pur essendo precluso alla Corte costituzionale di sindacare l'interpretazione della Convenzione europea fornita dalla Corte di Strasburgo, compete sempre alla Corte italiana di verificare se la norma della CEDU, nell'interpretazione datane dalla Corte europea, non si ponga in conflitto con altre norme conferenti della nostra Costituzione;

nel verificarsi di tale ipotesi, pur eccezionale, in caso di ritenuto contrasto dovra' essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale della disposizione interna per violazione dell'art. 117 citato in relazione alla invocata norma della CEDU, poiche' l'ordinamento vigente demanda alla Corte il compito di valutare come ed in quale misura il prodotto dell'interpretazione della Corte europea si inserisca nell'ordinamento costituzionale italiano. Alla luce della sentenza della Grande Camera, emessa in data 3 novembre 2011 in riforma della precedente pronuncia di prima istanza del 1° aprile 2010, codesta Corte, con ordinanza n. 150/2012, ha restituito gli atti al giudice remittente, chiedendo di procedere ad una nuova valutazione dei profili di illegittimita' costituzionale della norma in tema di divieto di fecondazione eterologa, gia' oggetto dell'eccezione di costituzionalita' sollevata. Nell'ordinanza di restituzione degli atti a questo Collegio, la Corte ha rilevato che nella pronuncia della Grande Camera i giudici concludono affermando che il parziale divieto di fecondazione eterologa previsto dalla legge della Repubblica Austriaca non configura una violazione dell'art. 8 della CEDU, poiche' non eccedente il margine di discrezionalita' garantito agli Stati, dal che la normativa austriaca non configurerebbe un'indebita ingerenza della Pubblica Autorita' nel diritto al rispetto alla vita privata e familiare. Nella prospettazione del Giudice delle leggi la nuova pronuncia europea costituisce un novum la cui incidenza sul significato delle norme convenzionali, in potenza differente da quella sviluppata dal Giudice europeo di primo grado, deve essere oggetto di esame, influendo essa direttamente sulla questione di costituzionalita' proposta. II. - Tanto premesso ed in osservanza delle determinazioni della Corte, il collegio rileva quanto segue. I Giudici della Grande Camera, pur dichiarando che il parziale divieto di eterologa adottato dallo Stato austriaco non costituiva violazione degli articoli 8 e 14 del Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ribadiscono i principi da adottarsi nella valutazione della conformita' delle norme emanate dal Legislatore nazionale ai valori della Convenzione. La Corte in secondo grado, invero, conferma che il diritto di una coppia di concepire un figlio e di utilizzare a tal fine la procreazione medicalmente assistita costituisce un diritto protetto dall'art. 8...

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