Note sulle reti imperiali britanniche nell'Oceano indiano: i lavoratori a contratto indiani in Natal (1856-1914)

AutoreMassimiliano Vaghi
CaricaRicercatore di Storia e istituzioni dell'Asia presso l'Università degli Studi di Bergamo
Pagine128-143
Note sulle reti imperiali britanniche nell’Oceano indiano:
i lavoratori a contratto indiani in Natal (1856-1914)
Massimiliano Vaghi
Abstract
In the second half of the nineteenth century, within the British colonial empire, the migrations
of Indian workers were caused more by economic needs linked to the initiatives and private
interests, rather than by a choice of London, connected to the dynamics of imperial networks:
these economic migrations have undergone a significant change with the abolition of slavery
and the beginning of the practice of indentured labour. In this regard, between the nineteenth
and twentieth centuries, the conditions of Indian coolies in Natal did not improve and the British
and Indian governments were unable to influence the discriminatory policy implemented by the
colony. In particular, London had not wanted (or could) intervene with the necessary force
against the South African elites neither in the 1870s when resumed a large immigration from
India to Natal , nor after the birth of the Union of South Africa (1910), when the colonial
directives about conditions of the Indians could easily be evaded and not applied by the local
government, by now de facto independent.
Keywords: British Empire India Natal immigration indentured labour.
SOMMARIO: 1. Introduzione: gli indiani in Sudafrica. 2. I coolies indiani in Natal. 3.
L’autonomia politica del Natal e la non-rappresentanza degli indiani. 4. L’Unione
Sudafricana e la politica verso i migranti indiani. 5. Conclusioni.
Ricercatore di Storia e istituzioni dell’Asia presso l’Università degli Studi di Bergamo. Citazione
consigliata: M. V aghi, Note sull e reti imperiali britanniche n ell’Oceano ind iano: i lavoratori a contratto
indiani in Natal (1856-1914), in Nuovi Autoritarismi e Democrazie: Diritto, Istituzioni, S ocietà (NAD), n.
2/2019, pp. 125-140. Testo consegnato alla redazione il 9 settembre 2019 e rivisto in data 23 ottobre
2019.
Nuovi Autoritarismi e Democrazie:
Diritto, Istituzioni, Società
n. 2/ 2019 ISSN 2612-6672 | 126
1. Introduzione: gli indiani in Sudafrica
I sudafricani di origine indiana formano oggi una comunità composita caratterizzata
da origini, lingue e credenze religiose diverse, la cui eterogeneità si è accentuata a
partire dal 1994 quando, con l’avvento della Costituzione democratica in Sudafrica, le
restrizioni alla politica sull’immigrazione, imposte prima dai regimi coloniali e poi
dall’apartheid, furono eliminate, favorendo così l’arrivo di nuovi immigrati provenienti
da India, Pakistan, Sri Lanka e Bangladesh.
La popolazione sudafricana di origine indiana tradizionalmente si concentra nello
Stato di KwaZulu-Natal (in passato Natal), che si affaccia sull’Oceano indiano, una
regione da dove provengono importanti personalità pubbliche del Sudafrica pre e post
apartheid, come Abdul Kader Asmal (1934-2011), attivista per i diritti umani,
professore e uomo politico, a lungo ministro dopo il 1994.
Oggi gli indiani di origine, con oltre un milione e mezzo di persone, rappresentano il
2,6% della popolazione del Sudafrica (dati 2019) e la città di Durban ha il più alto
numero di abitanti indiani de ll’Africa sub-sahariana. Essi contribuiscono alla diversità
multiculturale e all’economia del Sudafrica, di cui costituiscono una delle componenti
più attive e ricche della popolazione: ciò è testimoniato sia dai dati riguardanti la
percentuale dei lavoratori considerati skilled ovvero managers, professionisti e tecnici
di varî livelli , che supera il 50% degli occupati sudafricani di origine indiana o
asiatica, sia dall’indice di sviluppo umano, attestato ad un lusinghiero 0,886, contro una
media nazionale dello 0,691 (la comunità “bianca”, invece, tocca lo 0,914)
1
.
Analizzando la situazione nel lungo periodo, tuttavia, il fatto che in Sudafrica le
comunità di origine indiana siano oggi sostanzialmente ben integrate, dal punto di vista
socio-economico, all’interno del “nuovo” Stato democratico, non deve portare a
sottovalutare le difficoltà di ordine giuridico e politico che tali comunità hanno dovuto
affrontare durante la loro lunga presenza nelle regioni sudafricane, in particolare
nell’antica colonia britannica del Natal.
1
Per i dati statistici, si vedano, fra gli altri, i reports ufficiali sudafricani reperibili online: Department
Statistics South Africa, Mid-year Population Estimates 2019 (2019),
www.statssa.gov.za/publications/P0302/P03022019.pd f (ultima consultazione il 09/09/2019);
Employment, Unemployment, Skills and Economic Growth. An Exploration of Household Survey
Evidence on Skills Development and Unemployment Bet ween 1994 and 2014 (2014),
www.statssa.gov.za/presentation/Stats%20SA%20presentation%20on%20skills%20and%20unemployme
nt_16%20September.pdf ( ultima consultazione il 09/09/2019). Si veda anche: AA.VV., Tr eccani. Atlante
Geopolitico 2017, Istituto della En ciclopedia Italian a, Roma, 2017, pp. 812-821. L’indice di sviluppo
umano è un indicatore di sviluppo macroeconomico elabor ato nel 1990 dall’economista pakistano
Mahbub-ul-Haq e recepito dall’ON U come misuratore della qualità della vita degli Stati e d ella loro
popolazione; la scal a dell'indice si esprime in millesimi, decrescente da 1 a 0. Nonostante l’indice di
sviluppo umano ampli la prospettiva della semplice crescita econo mica per d efinire il livello di sviluppo
dei singoli paesi, esso presenta alcuni limiti, da alcuni individuati nel pregiudizio “ideologico” contro i
modelli di sviluppo economico e sociale del mondo industrializzato, e nell’affidarsi acriticamente alle
statistiche nazionali, che valorizzano prevalentemente i risult ati s colastici e medici conseguiti a dispetto
delle questioni ambientali e tecnologiche e del ruolo svolto dallo sviluppo civile. Sulla questione si veda:
H. Wolff, H. Chong, M. Auffhammer, Classification, Detection and Consequences of Data Error:
Evidence from the Human Development Index, in The Economic Journal, Vol. 121, No. 553, 2011, pp.
843-870.

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