Oggetto e metodo

AutoreSergio Ortino
Occupazione dell'autoreProfessore ordinario di diritto dell’economia, Università di Firenze
Pagine33-79

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@1. I principali temi trattati

1.1. Spesso ci interroghiamo se esista la vita anche su altri pianeti. Poiché in un Universo punteggiato da miliardi e miliardi di pianeti è improbabile che le condizioni per la nascita e l'evoluzione della vita si siano create soltanto sulla Terra, la frequenza con cui si pone quel quesito non deve certo sorprendere.

Meno spesso invece ci interroghiamo sulle possibili forme che questa ipotetica vita potrebbe avere. Ciò è dovuto molto probabilmente al fatto che diamo per scontato che una vita extraterrestre, ammesso che esista, dovrebbe essere altamente tecnologizzata. Una prova di questo atteggiamento è l'invio Page 34 nell'Universo di messaggi e sonde al fine di far conoscere la nostra presenza sulla Terra a eventuali abitanti di altri pianeti. Ê ovvio quindi che si dà per scontato che là nell'Universo ci siano sistemi di vita sviluppati almeno come i nostri, capaci di intercettare e decifrare quelle informazioni. Sono comunque in molti a chiedersi come mai i dati osservati contrastino con questa opinione così largamente diffusa: la posizione scettica sembrerebbe sia stata espressa dal fisico italiano Enrico Fermi con un noto paradosso che poneva la questione, dove fossero tutte queste civiltà evolute e perché non avessimo ancora ricevuto prove di vita extraterrestre come trasmissioni di segnali radio, sonde o navi spaziali.

Ma indipendentemente da come si voglia risolvere la questione e ammesso pure che sia statisticamente probabile la vita anche su altri pianeti, ciò che è ancora più incerto, e cioè molto meno probabile, è che questa vita extraterrestre abbia assunto forme altamente tecnologizzate. Infatti tra i vari milioni e milioni di specie animali che hanno abitato e abitano la Terra, soltanto una è stata capace di creare un mondo così tecnologizzato come il nostro. Forme di vita altamente tecnologizzate su altri Pianeti sono più facilmente accettabili se si aderisce alla diffusa opinione, secondo cui la vita nascerebbe molto probabilmente per caso, ma la sua evoluzione seguirebbe poi un cammino logico e razionale scandito dal passaggio inevitabile prima dal mondo inorganico al regno vegetale, poi dal regno vegetale al regno animale, e infine dal regno animale al mondo delle macchine.

Tralasciando di prendere ora posizione su questa credenza abbastanza contraddittoria in cui una posizione laica e atomistica di partenza (il caso) si accompagna poi a un atteggiamento fideistico e ideologico nei confronti del successivo percorso evolutivo (razionalità e logicità), è sufficiente ora limitarci a osservare che la prospettiva di una vita extraterrestre tecnologizzata, è condizionata a tal punto dal nostro livello di conoscenze e da quello ancor più avanzato che presto riteniamo di poter raggiungere, che siamo indotti a immaginare la nostra evoluzione come un processo determinato nelle sue varie fasi da una legge naturale valevole universalmente.

Questa scorciatoia che il nostro pensiero è solito prendere quando si rivolge a questi problemi, non deve pertanto stupirci. Dopo tutto il genere umano potrebbe essere considerato come quel particolare gruppo animale, che tra tutti gli altri esseri viventi sulla Terra, ha saputo raggiungere l'ulteriore fase dell'evoluzione naturale attraverso un utilizzo sistematico e sempre più esteso di strumenti esosomatici, soddisfacendo in ciò una legge dell'evoluzione universale.

L'orizzonte da cui questo lavoro prende le mosse è di portata più ristretta, limitata all'evoluzione della vita sul nostro Pianeta, e in particolare circoscritto all'evoluzione della nostra famiglia ominide, sulla base di quanto oggi molteplici discipline scientifiche hanno tentato di ricostruire utilizzando resti fossili, reperti archeologici, prove di laboratorio, documenti storici, nonché speculazioni più o meno azzardate. All'interno di questo orizzonte limitato e circoscritto, la presente ricerca pone al centro delle sue argomentazioni il fatto che la nostra famiglia sarebbe impensabile, quanto meno nelle forme Page 35 che noi conosciamo, senza le tecnologie che nel corso della sua evoluzione ha saputo inventare e utilizzare. Mentre la creazione e l'uso di strumenti esosomatici sono fenomeni riscontrabili anche in altri esseri del regno animale, come ad esempio in varie specie di mammiferi, di uccelli, di aracnidi, è soltanto nell'uomo che esso assume una rilevanza del tutto eccezionale.

In base all'individuazione dell'oggetto della nostra ricerca non sarà pertanto necessario accertare o meno una logica esterna alle tecnologie, ovvero se esse rappresentino o meno un ulteriore grado di sviluppo nell'evoluzione naturale, o tanto meno se esse riflettano una razionalità immanente all'Universo stesso. Molto più semplicemente sarà invece interessante esplorare la portata, il significato, le conseguenze delle tecnologie sulla nostra evoluzione.

La principale conclusione che si vuole raggiungere con questo lavoro è di particolare rilevanza, perché è in grado di modificare radicalmente il modo di vedere noi stessi e la nostra evoluzione. Esiste un filo profondo che collega direttamente le modalità con cui si esplica una data serie di tecnologie in un dato momento e in un determinato luogo e il sostrato materiale e spirituale delle società che su quelle tecnologie si fondano. Questo filo è stato individuato nei vari paradigmi superorganici che l'umanità ha espresso durante la sua evoluzione. Ogni paradigma superorganico agisce come una sorta di matrice da cui scaturiscono e attraverso cui si plasmano, nel corso del tempo, i comportamenti di tutti quegli individui che adottano determinate tecnologie che alla fine possono essere considerati appartenenti a una vera e propria specie tecnologica.

Le tecnologie non sono entità distaccate poste all'esterno del nostro essere e non prendono vita soltanto nel momento in cui ne facciamo uso. Avendo origine dal nostro corpo (mani, cavo orale, mente, etc.), le tecnologie restano a esso intimamente collegate; nascono e continuano a vivere dentro di noi fino a quando una nuova serie di tecnologie si manifesta, trasformandole o sostituendole. Questo ordine di idee mi ha alla fine convinto che prima del sorgere dei paradigmi conseguenti alle innovazioni tecnologiche, si sia manifestato nel nostro ramo ominide un paradigma organico conseguente alle 'innovazioni' anatomiche e fisiologiche che i nostri primi progenitori hanno sperimentato per poter sopravvivere in un ambiente del tutto nuovo. La nostra famiglia avrebbe cioè conosciuto un paradigma direttamente espresso dalla selezione naturale in grado di determinare, non soltanto la sua struttura fisica, ma anche il modo di essere di tutte le specie ominide che sarebbero in seguito succedute. Esisterebbe quindi un legame diretto tra il paradigma organico collegato alle strutture somatiche con i successivi paradigmi superorganici collegati con gli strumenti tecnologici esosomatici. In tale concezione i due concetti di paradigma, organico e superorganico, si spiegano e si sostengono a vicenda.

L'idea di un prolungamento della selezione naturale attraverso strumenti tecnologici è espresso da un'autorevole dottrina di antropologia legale: l'uomo che emerge nel tardo Pliocene circa 3-2 maf, "sviluppa la capacità di produrre cultura che, sebbene radicata nell'organico ed espressa attraverso organismi, è nondimeno superorganica. Il superorganico consiste di fenomeni naturali in forma di schemi di comportamento che, mentre si manifestano Page 36 nell'attività di organismi (l'uomo), non sono predeterminati in contenuti specifici dalle forme inerenti a tale organismo"1.

Il termine superorganicità sembra aver trovato origine nei lavori di Herbert Spencer e Franz Boas. Successivamente un allievo di Franza Boas, Alfred Kroeber, tra i primi antropologi a considerare fondamentale per la comprensione della vita sociale e individuale dell'uomo l'apporto culturale, da tenere ben distinto dall'eredità biologica, elaborerà una nozione di superorganico tesa ad attribuire alla cultura caratteristiche uniche sue proprie del tutto indipendenti da quanto poteva emergere nel corso dell'evoluzione biologica2. Come emergerà chiaramente, la presente ricerca non accetta questa nozione "ultradeterministica" di cultura3, accogliendo i risultati della moderna biologia molecolare e le tesi a sostegno di una complessa interazione tra cultura e natura.

In questa ricerca, inoltre, il concetto di superorganicità non significa soltanto quell'insieme di strumenti materiali in grado di mettere a disposizione delle nostre specie l'energia sufficiente per sopravvivere, e che il linguaggio comune denomina tecnologia. Il concetto di superoragnicità comprende anche i prodotti della nostra mente e la capacità di fornire una spiegazione a tutte le cose e a tutti i fenomeni che si manifestano all'interno e all'esterno dell'esistenza materiale, come la psicologia, l'arte rupestre, le credenze, i riti, la scienza, il diritto. Benché l'uso di queste due categorie di fenomeni sia ricorrente nel modo di argomentare degli scienziati e della gente comune, in pratica non è quasi mai possibile distinguerle: è sufficiente pensare alla mano che crea gli strumenti e alla mente che progetta quello che la mano crea. Al fine di una doverosa semplificazione concettuale e di una più agevole trattazione espositiva, in questa ricerca tutti i fenomeni culturali sono considerati per definizione anche fenomeni tecnologici. Rinviando a quanto si evidenzierà nei dettagli nel capitolo IV, è sufficiente ora aver stabilito che la nozione ampliata di superorganicità comporta che anche ciò che non è strettamente ed esclusivamente collegabile alla fisicità del corpo umano, ricade nell'area della tecnologia. Questo significa che la mano e il cervello sono per definizione organi del corpo umano, ma diventano strumenti attraverso cui l'uomo crea il suo mondo superorganico, cioè la tecnologia.

Per cercare di sintetizzare il significato di...

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