Omicidio colposo e utilizzo dell'amianto: difetto di nesso causale
Autore | Chiara Picardi - Fabio Lofrese |
Pagine | 18-20 |
132
dott
2/2019 Rivista penale
DOTTRINA
OMICIDIO COLPOSO E UTILIZZO
DELL’AMIANTO: DIFETTO
DI NESSO CAUSALE
di Chiara Picardi, Fabio Lofrese
L’articolo 589 del codice penale è una norma posta
dall’ordinamento a presidio della vita umana.
Il trattamento sanzionatorio previsto dalla norma è
severo, in particolare nel suo secondo comma, novellato
dalla L. n. 125 del 2008, che incrimina la condotta di colui
il quale per colpa, cagiona la morte di una persona, con la
violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni
sul lavoro.
Inoltre, la particolare severità della disciplina in esame
emerge, chiaramente, con le novità introdotte dalla legge
n. 172 del 2012, che modifica il sesto comma dell’articolo
157 del codice penale, prevedendo che in caso di omicidio
colposo si raddoppia il tempo necessario a prescrivere il
reato.
Tale disciplina è stata utilizzata per fronteggiare le
conseguenze devastanti dell’utilizzo dell’amianto nelle
aziende italiane, avvenuto dagli anni trenta agli anni ot-
tanta del secolo scorso, e quindi il triste fenomeno delle
morti sul lavoro per mesotelioma pleurico; numerose,
infatti, sono state le relative inchieste sfociate, successi-
vamente, in processi per omicidio colposo aggravato dalla
violazione delle norme antinfortunistiche, celebratisi, ed
in alcuni casi ancora in corso, in diverse città tra cui Ge-
nova, Torino, Bari e Taranto.
Invero le prime disposizioni che regolamentano l’uso
dell’amianto in Italia risalgono al 1986, anno in cui è stata
recepita una direttiva europea, volta a limitare l’immis-
sione nel mercato e l’uso di tale sostanza. Nel corso degli
anni si sono susseguiti diversi interventi normativi sulla
materia. In particolare con la legge n. 257 del 1992 ven-
gono messi al bando tutti i prodotti contenenti amianto
e soprattutto viene vietata l’estrazione, l’importazione, la
commercializzazione e la produzione di amianto e di pro-
dotti contenenti amianto.
Ebbene, in tutti i processi fondati sulla violazione della
normativa antinfortunistiche, alcuni già conclusi, altri
attualmente pendenti e in quelli che potrebbero ancora
essere celebrati, le norme, e le interpretazioni delle stesse
forniteci dalla dottrina, e soprattutto i precedenti giuri-
sprudenziali, devono necessariamente coniugarsi con le
considerazioni e le teorie elaborate dalla scienza medica
su questioni scientifiche poste a fondamento delle impu-
tazioni contestate.
Il presente elaborato intende, dunque, sinteticamente
indicare quali sono le questioni maggiormente proble-
matiche in ordine alle vicende giudiziarie in questione,
fornendo spunti di riflessione tra coordinate normative e
precedenti giurisprudenziali.
Tra le questioni maggiormente dibattute, in ordine alle
contestazioni di omicidio colposo aggravato dalla violazio-
ne delle normativa antinfortunistica, va ricordata quella
che attiene alla sussistenza, o meno, della posizione di
garanzia in capo ai prevenuti, ed ancora, e forse maggior-
mente, quella della causalità, ovvero della sussistenza o
meno del nesso causale rispetto all’evento, e in caso di
risposta affermativa di eventuali concause.
In particolare ci si interroga su quale sia il periodo di
insorgenza della malattia, collegando tale arco temporale
alle condotte omissive dei soggetti che, avendo la gestione
diretta delle aziende, potevano investire in sicurezza degli
ambienti di lavoro, con politiche aziendali mirate; ancora,
dal punto di vista causalistico, ci si interroga sulla rilevan-
za, rispetto alla salute del lavoratore, che ha già contrat-
to la malattia, delle successive esposizioni alla sostanza
tossica e, conseguentemente, alla possibilità o meno di
coinvolgere anche coloro i quali rivestivano posizioni ver-
ticistiche nell’azienda interessata, successivamente alla
contrazione della malattia della persona offesa.
Ebbene sono diverse ed articolate le questioni che in-
teressano il fenomeno delle morti per mesotelioma pleu-
rico, e peraltro rivelano in ogni loro aspetto la difficoltà
sostanziale, sempre presente, nel trattare del concetto
normativo di colpa ma soprattutto processuale, o meglio
probatoria, nell’ elevare un capo di accusa per un reato
non doloso, evitando necessariamente di ritenere la colpa
in re ipsa!
In ordine alla posizione di garanzia giova analizzare,
da un lato il dato normativo e dall’altro le evoluzioni giuri-
sprudenziali, emerse negli ultimi decenni.
Il decreto legislativo n. 81 del 2008, analizzando il con-
cetto normativo di colpa in materia antinfortunistica, in-
dividua diverse figure di garanti - datore di lavoro, dirigen-
te, preposto - ovvero di coloro i quali gestiscono il rischio e
sono tenuti ad orientare il proprio operato salvaguardando
il benessere psico - fisico del lavoratore.
Tali figure normative non sono sempre facilmente in-
dividuabili nella realtà dove, al contrario, vi sono soggetti
che rivestono di fatto posizioni di dirigenza, seppur con-
trattualmente non abbiano un inquadramento verticistico
nell’organigramma aziendale. Questo accade, maggior-
mente, in aziende di piccole o medie dimensioni, caratte-
rizzate talvolta da una dimensione familiare nella gestione
dell’attività lavorativa.
Al contrario, nelle aziende di grosse dimensioni, come
L’Ilva di Taranto, dove difficilmente si hanno amministra-
tori di fatto, può verificarsi che non tutti coloro i quali
rivestano ruoli di dirigenza siano al contempo gravati da
una posizione di garanzia; infatti nel caso dei dirigenti di
comparto, si tratta di figure contrattuali dotate di poteri
dirigenziali, particolarmente ristretti, e limitati alla or-
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