La nuova normativa sull'inquinamento idrico

AutoreMaurizio Santoloci e Stefano Maglia
Pagine519-527

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    Per aggiornamenti ed approfondimenti su questo ed altri temi normativi consultate il sito internet «Diritto all'Ambiente»: www.yepa.net/studiosantoloci/. Per una più ampia disamina della riforma della tutela delle acque cfr. S. MAGLIA, O. DEL BARBA, Il codice della tutela delle acque, Ed. La Tribuna, Piacenza 1999.

@1. -L'impianto della nuova normativa

Il D.L.vo 11 maggio 1999, n. 152, per espressa previsione contenuta nell'art. 1, si propone per definire la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee perseguendo i seguenti obiettivi:

a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;

b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi; c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili;

d) mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici nonché la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.

Per raggiungere detti obiettivi il decreto traccia una serie di strumenti attuativi nei quali sono ricompresi l'individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici, la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell'ambito di ciascun bacino idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni, il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonché la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di qualità del corpo recettore. Viene inoltre previsto l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collettamento e depurazione degli scarichi idrici, nell'ambito del servizio idrico integrato di cui alla L. 5 gennaio 1994, n. 36, e l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili; infine è ipotizzata l'individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche.

@2. -Lo schema della disciplina giuridica

La legge 10 maggio 1976 n. 319 («legge-Merli») è stata totalmente abrogata. Il decreto legislativo n. 152/99 è stato preparato in base a una legge di delega del Parlamento da una commissione del Ministero dell'Ambiente (ai lavori della quale il coautore del presente articolo Maurizio Santoloci ha collaborato come membro nominato dal ministro) e dopo il concerto di rito con gli altri ministeri competenti ed il successivo iter di prassi è stato varato dal Governo con il fine di riordinare l'intera materia con l'attuazione delle direttive europee e l'abrogazione di leggi e altre disposizioni nazionali.

L'innovazione legislativa è stata dettata tra l'altro dall'urgenza di recepire compiutamente alcune vecchie direttive comunitarie, in particolare la 91/271 relativa alla protezione dai nitrati provenienti dall'attività agricola, e dalla necessità di apportare elementi innovativi relativi alla protezione, al risanamento e all'uso corretto e razionale delle acque. Attraverso il recepimento della direttiva 91/271 si definisce il sistema di regole e i tempi di adeguamento a cui deve attenersi il sistema pubblico di depurazione. In sostanza, le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, a un trattamento depurativo che deve garantire i limiti di emissione stabiliti a livello europeo, secondo le seguenti temporali:

- entro il 31 dicembre 2000 per gli scarichi provenienti da comuni con oltre 15.000 abitanti equivalenti;

- entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi provenienti da tutti gli altri comuni aventi un numero di abitanti equivalenti compresi tra 2.000 e 15.000.

La «Legge-Merli» ha privilegiato lo strumento della regolamentazione degli scarichi, demandando alle regioni le modalità e l'attuazione dei piani di risanamento dei corpi idrici; in tale contesto la regolamentazione degli scarichi si limitava a imporre limiti in concentrazione massima ammissibile della sostanza inquinante, ma non limiti complessivi alla quantità della sostanza inquinante scaricata dal singolo scarico o nello stesso corpo idrico. La nuova normativa postula invece l'esigenza di valutare gli effetti sinergici tra i diversi scarichi e di porre puntuale attenzione alla tutela dei corpi idrici recettori, adottando un approccio integrato che combini limiti agli scarichi con i limiti di qualità dei corpi idrici.

La struttura portante del decreto, dunque, in linea con gli orientamenti comunitari, partendo dal presupposto che non è sufficiente controllare se uno scarico rispetta i limiti imposti da una tabella di emissione, ma bisogna garantire che l'insieme degli scarichi e delle altre attività non sia comunque tale da pregiudicare la qualità del corpo idrico, sposta conseguentemente l'attenzione dal controllo del singolo scarico all'insieme degli eventi che determinano l'inquinamento del corpo idrico.

Lo schema della nuova normativa prevede 6 titoli. Dopo aver individuato le finalità, chiarito le principali definizioni utilizzate e le competenze, (Titolo I) il testo individua gli obiettivi di qualità ambientale coordinandoli con le disposizioni già esistenti e di origine comunitaria attinenti agli obiettivi di qualità per specifica destinazione (Titolo II).

Nel titolo III si inseriscono le disposizioni per la tutela dei corpi idrici consistenti sostanzialmente in norme prescrittive (o nel rinvio a futura disciplina regionale) delle varie attività antropiche (civili, industriali, agricole) incidenti sull'inquinamento, e cioè sulla qualità del corpo idrico, nonché di quelli incidenti in maniera rilevante e non ponderata sulla quantità. Rientrano pertanto in tale parte sia le misure di tutela quantitativa della risorsa sia la disciplina degli scarichi.

Nel titolo IV sono disciplinate le attività dei pubblici poteri: attività conoscitiva, programmatoria e definitoria degli interventi attraverso la redazione del Piano di tutela; attività di gestione del corpo idrico costituita soprattutto da provvedimenti autorizzatori e di controllo.

A parte e nell'unico titolo V sono previste le norme penali e le sanzioni amministrative nelle quali è inserita la disciplina di liquidazione automatica del danno ambientale: nell'ultimo titolo VI vi sono inserite le disposizioni transitorie e abrogative.

Al testo seguono sette allegati tecnici.

Obiettivo politico principale del testo è quello di prevenire e ridurre l'inquinamento delle acque, ed a tal fine vengono previsti passaggi per migliorare la manutenzione delle reti degli acquedotti e dei depuratori, per assicurare un sistema fognario efficiente, e per evitare che i nitrati usati in agricoltura danneggino l'ambiente e a diffondere gradualmente i contatori dell'acqua nelle abitazioni: si stabilisce anche che gli Enti locali dovranno assicurare un efficiente si-Page 520 stema fognario fissando la scadenza del 2000 per i Comuni con popolazione superiore a 15 mila unità e dal 2005 per gli agglomerati con più di 2 mila unità. Tutti i corpi idrici dovranno raggiungere entro il 2016 l'obiettivo di qualità definito «buono» ed entro il 2008 quello «sufficiente» mentre entro il 2001 le Regioni dovranno definire la classificazione delle acque.

Parte innovativa del provvedimento riguarda i Piani di tutela delle acque che dovranno essere approvati entro il 2004. La prima tappa è riservata alle Autorità di bacino che entro il 2001 dovranno definire gli obiettivi; nei due anni successivi le Regioni dovranno preparare i piani da sottoporre al parere vincolante delle Autorità di bacino che dovranno pronunciarsi entro 60 giorni.

Per limitare la diffusione dell'inquinamento da nitrati nelle campagne, le Regioni dovranno attuare entro un anno dall'entrata in vigore del decreto dei piani di azione con l'obiettivo di integrare la cosiddetta «buona pratica agrico la». Si dovranno diffondere informazioni alle imprese agricole, effettuare corsi di formazione ed effettuare i controlli per evitare l'inquinamento delle superfici agrarie.

Province e Comuni competenti al rilascio delle autorizzazioni agli scarichi. Il via libera è concesso al titolare dell'attività entro 90 giorni dalla richiesta e vale per quattro anni.

Sul fronte controlli, il decreto prevede che gli scarichi siano accessibili alle autorità competenti per gli eventuali prelievi e campionamenti e che gli stessi possano accedere in ogni momento agli stabilimenti per accertare le condizioni che producono gli scarichi. Come regola generale è posto il divieto di scarico sul suolo (fanno eccezione a determinate condizioni gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali non è possibile procedere in altro modo o è eccessivamente oneroso, gli scarichi provenienti dalla lavorazione delle rocce, dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali, ecc.).

Stessa regola, con eccezioni, anche per gli scarichi nel sottosuolo o nelle acque sotterranee. Trattamenti particolari o valori limite da rispettare sono invece previsti per gli scarichi nelle acque superficiali. Per le acque reflue sono fissate precise cadenze temporali per i trattamenti depurativi. Per quanto riguarda il nuovo regime delle autorizzazioni, il decreto stabilisce che tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati. Il nullaosta è rilasciato al titolare dell'attività responsabile dello scarico. Per le acque reflue domestiche, gli scarichi sono sempre ammessi nel rispetto dei regolamenti del gestore del servizio idrico integrato. La domanda di autorizzazione è presentata alla provincia o al comune se lo scarico va in una fognatura pubblica. In ogni caso, l'autorità competente provvede entro 90 giorni dalla ricezione della domanda. L'autorizzazione è valida per quattro anni, ma un anno prima della scadenza si deve chiedere il rinnovo.

@3. Le definizioni

L'ambito di applicazione del decreto è individuato nella finalità specifica dell'articolo 1 laddove si stabilisce in via iniziale e preventiva che la nuova norma...

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