Il nesso causale secondo le sezioni unite

AutoreDomenico Potetti
Pagine896-900

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@1. Premessa

- Lo scopo di queste brevi note non è certamente quello (troppo ambizioso) di fornire un quadro completo della secolare discussione sul nesso causale.

Piuttosto preme rilevare la sensazione di smarrimento che sovente consegue alla complessità dell'argomento, anche perché (e questo va a rimprovero di chi, soprattutto in giurisprudenza, dovrebbe esprimere con chiarezza al cittadino utente anche i concetti più difficili) il linguaggio in genere utilizzato per la sua trattazione risulta abbastanza oscuro anche per gli addetti ai lavori.

Vogliamo quindi provare, molto più modestamente, a fornire al lettore (anche frettoloso) una «traduzione semplice» di una fondamentale sentenza delle Sezioni unite 1, la cui conoscenza già consente all'operatore giudiziario di utilizzare processualmente, con un minimo di consapevolezza, questo argomento assolutamente centrale, e non solo per il penalista.

@2. Il concetto di nesso causale e il suo accertamento

- Nella definizione del concetto di nesso causale (sia nel diritto penale che in quello civile) domina (anche nella sentenza delle Sezioni unite che analizziamo) la «teoria condizionalistica».

Secondo questa teoria è dunque causa penalmente rilevante dell'evento la condotta umana (attiva od omissiva) che si pone come condizione «necessaria» (conditio sine qua non) nella catena dei fattori antecedenti che hanno concorso a produrre l'evento medesimo.

Si tratta, cioè, di un fattore antecedente senza il quale quell'evento (che integra l'esistenza del reato) non si sarebbe verificato.

Questa teoria è temperata mediante il riferimento alla «causalità umana», e cioè a quei fattori causali sopravvenuti, autonomi e indipendenti, che siano da soli sufficienti a determinare l'evento (v. art. 41 comma 2 c.p.); fattori sopravvenuti i quali escludono il nesso di causalità 2.

Il metodo per l'accertamento del nesso causale, come sopra inteso, consiste nel c.d. «giudizio controfattuale».

Quest'ultimo è un'operazione mentale (immaginazione), che consiste nella eliminazione mentale (immaginare che non esista) della condotta effettivamente e realmente posta in essere dall'agente, per poi verificare se l'evento sarebbe ugualmente accaduto.

Ad esempio: se il chirurgo fosse tempestivamente intervenuto (ma nella realtà non lo fece; per questo si dice «controfattuale», cioè contro il fatto reale), il paziente sarebbe ugualmente morto?

Quindi, la condotta umana è condizione necessaria dell'evento se, eliminata mentalmente dal novero dei fatti realmente accaduti, l'evento non si sarebbe verificato 3.

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Il giudizio controfattuale si applica sia ai reati di azione sia ai reati di omissione, essendo ovviamente parimenti possibile eliminare mentalmente (immaginare che non sia esistita) un'azione o un'omissione.

Eliminare mentalmente l'omissione significa immaginare che l'agente abbia posto in essere la corrispondente azione doverosa; ad esempio: il paziente sarebbe ugualmente deceduto se (immaginando che) il medico avesse tempestivamente e doverosamente somministrato il farmaco?

@3. Le basi del giudizio controfattuale

- Ma come si può affermare che, eliminata mentalmente (immaginata inesistente) quella condotta umana mediante il giudizio controfattuale, l'evento non si sarebbe verificato?

Come si può affermare, ad esempio, che se (contro il fatto) il medico avesse somministrato quel farmaco l'evento (morte del paziente) non si sarebbe verificato?

Ebbene, il giudizio controfattuale può essere formulato alternativamente (quindi, anche secondo le Sezioni unite, è sufficiente uno solo di essi) sulla base degli strumenti che seguono.

a) Le massime di esperienza (generalizzazioni del senso comune).

Sono regole empiriche (derivate, appunto, dal senso comune, o buon senso che dir si voglia).

Ad esempio, anche il buon senso ci dice che se con un'automobile si percorre una curva a fortissima velocità su strada molto bagnata generalmente si provoca un incidente.

Come tali le massime di esperienza costituiscono un criterio opinabile (anche se condiviso dalle Sezioni unite), essendosi infatti sostenuto che le generalizzazioni del senso comune (le massime di esperienza), prive dei caratteri di determinatezza della legge scientifica, mancherebbero dei presupposti minimi essenziali per poter considerare esistente il nesso causale 4.

Tuttavia le Sezioni unite, rigettando il mito delle sole leggi scientifiche, riconoscono l'utilizzabilità di questo criterio, che del resto è essenziale nei casi in cui (malattia rara, incidenti o infortuni privi di un precedente studio scientifico) manchi una legge scientifica che (mediante il giudizio controfattuale) accerti l'esistenza del nesso causale.

b) Leggi scientifiche esplicative dei fenomeni. Sono dette anche «leggi di copertura», e consistono nel frutto della migliore scienza ed esperienza del momento storico in cui si sviluppa l'accertamento giudiziario.

Queste leggi scientifiche possono essere innanzi tutto leggi «universali» (assai rare, purtroppo), le quali asseriscono (nella successione di determinati fatti) invariabili conseguenze, senza eccezioni.

In pratica esse sono in grado di assicurarci, ad esempio, che, se il medico avesse somministrato quel farmaco, certamente la morte del paziente non si sarebbe verificata.

Leggi scientifiche sono anche le leggi «statistiche».

Queste si limitano ad affermare che il verificarsi di un fatto è accompagnato dal verificarsi successivo di un altro fatto in una certa percentuale di casi e con una frequenza relativa.

Ad esempio, una legge statistica ci può assicurare che, praticando quella determinata terapia, il paziente sopravvive nel 90% dei casi.

@4. Il reato omissivo improprio e la tesi dell'aumento del rischio

- Il problema del nesso causale si pone anche per il «reato omissivo improprio» o «commissivo mediante omissione», che è realizzato da chi viola gli speciali doveri collegati ad una posizione di garanzia (posizione data dall'obbligo dell'agente di adoperarsi per evitare ad altri eventi dannosi), non impedendo il verificarsi dell'evento 5.

Il reato omissivo improprio scaturisce dall'innesto della clausola generale di equivalenza causale (non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo) stabilita dall'art. 40, comma 2, c.p., sulle varie disposizioni di parte speciale che prevedono le ipotesi-base di reato commissivo integrate dalla produzione di un evento lesivo (es. art. 582 c.p., delitto di lesioni).

Posto quanto sopra, il fondamentale intervento delle Sezioni unite che commentiamo ha avuto origine in un radicale contrasto interpretativo, formatosi all'interno della Quarta Sezione della Cassazione, in ordine alla individuazione del nesso causale tra condotta omissiva ed evento, con particolare riguardo alla materia della responsabilità professionale del medicochirurgo.

Infatti, un indirizzo allora maggioritario riteneva sufficienti (al fine di ritenere accertata l'esistenza del nesso causale fra condotta ed evento) «serie ed apprezzabili probabilità di successo» per l'impedimento dell'evento medesimo, anche se limitate, talora indicate in misura addirittura inferiore al cinquanta per cento 6.

Avveniva infatti, con particolare riferimento proprio ai settori delle attività medico-chirurgiche, delle malattie professionali, delle alterazioni ambientali e del danno da prodotto, una svalutazione del nesso causale, che pure è essenziale (quale elemento costitutivo) anche nel reato omissivo.

Più precisamente, l'incertezza, i profili altamente ipotetici della ricostruzione del nesso causale (secondo la teoria della condicio sine qua non), la pluralità e difficoltà di conoscenza dei fattori interagenti, produssero la teoria della «imputazione oggettiva dell'evento».

Secondo questa teoria, il nesso causale fra omissione ed...

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