Le nuove frontiere della cittadinanza europea

AutoreEnnio Triggiani
PagineIX-XXIX
ENNIO TRIGGIANI*
LE NUOVE FRONTIERE
DELLA CITTADINANZA EUROPEA
1. Il futuro dell’Unione si gioca, in parte, sulla capacità espansiva della no-
zione di cittadinanza europea. L’affermazione potrebbe apparire, a prima lettura,
azzardata ma non è così e ritengo che questo volume, con le molteplici e com-
plesse implicazioni che tale status giuridico comporta, sia in grado di evidenziare
la fondatezza dell’assunto.
Dall’insieme dei saggi sembra, infatti, emergere, in altri termini, non solo
che, grazie all’accentuazione dei profili normativi del concetto, è ipotizzabile il
rafforzamento del processo d’integrazione ma anche che la portata della cittadi-
nanza, nei suoi contenuti e nei connessi livelli interpretativi, ne costituisce una
decisiva “cartina di tornasole” dello stato di salute.
È d’altronde significativo che dalla sua formale sanzione, avvenuta con il mai
sufficientemente apprezzato Trattato di Maastricht del 1992, la cittadinanza
dell’Unione ha caratterizzato con la propria “presenza” una rimarchevole evolu-
zione di molteplici profili del relativo sistema.
Per meglio comprendere quanto appena affermato è necessario collocare lo
status in questione nel complessivo “disegno” del processo d’integrazione euro-
pea quale più palpabile espressione del “nuovo” diritto alla pace come progressi-
vamente affermato a partire dalla Carta delle Nazioni Unite. È d’altronde noto
che il diritto internazionale nasce invece, fra gli altri, come diritto della guerra
per trovare una sua profonda trasformazione soprattutto nel secondo dopoguerra.
Il divieto della guerra come mezzo di soluzione delle controversie, sancito nel
1945 a S. Francisco, trova infatti la sua traduzione reale ed effettiva nel diritto
alla pace proprio con le Comunità europee, segnando la fine di ogni possibilità di
conflitto militare fra i suoi membri.
In questo contesto va letto il necessario rapporto tra cittadinanza e identità,
considerato che siamo culturalmente avvezzi a considerare strettamente legati i
due concetti. Generalmente, la ricostruzione della “cittadinanza nazionale” av-
viene sulla base delle sue “radici” – ma le origini spesso sconfinano nel “mito”
* Coordinatore scientifico del Progetto.
X Ennio Triggiani
– la cui ricerca non sempre è semplice e comunque connessa al comune sentire
della relativa popolazione dal punto di vista culturale, linguistico, religioso, et-
nico. Risulta evidentemente difficile trovare tali condizioni nell’intera Europa
formata non a caso da “popoli” fra loro abbastanza diversificati sotto più profili
a partire dalla “poligamia” linguistica. Peraltro, una stessa cittadinanza che acco-
muna popoli diversi non è una novità se solo si pensa al civis romanus o, succes-
sivamente, alla cittadinanza espressa dalle varie forme di assolutismo monar-
chico soprattutto fra cinquecento e seicento. Certo, non mancano importanti tratti
comuni, al di là della contiguità territoriale, a partire dall’impronta cristiana non
a caso fonte di infinite polemiche derivanti dal mancato esplicito riferimento ad
essa nei valori sanciti nei Trattati.
Non c’è comunque bisogno di ricorrere ad artifizi teorici per dimostrare l’e-
sistenza di un “popolo europeo”, condividendo l’opinione di Habermas per cui
l’esistenza di un demos non necessariamente precede il formarsi di una nuova
comunità. Né si deve tentare di riscostruire un’identità europea nella logica di
quella nazionale, resa solo più ampia, basandosi inevitabilmente su di un’omolo-
gazione culturale che è il contrario della valorizzazione del pluralismo su cui si
fonda l’integrazione. Invece, la cittadinanza europea contribuisce nel contempo
a rafforzare le singole cittadinanze nazionali degli Stati membri e con queste si
pone in rapporto di feconda interazione; sarebbe d’altronde impensabile un rap-
porto di competizione con queste ultime considerato che tutte esprimono le mol-
teplici “identità” che ciascuno di noi porta con sé nel proprio vivere quotidiano.
In realtà, l’approccio interpretativo necessario per affrontare correttamente le
tematiche anche tecnico-giuridiche connesse con la nozione di cittadinanza euro-
pea non può che essere sensibilmente diverso. Infatti, è preventivamente indi-
spensabile cogliere la grande novità che essa comporta in quanto viene per la
prima volta riferita ad una entità non statale che si fonda su di una “comunità di
diritto”: è sulla sua natura e sulle ragioni della sua costruzione che va delineata
la relativa identità.
Bisogna, quindi, partire certamente dalla storia dei popoli europei e delle loro
vicende purché ciò avvenga attraverso la sottolineatura “innovativa” che le mille
guerre e tragedie affastellate in abbondanza nella nostra memoria sono state so-
stituite da sei decenni di pace e dal formale e concreto ripudio della guerra (anche
se, purtroppo, con ripetute eccezioni verso Paesi terzi).
L’identità europea e la connessa cittadinanza si determinano, pertanto, nei
valori alla base dell’integrazione e nella singolarità del suo processo di costru-
zione. In ordine ai primi non ci si riferisce soltanto al corpo dei diritti civili e
politici sanciti in una pluralità di atti (per ultima la Carta di Nizza come riaffer-
mata nel Trattato di Lisbona), peraltro comuni a tutti i Paesi democratici occiden-
tali, ma soprattutto a quelli economici e sociali che sono la migliore espressione
di un modello sociale in grado di differenziarsi sensibilmente rispetto alle carat-
teristiche tipiche delle società organizzate secondo i parametri del liberismo tra-
dizionale. È questa la ragione per cui si è ritenuto in questa sede di dare ampio
spazio, nel denunciarne peraltro i sussistenti limiti, ai profili più spiccatamente

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