La normativa canonica

AutoreGaetano Dammacco
Pagine45-55

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@1. La legge canonica

Il principio della generalità e dell'astrattezza, non sempre conciliabile con la concreta funzione pastorale della legge canonica, posta dal legislatore, universale o particolare, per il bene comune o di tutti, inseparabile da quello individuale, è contemperato dal principio della novità che consiste nella possibilità di innovare una legge precedente. Hanno ad esempio tale carattere e non pure quello della generalità ed astrattezza il privilegio, che è deviazione dal diritto comune, generalmente favorevole (canoni 76 ss.), e la dispensa, che è sospensione della legge ecclesiastica in un caso o in casi particolari (canoni 85 ss.).

Le leggi ecclesiastiche obbligano i battezzati nella Chiesa cattolica o a questa convertiti, che abbiano compiuto i sette anni, salva diversa disposizione, ed abbiano l'uso di ragione (can. 11); esse devono essere promulgate nei modi stabiliti: quelle generali con la pubblicazione negli Acta Apostolicae Sedis e normalmente entrano in vigore dopo tre mesi dalla pubblicazione (vacatio legis) (can. 8 § 1), quelle particolari nei modi stabiliti dal legislatore ed obbligano normalmente dopo un mese dalla promulgazione, a meno che un termine diverso sia stabilito dalla stessa legge (can. 8 § 2).

L'interpretazione della legge può essere autentica, se promana dallo stesso legislatore (can. 16 § 1), o dottrinale, se compiuta dalla dottrina, la quale, quando sia comune e costante, Page 46 può essere nomopoietica insieme con la giurisprudenza e la prassi della Curia romana (can. 19).

L'abrogazione della legge può essere espressa o tacita (can. 20).

@2. La consuetudine

La consuetudine è fonte di diritto non scritto, il cui contenuto è stabilito da una comunità di fedeli, capace di ricevere la legge, attraverso la ripetizione uniforme di atti posti in essere con la convinzione di introdurre diritto (can. 25), mentre il carattere di giuridicità le deriva sempre dall'approvazione del legislatore (can. 23), forse anche tacita.

Il valore della consuetudine nel diritto canonico rappresenta l'esempio più evidente della partecipazione del Popolo di Dio ai munera Ecclesiae nella funzione legislativa.

La consuetudine può essere secundum legem, che è optima legum interpres (can. 27), praeter legem e contra legem canonicam, sempre però che riguardi materia idonea e sia rationabilis (can. 24 § 2), cioè non contraria al diritto divino (can. 24 § 1) né espressamente riprovata (can. 24 § 2), e sia stata osservata per un periodo di tempo, stabilito dalla legge per le varie specie (can. 26).

@3. Rationabilitas della legge e della consuetudine

La legge e la consuetudine, in quanto fonti del diritto canonico, hanno funzione strumentale rispetto al fine della Chiesa, che costituisce la loro ratio, il principio superiore, per la cui attuazione esse sono poste, onde se la legge canonica o la consuetudine fossero irrationabiles, cioè fossero in contrasto con il fine, cui tende tutto l'ordinamento, esse non troverebbero applicazione, in quanto non si avrebbe la legge e non si avrebbe la consuetudine, ma si avrebbe sovrastruttura, cioè forma senza il contenuto soteriologico, che distingue la legislazione canonica. Page 47

In quanto, invece, la norma legislativa o consuetudinaria è espressione della sostanza spirituale, essa riproduce l'ordinamento canonico e, quindi, è rationabilis ed è norma canonica proprio per la sua rationabilitas inconfondibile di quell'ordinamento, alla cui costituzione essa concorre come parte del tutto.

In quanto parte la norma non può contrastare con il tutto, che è l'ordinamento canonico, e, se vi contrastasse, verrebbe meno alla sua funzione e cesserebbe di essere norma canonica.

@4. L'aequitas canonica

Con la rationabilitas è intimamente connessa l'aequitas canonica, che è l'aspetto dinamico di uno stesso fenomeno concettuale.

La ratio è il contenuto intimo della singola norma, è la riproduzione nella singola norma di tutto l'ordinamento, in quanto ogni norma contiene in sé, come parte costitutiva del tutto, l'ordinamento stesso.

L'aequitas canonica consiste nell'adeguamento della norma alla sua ratio. In tal senso l'interprete, e particolarmente il giudice, si fa mediatore tra la norma e l'ordinamento; ciò non vuol dire che così operando con un'attività creativa, che non è passività meccanica, l'interprete si trasformi in legislatore, poiché egli deve ricercare la ratio legislativa non come se lo stesso legislatore fosse presente, ma in quanto lo stesso legislatore è presente; l'interprete vivifica l'astrattezza, la generalità della norma, scoprendone il concreto contenuto soteriologico con quella aequitas, che perciò è inconfondibilmente canonica.

L'aequitas è la pietra di paragone per saggiare la canonicità della norma, come elemento costitutivo dell'ordinamento canonico con la retta,...

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