Nuove prospettive di controllo per la Corte dei Conti

AutoreMaurizio Graffeo
Occupazione dell'autoreConsigliere della Corte dei conti - Sezione di controllo per la Regione siciliana e componente del Consiglio di presidenza della Corte dei conti.
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NUOVE PROSPETTIVE DI CONTROLLO PER LA CORTE DEI CONTI Maurizio GRAFFEO*

La mia relazione (che è incentrata sul ruolo della Corte dei conti nel quadro di attuazione del federalismo iscale) inizia con la segnalazione di un paradosso: dalla lettura della legge 5 maggio 2009, n. 42, infatti, emerge immediatamente la circostanza che in tale testo normativo non v’è alcuna traccia o riferimento alla funzione di controllo esterno della Corte dei conti. Si enfatizza, invece, il controllo democratico.

1. La legge n. 42/2009 ed il controllo democratico

Ciò risulta chiaro in dal primo articolo ove si afferma che la legge “costituisce attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, assicurando autonomia di entrata e di spesa di comuni, province, città metropolitane e regioni e garantendo i principi di solidarietà e di coesione sociale, in maniera da sostituire gradualmente, per tutti i livelli di governo, il criterio della spesa storica e da garantire la loro massima responsabilizzazione e l’effettività e la trasparenza del controllo democratico nei confronti degli eletti”.

La prosa anche se non scorrevole, come ormai ci ha abituato il nostro legislatore, fa comunque emergere con chiarezza i punti essenziali.

Innanzitutto, l’autonomia inanziaria degli enti territoriali non statali viene assicurata ponendo un vincolo ben preciso: “sostituire gradualmente, per tutti i livelli di governo, il criterio della spesa storica”, così da “garantire la loro massima responsabilizzazione”. Ed invero, considerato che tale termine ricorre molto spesso nella legge, viene da pensare che il legislatore abbia voluto chiarire agli amministratori regionali e locali come l’altra faccia dell’autonomia sia rappresentata appunto dalla responsabilità. In altri termini, se autonomia signiica poter liberamente scegliere il proprio destino come comunità, allora occorre acquisire la consapevolezza che l’inevitabile corollario di tale libertà è la responsabilità delle scelte compiute o delle omissioni poste in essere.

Ma è da sottolineare un altro punto importante in questo primo comma dell’art.1. Viene, infatti, precisato che la “massima responsa-bilizzazione” dei vari livelli del governo locale si ottiene non solo con il superamento del criterio della spesa storica incrementale, ma anche attraverso “l’effettività e la trasparenza del controllo demo-

* Consigliere della Corte dei conti - Sezione di controllo per la Regione siciliana e componente del Consiglio di presidenza della Corte dei conti.

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cratico nei confronti degli eletti”. In altri termini si riconosce esplicitamente il ruolo fondamentale che gli elettori possono (e dovrebbero) svolgere nel controllare l’esercizio del potere da loro stessi delegato ai propri rappresentanti, speciicando, peraltro, che non vi può essere controllo democratico senza trasparenza.

Quest’ultimo termine va, però, inteso non come mera conoscibilità dei documenti prodotti dalle pubbliche amministrazioni, ma modernamente, cioè come vera e propria comprensione. Non è suficiente a tal ine che i cittadini possano accedere alle informazioni di cui dispongono le pubbliche amministrazioni per rendere queste ultime trasparenti, in quanto spesso tali informazioni sono elaborate secondo criteri e con linguaggi tali da renderle incomprensibili ai comuni cittadini.

Il legislatore della 42 è ben consapevole di tale problematica la quale, nel corso degli ultimi venti anni (da quando cioè è entrata in vigore la legge n. 241/1990 sulla trasparenza amministrativa) ed al di là delle proclamazioni di principio, ha di molto ostacolato il controllo democratico degli elettori sugli eletti. E ciò si deduce dall’attenzione prestata alla trasparenza dei bilanci, che sono i documenti essenziali ai ini di detto controllo sull’attuazione dell’autonomia inanziaria. Tali documenti contabili non solo vanno “pubblicati nei siti internet delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei Comuni”, ma devono essere elaborati in modo tale “da riportare in modo sempliicato le entrate e le spese pro capite secondo modelli uniformi concordati in sede di Conferenza uniicata” (art. 2, comma 2, lett. h). E l’importanza attribuita dal legislatore a tale aspetto emerge chiaramente ove si consideri la previsione (art. 2, comma 2, lett. z) di sanzioni “a carico degli enti inadempienti nel caso di mancato rispetto dei criteri uniformi di redazione dei bilanci, predeiniti ai sensi della lettera h)”.

Sulla trasparenza in tal senso inalizzata al controllo democratico si basa anche la disposizione contenuta nell’art. 2, comma 2, lett. f): i decreti legislativi di attuazione, infatti, dovranno prevedere la “determinazione del costo e del fabbisogno standard quale costo e fabbisogno che, valorizzando l’eficienza e l’eficacia, costituisce l’indicatore rispetto al quale comparare e valutare l’azione pubblica”.

In altre parole, al pari della redazione dei bilanci secondo modelli uniformi, anche i costi ed i fabbisogni standard vengono individuati quali elementi di trasparenza, atteso che gli stessi devono rappresentare “l’indicatore rispetto al quale comparare e valutare l’azione pubblica”. Anche in tale fattispecie, pertanto, la trasparenza è intesa come conoscenza effettiva (in quanto dalla stessa ne conseguono valutazioni delle politiche pubbliche degli elettori nei confronti delle scelte degli eletti) e non già come mera eventualità informativa.

In conclusione, nella legge n. 42 si fa un signiicativo passo avanti verso il rico-noscimento del ruolo essenziale dei cittadini come valutatori della qualità dei servizi pubblici e delle scelte compiute dagli amministratori, siano essi funzionari onorari o professionali.

Ma a questo punto è necessario rilettere seriamente sulle dificoltà che nelle moderne società complesse sorgono per effettuare un vero ed eficace controllo democratico da parte dei cittadini-contribuenti sui gestori delle inanze pubbliche.

I nodi da risolvere a tal ine appaiono molteplici.

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Prendendo a base, a titolo esempliicativo, l’ipotesi di un comune, ove, come è noto, il sindaco viene eletto direttamente dal popolo, un primo problema va individuato nella scelta del momento in cui effettuare il controllo democratico. Dal punto di vista giuridico, anche per i motivi che indicherò di seguito, non mi sembra che tale controllo possa avvenire in sede di elezione popolare a ine mandato perché è evidente che, in caso di mancata conferma, la rendicontazione dell’ex sindaco non sarà mai effettuata. La prospettiva annuale, invece, mal si concilia con i tempi di attuazione del programma elettorale che richiedono ovviamente un orizzonte temporale più vasto.

Altro proilo problematico riguarda le modalità di effettuazione di tale tipologia di controllo: lo devono effettuare direttamente i cittadini tramite una sorta di referendum? Oppure deve essere esercitato indirettamente dai consigli elettivi degli enti, presso i quali, però, in disparte la probabile circostanza di uniformità di colore politico tra maggioranza consiliare e sindaco, costituisce fatto notorio la mancanza di una “cultura” del controllo sugli eletti?

Il discorso si complica ulteriormente ove si consideri, poi, l’oggetto del controllo in quanto occorrerà decidere se i cittadini dovranno valutare il rendiconto annuale dell’ente (di che tipo, inanziario o economico?) o il c.d. bilancio di mandato.

Come accennavo in precedenza, la problematicità del controllo democratico deriva non solo da alcune considerazioni “politiche” che pur dovrebbero essere effettuate - nell’ipotesi in cui, ad esempio, l’eletto ha amministrato, come si diceva una volta, “con forche, farina e vino” senza arrecare alcun beneicio alla comunità amministrata, attivando mere forme clientelari per la ricerca del consenso - ma soprattutto dalla c.d. asimmetria informativa. Faccio riferimento, in altri termini, al fenomeno studiato dalle scienze sociali relativamente al quale è stato messo in luce come in strutture complesse le informazioni gestionali siano in effetti possedute dal solo “delegato”, cioè, nel nostro caso, dall’eletto-gestore, mentre il delegante-elettore non è in grado di conoscere come il primo effettivamente gestisca il patrimonio comune. È da segnalare, comunque, che tale asimmetria esiste...

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