Le Nullità Del Contratto Di Locazione E La Riformulazione Dell'Art. 13 Della Legge N. 431/1998

AutoreVincenzo Cuffaro
Pagine586-590
586
dott
6/2016 Arch. loc. cond. e imm.6/2016 Arch. loc. cond. e imm.
DOTTRINA
LE NULLITÀ DEL CONTRATTO
DI LOCAZIONE E LA
RIFORMULAZIONE
DELL’ART. 13 DELLA LEGGE
di Vincenzo Cuffaro
SOMMARIO
1. La costruzione normativa del contratto di locazione. 2. Il
percorso, la parabola dell’art. 79 della legge n. 392/78. 3.
Le vicende dell’art. 13 della legge n. 431/1998. Il testo origi-
nario. 4. Un po’ di storia. 5. Il nuovo testo dell’art. 13 ed il
rapporto tra norma civile e norma tributaria.
1. La costruzione normativa del contratto di locazione
Può certo apparire strano e per molti versi singolare
che il tema del Convegno riguardi una norma emanata nel
1998, ma forse dovrebbe stupire di più che a distanza di
diciotto anni il Parlamento abbia sentito il bisogno di rifor-
mulare una disposizione che, bene o male, aveva assolto il
proprio ruolo.
Suggellare, ancora e sostanzialmente nella prospettiva
di tutela del conduttore, la disciplina che segnava il tra-
monto dell’equo canone.
Per cercare di capire le ragioni di questo intervento le-
gislativo sulla legge del 1998, non credo sia solo suff‌iciente
ripercorrere il nuovo testo, mentre è necessario alzare lo
sguardo e contemplare, sia pure a volo d’uccello, la costru-
zione normativa del contratto di locazione.
‘Costruzione normativa’ perché, secondo una prassi
che affonda le proprie radici nella legislazione gemmata
dal conf‌litto di un secolo fa, la disciplina del contratto di
locazione, molto più che per altri contratti cui i privati ri-
corrono per la regolazione dei propri interessi, è stata nel
tempo disegnata dal legislatore in maniera diversa e più
invasiva rispetto al modello che, per venire ad epoche più
vicine, era stato recepito nel codice civile del ‘42. Come è
sin troppo noto, il legislatore del 1978 provvide a discipli-
nare nel dettaglio il contratto di locazione, individuando il
contenuto delle clausole contrattuali in termini impera-
tivi, in misura tale da lasciare poco spazio all’autonomia
dei privati.
Non a caso, la rif‌lessione sulle ‘decodif‌icazioni’ prese
le mosse proprio dalla legge n. 392/78 che apparve allora
esempio eloquente di una regolamentazione legislativa
tutta fuori del codice.
2. Il percorso, la parabola dell’art. 79 della legge n.
L’osservatore odierno deve constatare che quella costru-
zione legislativa del contratto di locazione si è andata sgreto-
lando ed a tale riguardo può osservare la vicenda dell’art. 79
della legge n. 392/78 che ne è la tormentata testimonianza.
A tale disposizione era stato assegnato un compito pre-
ciso: chiudere in una cornice funzionale il disegno legi-
slativo complessivamente ispirato ad una chiara idea di
politica del diritto: la disciplina di uso del diritto perso-
nale di godimento degli immobili urbani non doveva e non
poteva restare aff‌idata alle sole regole del mercato.
Compito del legislatore era quello di approntare un
bagaglio di tutele in favore del contraente più debole, pre-
servando il suo interesse a fruire dall’abitazione ovvero del
luogo in cui svolgeva la propria attività.
Scelta, questa, f‌iglia dello spirito del tempo - sono,
quelli, gli anni della riforma del diritto di famiglia; della
riforma del servizio sanitario nazionale; della legge Basa-
glia; della legge Merli sull’inquinamento delle acque - scel-
ta f‌inalizzata a realizzare il disegno redistributivo: colpire
la proprietà, il terribile diritto (come è stato def‌inito) e
contrastare quella che era individuata come rendita pa-
rassitaria, intesa come limitazione al principio di ugua-
glianza di cittadini.
In tale contesto l’art. 79 sanciva la inderogabilità delle
disposizioni della legge dell’equo canone - canone, è sta-
to scritto, al quale nessun aggettivo si addiceva meno di
quello invece affermatosi - disponendo perentoriamente
la nullità delle clausole con le quali si attribuiva al loca-
tore un ‘vantaggio’ in contrasto con le disposizioni della
legge; in una visione nella quale la protezione del diritto
all’abitazione si coniugava con l’esigenza di protezione
delle attività commerciali.
Non mette conto qui - il dato è noto - ricordare nel det-
taglio la giurisprudenza rigorosa formatasi nell’applicare
la regola invalidante (1), nell’individuare quella che negli
anni successivi sarebbe stata qualif‌icata come ‘nullità di
protezione’. Una nullità diretta appunto a ‘proteggere’ una
delle parti del rapporto contrattuale; come tale invocabile
solo dal conduttore e anche dopo la cessazione del rappor-
to (ad esempio, con l’azione di ripetizione proponibile nei
sei mesi dalla restituzione dell’immobile).
Merita invece sottolineare che proprio il rigore del
principio della inderogabilità - certamente non solo que-
sto, perché nel frattempo era mutato il contesto economi-
co ed era mutato il clima sociale - portò, nel 1992, alla leg-
ge sui ‘patti in deroga’; ‘in deroga’, dunque, alla previsione
imperativa dell’art. 79 (2).
Prima apertura verso il superamento della precedente
‘costruzione legislativa’ (del contratto di locazione).
Per una breve stagione e per le locazioni ad uso di abi-
tazione, fu consentito sottrarsi, a determinate condizioni,
alle regole che disegnavano imperativamente il sinallag-
ma - e va ricordato che il tentativo di aff‌idare la gestione
della negoziazione locatizia alle associazioni esponenziali
degli interessi dei contraenti fu frustrato dall’intervento
della Consulta (3) - con gli accordi appunto ‘in deroga’, di
cui all’art. 11, L. 8 agosto 1992, n. 359.

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