La norma

AutoreSergio Ortino
Occupazione dell'autoreProfessore ordinario di diritto dell’economia, Università di Firenze
Pagine593-711

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@1. La norma come fattore di base a carattere universale

1.1. Come già in precedenza rilevato, l'argomento di questo capitolo è un fenomeno presente non soltanto nel mondo creato dalla cultura, ma anche nel mondo fisico e nel mondo naturale. Il fatto che la norma sia un tratto essenziale a carattere universale, comporta che la sua configurazione varia quasi all'infinito a seconda del mondo fenomenico in cui si manifesta. Ciò non ha impedito tuttavia che nel nostro linguaggio corrente si sia fatto uso fin dall'antichità di espressioni come le leggi che governano l'universo, o le leggi che governano la natura, o le leggi che governano un popolo, a riprova che le tre componenti della nostra evoluzione sono alla fine sempre rette da un sistema regolatore. Sebbene lo scambio e la cooperazione condividano con la norma il fatto di rappresentare tratti essenziali a carattere universale del mondo fenomenico, soltanto a quest'ultima è stata riconosciuta questa qualità a un livello generale e diffuso. Meno frequenti infatti sono le testimonianze a livello scientifico e la percezione a livello comune, volte a evidenziare nei fenomeni dello scambio e della cooperazione, tratti comuni del mondo organico, inorganico e superorganico.

Per quanto riguarda l'oggetto specifico di questo capitolo, possiamo esor- dire affermando che gli istinti costituiscono la base della maggior parte dei comportamenti posti in essere dagli organismi viventi. Ogni istinto è costituito dall'insieme delle disposizioni congenite antecedenti a ogni esperienza e indipendenti da ogni attività razionale; è di natura stabile, uniforme, ereditaria, ed è specifico a ciascuna specie vivente; costituisce uno schema di comportamento predisposto per l'autoconservazione dell'individuo e della specie; il prodotto del sistema neurale primordiale.

Attraverso la selezione naturale i comportamenti istintivi si sono evoluti in risposta a situazioni presentatesi ripetutamente all'interno dei vari gruppi di organismi per varie centinaia e migliaia di generazioni e sono stati codificati nei geni delle singole specie. In genere quando definiamo un comportamento come naturale, ci riferiamo di solito a qualcosa che viene fatto automaticamente dal soggetto, in modo istintivo. Per avere questi effetti naturali di una Page 595 specie in sostanza occorrono i c. d. tempi filogenetici, misurabili in centinaia e centinaia di migliaia, se non addirittura, in milioni di anni.

Sebbene fin dai tempi dell'antica Grecia il pensiero teorico tradizionale abbia quasi sempre considerato l'uomo guidato prevalentemente dalla ragione e libero dagli istinti, non sono mancati riferimenti a un qualcosa di immutabile e duraturo che condizionava i nostri impulsi, le nostre volontà, la nostra ragione, e quindi i nostri comportamenti e le nostre norme sociali. Ad esempio Sergio Cotta, partendo dalla constatazione che l'essenza del diritto consiste nell'obbligare in pari misura e con fondata e obbiettiva ragione tutti i consociati, al di là delle loro particolari opinioni, aspirazioni e interessi, giunge alla conclusione che a tale essenza del diritto deve necessariamente corrispondere soltanto un diritto che abbia per fondamento la natura. Infatti in questa prospettiva - prose- gue il filosofo del diritto - solo la natura può sottrarre il diritto alla limitatezza, fallibilità e mutevolezza che son proprie tanto della capacità di giudizio (sia teorico che pratico) quanto della volontà del singolo o dei singoli legislatori1.

Benché ricondotte comunemente sotto l'unica e onnicomprensiva espressione di 'giusnaturalismo', queste riflessioni del pensiero teorico non sono state riferite soltanto al diritto, dal momento che esse in realtà avevano una valenza pluridimensionale; esse chiamavano in causa la natura come fondamento, immediato e mediato, a volte di un compiuto sistema di norme, altre di un complesso di principi imperativi, o addirittura di un unico principio, da valere nei vari settori della vita sociale, così come nelle coscienze individuali. A ben vedere queste riflessioni che facevano ricorso a una legge naturale per spiegare l'essenza delle norme che regolavano i rapporti umani, erano un modo probabilmente del tutto inconsapevole per far rientrare dalla finestra gli istinti che erano stati fatti uscire dalla porta. La critica che agli inizi del secolo scorso George E. Moore avanzò nei confronti della filosofia dominante del suo tempo che, ponendo sullo stesso piano ciò che era buono con ciò che era naturale, aveva introdotto in questi studi l'errore naturalistico (naturalistic fallacy), ebbe come conseguenza di allontanare generazioni di filosofi dal prendere seriamente in considerazione i rapporti tra etica e istinti2.

A seguito delle scoperte della biologia molecolare si tende oramai a fare riferimento sempre meno a una legge naturale e sempre più agli istinti, per evocare qualcosa di duraturo e permanente nella nostra vita. Da quando è stata ampiamente rivalutata una intuizione di Charles Darwin, che già nel 1871 aveva espresso la convinzione che anche l'uomo era stato provvisto dalla selezione naturale di una gran quantità di istinti in grado di determinare un altrettanto Page 596 gran numero di comportamenti3, gli psicologi - evoluzionisti o meno - da William James a Leda Cosmides e John Tooby, vanno argomentando sulla base di varie osservazioni comparate, prove di laboratorio e statistiche, che l'uomo è l'animale non soltanto con il maggior numero di istinti, ma anche con una mente molto più creativa di qualunque altro organismo vivente sul nostro Pianeta, proprio grazie anche a questo alto numero di istinti posse- duti4. In particolare è emerso con sempre maggiore chiarezza il fatto che alla base dei comportamenti umani e del fenomeno delle norme sociali, ci siano istinti ed emozioni primordiali.

Nel corso di questo capitolo si farà cenno ad alcune delle principali argo- mentazioni che sono state avanzate da vari studiosi di scienze sociali e di scienze naturali, a sostegno di questa tesi. I metodi seguiti per giungere a formulare tali argomentazioni sono molteplici: uno è la comparazione, in particolare tra alcuni comportamenti umani e alcune specie di animali che possono mostrare analogie e somiglianze; altre volte si segue il metodo di misurare l'input necessario o indispensabile affinché un individuo maturo sia in grado di acquisire una determinata conoscenza, e di stabilire se l'individuo è riuscito comunque a impossessarsi di quella conoscenza specifica, nonostante il fatto che questo input non sia presente nell'ambiente5.

Sebbene per ragioni di tempo non sia stato possibile approfondire nei particolari questa innovativa impostazione del tema e sebbene comprenda l'imbarazzo di coloro che si mantengono fedeli ai capisaldi della scienza tra dizionale su questi temi, ho sentito comunque il dovere, non soltanto di introdurre nel dibattito questi nuovi apporti delle scienze naturali, ma di accoglierne le principali istanze, dal momento che esse certamente confermano sempre più la necessità di affrontare ogni ricerca di questo tipo sulla base della teoria della complessità in conformità del paradigma della nostra era economica.

1.2. Si è più volte rilevato come ogni rivoluzione economica sia preceduta e seguita da un insieme non necessariamente unitario e coordinato di intense e prolungate attività progettuali della mente umana, in grado prima di sfociare in un nuovo modo di provvedere alla propria sopravvivenza e dopo di creare tutte quelle regole di varia natura, atte a indirizzare i comportamenti umani verso la migliore utilizzazione dei nuovi mezzi di sostentamento. Ê questo processo Page 597 mentale a circuito chiuso che tiene indissolubilmente unite le fasi che precedono, accompagnano e seguono le singole rivoluzioni economiche; che da due milioni e mezzo di anni si sovrappone nella grande famiglia degli ominidi al processo biologico tipico di tutti gli esseri viventi; che differenzia da circa 50 mila anni per quantità e intensità di risultati Homo sapiens da tutti gli altri esseri viventi che hanno vissuto sul nostro Pianeta fin dalla sua formazione.

Le innovazioni tecnologiche rappresentano quindi soltanto la materializzazione storica di un lungo, complesso, travagliato processo mentale. Ê questa la ragione per cui è possibile ricavare dalla logica concreta immanente alle innovazioni tecnologiche, che hanno determinato una rivoluzione economica e che caratterizzano uno specifico spazio antropologico, la matrice con cui si andranno a configurare le relazioni umane della nuova era economica attraverso le norme sociali. Comprendere la natura delle innovazioni tecnologiche, significa comprendere il disegno progettuale che le ha create, come pure capire la logica immanente che presiede la configurazione delle regole applicative e modellatrici del nuovo spazio antropologico.

Questo spiega perché, né la tecnologia in senso stretto, né la scienza che la facilita e che ne è influenzata, coincidono con la conoscenza che l'uomo ha conseguito durante tutta la sua evoluzione: una conoscenza che manifesta tutta la sua ampiezza, proprio quando scopre nuovi modi di procurarsi i mezzi di sopravvivenza all'interno di uno stesso habitat; quando sceglie un nuovo ambiente entro cui vivere; quando crea nuove regole per conformare i propri comportamenti alle tecniche di produzione dei beni; quando è capace di dar vita all'interno di una stessa era economica a molteplici, variegate, differenti regole di comportamento e forme di aggregazione sociale.

Essere oggi testimoni oculari della nascita di una nuova era economica e di un nuovo spazio antropologico, ci mette nella particolare condizione di godere di una speciale opportunità che le generazioni che ci hanno preceduto di rado hanno avuto. Oggi possiamo assistere, in diretta, alla fase creativa di quel processo mentale che sta dando vita alle nuove norme sociali di uno spazio antropologico. Ê un'occasione che permette...

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