Obbligo di sicurezza del datore di lavoro pubblico
Autore | Umberto Carabelli - Maria Teresa Carinci |
Pagine | 195-200 |
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@11.1. La tutela della salute dei prestatori di lavoro: principi generali ed evoluzione normativa
Uno dei principali obblighi che il contratto di lavoro pone in capo al datore di lavoro è quello di tutelare la salute fisica e psichica dei dipendenti, osservando le misure generali e particolari di prevenzione previste dalla legge.
Per la verità l’obbligo di sicurezza va ben oltre i confini del rapporto di lavoro. Infatti poiché il bene coinvolto, la salute, ha rilievo costituzionale (art. 32 Cost.), il datore di lavoro è tenuto a garantire la sicurezza dell’ambiente di lavoro – inteso come contesto organizzativo e strutturale che ricade nella sua disponibilità – non solo nei riguardi dei prestatori di lavoro subordinato, ma anche nei confronti di tutti quei soggetti che, trovandosi in quell’ambito organizzativo e svolgendo in quel contesto una qualche attività, si trovino comunque potenzialmente esposti a rischi. poiché è di interesse generale che sia tutelata la salute e la sicurezza di tutti coloro che svolgono una qualche attività nell’ambiente sottoposto al controllo del datore di lavoro, la legge equipara ai lavoratori subordinati una serie di altri soggetti – quali i lavoratori autonomi, i beneficiari di tirocini formativi-stage, i partecipanti a corsi di formazione professionale, gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari, ecc.1 – ed estende così, di conseguenza, l’obbligo di sicurezza del datore di lavoro.
Va subito chiarito che, come accade per altri istituti del contratto e del rapporto di lavoro, anche con riferimento all’obbligo di sicurezza il nostro ordinamento pone sì una disciplina legislativa di carattere generale destinata a regolare tanto il lavoro privato quanto il lavoro pubblico, ma al contempo, in questo secondo ambito, prevede deroghe o la possibilità di introdurre regole specifiche. Ne consegue che, in qualche misura, la disciplina dell’obbligo di sicurezza che grava sul datore di lavoro pubblico presenta particolarità e differenze rispetto alla corrispondente disciplina per il datore di lavoro dell’impresa privata.
I principi fondanti dell’obbligo di sicurezza del datore di lavoro (privato e pubblico) sono contenuti nel codice civile e più in particolare nell’art. 2087 cod. civ. – vera norma-cardine del sistema – ai sensi del quale il datore di lavoro è tenuto «ad adottare (…) le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro».
Grazie a questa norma, il nostro ordinamento è sempre stato all’avanguardia nella tutela della salute dei prestatori di lavoro, ben prima che, come si vedrà, il legislatore europeo individuasse avanzati standard di tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro comuni a tutti i paesi membri dell’UE.
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Il carattere ‘aperto’ della formulazione dell’art. 2087 cod. civ. – che commisura l’obbligo datoriale ai tre parametri generali, e al tempo stesso generici, della particolarità del lavoro, dell’esperienza e della tecnica) – e l’estrema ampiezza dei beni tutelati (i quali sono individuati nell’integrità fisica e nella personalità morale dei lavoratori), rendono la norma del codice il pilastro su cui si regge il complesso sistema di tutela della sicurezza sul lavoro, presentandosi nel contempo come norma di ‘apertura e di ‘chiusura’ di tale sistema. Ed, infatti, sulla base dell’ampia formulazione della norma codicistica la giurisprudenza ha potuto argomentare l’esistenza nel nostro ordinamento del principio della c.d. massima sicurezza tecnologicamente fattibile, in virtù del quale è stato possibile estendere al massimo i confini dell’obbligo di sicurezza del datore di lavoro, escludendo la possibilità, per quest’ultimo, di avanzare giustificazioni (esimenti) di ordine economico o organizzativo che ne limitassero la portata2.
Su quel pilastro codicistico si è sviluppato nel corso degli anni un ponderoso sistema normativo, volto a tradurre il generale obbligo di sicurezza in più articolati e dettagliati obblighi (misure) di prevenzione, in relazione ai diversi rischi e/o settori produttivi e lavorativi (c.d. legislazione tecnica3).
A questo riguardo va ricordato che tra gli anni ’80 e ’90 la CE ha fatto della tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro un tema privilegiato della propria politica sociale, con l’emanazione di un elevato numero di Direttive ‘generali’ e ‘particolari’ – continuamente aggiornate, con cadenza praticamente annuale – che hanno innovato profondamente le linee politiche e tecniche della normativa di prevenzione4. In attuazione di tale normativa il legislatore italiano ha così innovato profondamente la disciplina in materia di sicurezza, dapprima con il D.Lgs. n. 626/1994 e, più di recente, con l’emanazione del c.d. Testo Unico delle norme di prevenzione, il D.Lgs. n. 81 del 20085.
Quest’ultimo decreto contiene attualmente la disciplina fondamentale in materia, sia per il lavoro privato che per quello pubblico. Il legislatore, tuttavia, ha ritenuto che alcuni settori della p.a. presentino specificità tali da giustificare una normativa secondaria (decreti interministeriali) che, per ciascuno di essi, applichi la normativa generale tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative6.
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@11.2. Titolarità, ripartizione e delega degli obblighi di sicurezza nella pubblica amministrazione
Uno degli aspetti più problematici della normativa vigente è costituito dall’individuazione dei soggetti responsabili dell’attuazione degli obblighi di prevenzione.
Nel settore privato la legge prevede che il principale obbligato e responsabile dell’obbligo di sicurezza è il ‘datore di lavoro’, riconoscendo poi nei ‘dirigenti’ e nei ‘preposti’ le altre figure titolari di una porzione più o meno lata degli obblighi prevenzionistici nell’ambito della struttura gerarchica dell’organizzazione.
La rilevanza penale della gran parte degli obblighi di prevenzione con il correlato principio della ‘personalità’ della responsabilità penale, ha indotto la giurisprudenza, con una elaborazione ormai pluridecennale, a privilegiare, nell’individuazione...
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