La negoziazione di clientela professionale: ragioni, prassi e nuovo assetto giuridico

AutoreMinunno, Lorezo
Pagine41-75
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CAPITOLO SECONDO
LA NEGOZIAZIONE DI CLIENTELA PROFESSIONALE:
RAGIONI, PRASSI E NUOVO ASSETTO GIURIDICO
SOMMARIO: 1. Alla radice dei processi di circolazione di clientela professionale:
l’imprenditorializzazione delle libere professioni. - 2. La circolazione di
clientela professionale nella prassi. - 3. L’art. 36, co. 2 del D.L. 4 luglio
2006, n. 223 e la cessione di clientela professionale.
Insieme a premesse, significati e accezioni appena acquisiti,
per il raggiungimento delle finalità dichiarate appare necessario
uno sforzo di contestualizzazione.
Per potersi, cioè, consapevolmente appropriare delle ragioni
che hanno favorito lemersione del problematico fenomeno della
circolazione onerosa delle clientele professionali, occorre pre-
liminarmente chiarire quali siano state quelle radicali trasforma-
zioni di natura etico-sociale cui più sopra si faceva cenno
che hanno determinato lo scompaginamento di inveterati assetti
attinenti ai trasferimenti di clientela professionale.
In un secondo tempo, si potrà poi passare allaccertamento
di quali siano stati sul piano prasseologico i riflessi indotti da
quei cambiamenti.
Soltanto su tali basi, sarà infine possibile verificare come e so-
prattutto con quali prospettive, quel cammino, avviatosi sul piano
etico e sociale e poi proseguito su quello prasseologico, abbia da
ultimo trovato il proprio compimento attraverso un riconoscimento
sul piano giuridico.
1. Alla radice dei processi di circolazione di clientela pr ofessio-
nale: limprenditorializzazione delle libere professioni
Occorre innanzitutto comprendere per quale motivo, a diffe-
renza che in passato, esista oggi il problema relativo alla circola-
zione onerosa di clientela professionale.
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Più banalmente, occorre spiegare perchè tale fenomeno oggi
esista. Perchè si sia proposto, come lo abbia fatto e, in ultima ana-
lisi, che nome esattamente portino quegli stravolgimenti, già più
volte richiamati, intervenuti a livello etico-sociale.
Problemi e interrogativi sollevati sembrano dover essere convo-
gliati entro la più ampia cornice costituita dalla conclamata crisi della
risalente e netta scissione tra attività dimpresa e attività libero-
professionale.
Tale profonda distinzione si è per decenni nitidamente manife-
stata attraverso la completa differenziazione delle sfere di regole e
caratteristiche legate alluna e allaltra attività.
Alle stesse, divergenti tanto sul piano ontologico che su quello
del consequenziale trattamento normativo, si sono tradizionalmen-
te ricondotti due tipi di clientela radicalmente differenti tra loro e,
come tali, depositari di regole e precetti altrettanto differenti.
In virtù di ciò si è sempre guardato alla clientela commerciale
e a quella professionale come entità concettualmente quasi con-
trapposte, certamente ben distinte luna dallaltra.
Con particolare aderenza al nostro argomento, elemento distin-
tivo cardinale fra le due categorie ha storicamente trovato posto
nella negoziabilità riconosciuta alla clientela commerciale e non,
invece, alla clientela professionale1.
È di tutta evidenza, allora, come lo spontaneo affiorare di for-
me di trasferimento remunerato proprio di clientela professionale,
contraddica quella perdurante, e mai apertamente contestata, linea
di demarcazione.
Più nello specifico, un tale accadimento denota un progressivo
avvicinamento della clientela, o meglio dellintera attività profes-
sionale, a quelle commerciali.
Occorre, dunque, soffermarsi sulla profonda rivisitazione del
concetto stesso (ma anche della concezione) tanto di libera profes-
sione che di libero professionista.
Più generalmente, non si può ignorare come sia tuttora in atto
un processo di metamorfosi in chiave mercantile delle libere pro-
fessioni.
1 V. anche cap. II, § 2.2.
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Un processo che, se da un lato ne sta stravolgendo lantica va-
lenza e soprattutto il ruolo e il significato sociale, per altro verso con-
tribuisce alla costituzione di un fertile retroterra per il conseguimento
di una più compiuta patrimonializzazione della clientela professiona-
le, la quale, in questa nuova veste, gode di un sensibile avvicinamen-
to a concezioni e disciplina che erano state tradizionalmente riservate
soltanto a quella di tipo commerciale.
In realtà, il descritto fenomeno che, con espressione forse poco
elegante, ma certamente efficace, si potrebbe definire di imprendi-
torializzazione delle libere professioni2, rappresenta tuttaltro che
una mera astrazione scolastica. Esso si manifesta infatti nitidamen-
te attraverso sintomi inequivocabili, che si possono cogliere a più
livelli direttamente sul piano giuridico.
Già prima del D.L. 223/2006 (che ovviamente meriterà speci-
fica e separata analisi) taluni provvedimenti normativi, innanzitut-
to comunitari, lasciavano trasparire un modo diverso di guardare
alle libere professioni.
Questo è senzaltro vero in relazione allart. 50 del Trattato
U.E.: certamente controverso, ma esplicito nel porre sullo stesso
piano libere professioni e attività di carattere industriale, commer-
ciale e artigianale, sul presupposto che tutte, senza distinzione, so-
no finalizzate allofferta di servizi3, mostrando così di condividere
la medesima natura commerciale ed imprenditoriale.
Appartiene invece al diritto interno, pur essendo di chiara ma-
trice e ispirazione comunitaria, lart. 33 (che sostituisce il vecchio
art. 1469-bis c.c.) del Codice del Consumo, il quale, nel disciplina-
re i contratti del consumatore sotto il profilo delle clausole vessa-
2 In questi termini anche Ibba, Sulla riforma delle libere professioni, in Riv.
dir. privato, 2000, p. 165.
3 L’affermazione, già propria del Trattato istitutivo della CEE, e allora insi-
ta nell’art. 60, continua a formare parte integrante anche della versione consoli-
data del Trattato, che al citato art. 50 recita come “ai sensi del presenta trattato,
sono considerate come servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribu-
zione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circo-
lazione delle merci, dei capitali e delle persone. I servizi comprendono in parti-
colare: a) attività di carattere industriale, b) attività di carattere commerciale, c)
attività artigiane, d) attività delle libere professioni. (...).” Cfr. Gazzetta Ufficiale
n. C 340, 10.11.1997.

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