Solidarietà e parziarietà nelle obbligazioni condominiali

AutoreRaffaele Specchi
Pagine517-525

    Relazione introduttiva svolta al 19º Convegno del Coordinamento legali Confedilizia tenutosi a Piacenza il 12 settembre 2009.

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@1. Introduzione e principi generali. Una panoramica generale

Prima di addentrarsi nella disamina dei principi, oggetto della presente relazione, è opportuna una panoramica di carattere generale.

L’art. 65 dell’ordinamento giudiziario (R.D. 30 gennaio 1941 n. 12) assegna alla Corte di cassazione, quale organo supremo della giustizia, il compito di assicurare «l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge», nonché «l’unità del diritto oggettivo nazionale».

Tali funzioni si riconducono al generale concetto di «nomofilachia» (dal greco νσµοε, che significa «norma», e ϕυλαττϖ, che significa «proteggere»), e si traducono nel ruolo, riservato alle Sezioni Unite del Supremo Collegio, di tutela dell’unità dell’ordinamento giuridico, attraverso una sostanziale uniformazione della giurisprudenza per il tramite della formulazione del corretto indirizzo da seguire nella interpretazione della legge.

In un ordinamento giuridico, quale è il nostro, strutturato secondo principi di civil law, la funzione nomofilattica svolta dal Supremo Collegio non assurge ad un ruolo autoritativo; le sentenze, infatti, si limitano a risolvere le controversie fra le parti, senza ambire alla fissazione di nuovi principi di diritto vincolanti erga omnes.

Ciò non di meno, la funzione nomofilattica è stata recentemente rivalutata e rafforzata dal legislatore, il quale, con il D.L.vo 40/2006, modificando l’art. 274 del codice di procedura civile, ha vietato alle sezioni semplici della Corte di cassazione – per come spesso accaduto in passato – di discostarsi dai principi di diritto affermati dalle Sezioni Unite, se non rimettendo motivatamente alle Sezioni Unite la soluzione della medesima questione di diritto.

La sezione semplice dissenziente non potrà mai pronunciare in difformità alle Sezioni Unite, ma dovrà uniformarsi all’indirizzo offerto da queste, oppure, a differenza di quanto avviene nei rapporti con il giudice di merito, cui è comunque dato di dissentire dal precedente autorevole della Corte, la sezione semplice dovrà rimettere la decisione del ricorso alle Sezioni Unite con ordinanza motivata, sollecitandone sostanzialmente l’eventuale rimeditazione.

In tale contesto di valorizzazione della uniformazione della giurisprudenza, va inquadrato l’intervento delle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 9148/2008, tramite la quale è stato «risolto» (vedremo poi il perché delle virgolette) il conflitto giurisprudenziale esistente in ordine alla interpretazione della natura, solidale o parziaria, tra più condomini, delle obbligazioni contratte dal condominio nei confronti dei terzi, per il tramite del suo amministratore pro tempore.

Definite le prime coordinate ermeneutiche, occorre comprendere come si sia potuti arrivare ad una tale pronunzia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione.

La disciplina legislativa in materia di condominio è racchiusa in poche norme (gli artt. 1117-1139 del codice civile) approvate negli anni ’40, in un contesto nel quale pochi erano gli italiani proprietari di appartamenti in condominio, e sconosciute erano ancora le implicazioni giuridiche che la vita condominiale avrebbe portato nel rapporto tra i condomini e nei confronti dei terzi.

Di fronte allo straordinario mutamento della realtà sociale dei decenni successivi, durante i quali si è definitivamente affermato il modello di proprietà condominiale, non si è assistito ad un analogo sviluppo della normativa codicistica dettata in materia di condominio, rimasta pressoché immutata.

L’inerzia del legislatore, che non ha saputo rispondere alle istanze provenienti dalla realtà sociale ed economica circostante, ha così costretto la giurisprudenza, di merito e di legittimità, ad un lodevole sforzo interpretativo, volto a colmare le numerose e sempre nuove lacune del dettato legislativo, ed a risolvere le problematiche sociali conseguenti.

Tale è il contesto nel quale sono intervenute le Sezioni Unite con la sentenza n. 9148/2008, che ha cercato di fornire una tutela giuridica al condomino adempiente, costretto spesso – a causa del principio di solidarietà delle obbligazioni condominiali e per non subire l’esecuzione forzata dei propri beni – a pagare in sostituzione dei soggetti non più in bonis e comunque insolventi.

Le Sezioni Unite, tuttavia, nell’affermare il nuovo principio della parziarietà delle obbligazioni condominiali, sono chiaramente andate al di là dell’obiettivo prefissato, rivoluzionando l’intera disciplina dell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie.

La forzatura delle regole dell’ermeneutica compiuta dal Supremo Collegio, lungi dal garantire quella certezza del diritto della quale la società moderna necessita, è destinata ad aggravare le proble-Page 518matiche già note agli addetti ai lavori, i quali, posti di fronte alle sconsolanti conseguenze di tale decisione, non possono che correre ai ripari, individuando possibili soluzioni su almeno tre fronti: l’intervento legislativo, il mutamento giurisprudenziale e la modifica delle prassi.

La presente relazione, con molta umiltà, cercherà di fare il punto in ordine all’attuale «stato dell’arte» – normativo e giurisprudenziale – relativamente alla questione della natura, solidale o parziaria tra i condomini, delle obbligazioni contratte dal condominio in favore di un terzo, rilevandone le ricadute pratiche, per poi concludere con l’esplorazione delle possibili soluzioni alle nuove problematiche che conseguono al citato intervento delle Sezioni Unite.

Il tutto con la consapevolezza che le soluzioni giuridiche prospettate dal Supremo Collegio a Sezioni Unite, sebbene formalmente destinate a diventare regula iuris per tutti gli operatori del settore, potrebbero avere vita ragionevolmente breve a causa delle critiche provenienti da più parti e delle modifiche, auspicate ed attese, sotto il profilo legislativo.

@2. Nozioni generali: l’obbligazione

– L’obbligazione può essere definita come quel rapporto giuridico in forza del quale un soggetto (debitore) è costretto ad una prestazione economicamente valutabile al fine di soddisfare un interesse, anche non patrimoniale, di un altro soggetto (creditore).

L’istituto dell’obbligazione trae origine dal diritto romano, dove è stato compiutamente definito nel Corpus Iuris Civilis di Giustiniano1. A seguito della nazionalizzazione del diritto conseguente alla formazione degli Stati moderni, il concetto di obbligazione è stato ripreso dai primi codici approvati dai Paesi di civil law, dove ha assunto un ruolo centrale: tra questi, il Code Napoléon del 1804 ed il codice civile italiano del 1865.

Nel codice civile italiano vigente, promulgato nel 1942, alle obbligazioni è dedicato l’intero libro IV; ciò non di meno, in tutto il codice civile manca una precisa definizione della obbligazione.

Alla luce della complessiva disciplina in esso contenuta, è possibile affermare che l’obbligazione:

– trae origine da un elenco aperto di fonti, individuate dall’art. 1173 c.c., rappresentate dal contratto, dal fatto illecito e da «ogni altro fatto o atto idoneo a produrle in conformità all’ordinamento giuridico»;

– deve coinvolgere sempre almeno due soggetti, di cui uno passivo, il debitore, e uno attivo, il creditore;

– ha sempre ad oggetto una prestazione, ovverosia un comportamento di contenuto positivo (fare o dare) o negativo (non fare), suscettibile di valutazione economica, corrispondente a un interesse del creditore, anche non patrimoniale, prestazione che deve essere possibile (suscettibile di esecuzione), lecita (non contraria alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume) e determinata o determinabile;

– richiedendo la necessaria interazione dei soggetti coinvolti, si connota per i caratteri della mediatezza e della relatività, e, pertanto, si contrappone ai diritti reali, che si connotano per i caratteri di immediatezza e di assolutezza.

A chiarimento dell’ultimo enunciato, può essere utile precisare:

per assolutezza si intende che un determinato diritto venga protetto, da parte del titolare, in maniera assoluta (cioè, verso tutti); in modo che nessuno possa violarlo;

per immediatezza significa che il titolare del diritto ne può disporre immediatamente; per esempio, in caso di acquisto di una casa, si può disporre di essa nel momento in cui ha luogo la firma del contratto;

per mediatezza significa che il titolare del diritto, per goderne, deve attendere l’intervento di un altro soggetto. Per esempio, avendo un credito verso una persona, i soldi che spettano si avranno soltanto se li darà il debitore;

per relatività, significa che il titolare del diritto può relazionarsi soltanto con una determinata persona e con nessun altro. L’esempio di prima rivela che la persona è il debitore che deve effettuare il pagamento.

È da dire che le nuove dottrine del diritto privato stanno indebolendo questa teoria, in ragione del fatto che le indicate caratteristiche, in qualche caso, possono essere interscambiate. Un diritto reale può essere mediato, dato che esistono dei casi in cui non basta firmare un contratto di compravendita per poter immediatamente godere della casa appena acquistata. Viceversa, per quanto riguarda i diritti di obbligazione.

@3. Natura e presupposti delle obbligazioni solidali

– L’obbligazione che lega un solo debitore e un solo creditore si definisce soggettivamente semplice; laddove l’obbligazione coinvolga più di un debitore e/o più di un creditore, si definisce soggettivamente complessa.

Le obbligazioni soggettivamente complesse, disciplinate dagli artt. 1292-1320 c.c., si distinguono in obbligazioni parziarie ed obbligazioni solidali.

Nelle prime, la prestazione è divisibile e ciascun debitore è obbligato soltanto per la sua parte o ciascun creditore ha diritto di pretendere soltanto la sua parte.

Nelle seconde, vi sono più debitori obbligati per la medesima...

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