Omesso ritiro della patente di guida e causalità omissiva nei delitti stradali

AutoreGiovanni Fontana
CaricaConsigliere Nazionale Asaps e Funzionario del Corpo Polizia Municipale del Comune di Forte dei Marmi
Pagine289-292
289
Arch. giur. circ. e sin. strad. 4/2017
Dottrina
OMESSO RITIRO
DELLA PATENTE DI GUIDA
E CAUSALITÀ OMISSIVA
NEI DELITTI STRADALI
di Giovanni Fontana (*)
L’Associazione Amici e Sostenitori della Polizia Strada-
le ha sicuramente fatto della legge sull’omicidio stradale
uno dei suoi più importanti obiettivi sociali sebbene, nel
testo def‌initivo, pubblicato nella Gazzetta Uff‌iciale del
24 marzo 2016, n. 70, sono state aggiunte circostanze - se
non vere e proprie fattispecie di reato - del tutto diverse
da quelle originarie, afferenti alla sola guida alterata dal
consumo abnorme di alcol o di sostanze stupefacenti o
psicotrope.
Ciò non toglie che anche con l’entrata in vigore della L.
23 marzo 2016, n. 41 - sebbene oggetto di aspre critiche (a
parere di chi scrive, non tutte ispirate dall’onestà intellet-
tuale, se non da una delle tante forme di ricerca di mero
consenso) - non possano essere raggiunti gli scopi origi-
nariamente previsti e, più specif‌icatamente, che un vero e
proprio criminale stradale, non solo possa macchiarsi del
relativo crimine ma, soprattutto, non venga adeguatamen-
te punito e, ciò che più conta, possa comunque reiterare il
reato, a grave danno degli altri utenti della strada.
Per questo voglio interrogarmi sulle possibili conse-
guenze giuridiche (oltre che morali) cui si può esporre
l’operatore di polizia stradale che sottovaluti la gravità
dell’evento infortunistico e che, evitando di applicare
una delle misure precautelari (1) previste oppure il ritiro
della patente di guida, possa risultare il potenziale con-
corrente dell’eventuale e reiterato omicidio stradale che,
con l’applicazione di simili misure, poteva essere evitato.
Per fornire una possibile risposta a simile interroga-
tivo, vale la pena rif‌lettere sui principi che governano il
nostro ordinamento giuridico, in materia di responsabilità
penale.
Intanto, il nostro codice penale prevede che nessuno
può essere punito per un fatto che non sia espressamente
preveduto come reato dalla legge, né con pene che non
siano da essa stabilite (art. 1 c.p.) (2). Col giusto contem-
peramento offerto dai Giudici delle Leggi, viene altresì
stabilito che nessuno può invocare, a sua discolpa, l’igno-
ranza della legge penale, allorquando quest’ultima sia co-
noscibile (3).
Viene altresì stabilito, che ai f‌ini dell’operatività della
così detta clausola di equivalenza di cui all’art. 40, cpv.
c.p., nell’accertamento degli obblighi impeditivi gravanti
sul soggetto che versa in posizione di garanzia, l’interprete
deve tenere presente la fonte da cui scaturisce l’obbligo
giuridico protettivo, che può essere la legge, il contratto,
la precedente attività svolta, o altra fonte obbligante; e, in
tale ambito ricostruttivo, al f‌ine di individuare lo specif‌ico
contenuto dell’obbligo - come scaturente dalla determina-
ta fonte di cui si tratta - occorre valutare sia le f‌inalità
protettive fondanti la stessa posizione di garanzia, sia la
natura dei beni dei quali è titolare il soggetto garantito,
che costituiscono l’obiettivo della tutela rafforzata, alla
cui effettività mira la clausola di equivalenza (4).
Infatti, come chiaramente stabilito dal capoverso del-
l’art. 40 del c.p., non impedire un evento, che si ha l’obbli-
go giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.
In quest’ultimo caso, il c.d. “concorso omissivo” nel re-
ato, che si viene così a conf‌igurare, si distingue dalla fatti-
specie di omessa denuncia di reato, di cui all’art. 361 c.p.
(5), in quanto in quest’ultima ipotesi il pubblico uff‌iciale
si limita ad omettere o ritardare di denunciare un reato di
cui sia venuto a conoscenza, nella prima, invece, non pone
in essere un comportamento doveroso, di carattere posi-
tivo che avrebbe potuto impedire la commissione di un
reato (6). Se più sono i titolari della posizione di garanzia,
ciascuno è, per intero, destinatario dell’obbligo giuridico
di impedire l’evento, con la conseguenza che, se è possibi-
le che determinati interventi siano eseguiti da uno dei ga-
ranti, è, però, doveroso per l’altro o per gli altri garanti, dai
quali ci si aspetta la stessa condotta, accertarsi che il pri-
mo sia effettivamente intervenuto (7). In tal caso, infatti,
quando la ricostruzione del comportamento alternativo
lecito idoneo ad impedire l’evento deve essere compiuta
nella prospettiva dell’interazione tra più soggetti, sui quali
incombe l’obbligo di adempiere allo stesso «dovere» o a
«doveri» tra loro collegati, la valutazione della condotta
di colui che è tenuto ad attivare altri va effettuata assu-
mendo che il soggetto che da esso sarebbe stato attivato
avrebbe agito correttamente, in conformità al parametro
dell’agente «modello» (8).

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