Il risarcimento negato ovvero: «serio ristoro» anche per I locatori? (L'art. 1591 C.c. E l'art. 6, Comma 6, l. N. 431/1998)

AutoreNino Scripelliti
Pagine681-687

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@1. Premessa

Dieci anni non sono stati sufficienti perché le diverse opinioni ed interpretazioni, in dottrina ed in giurisprudenza del combinato disposto dell'art. 1 bis, D.L. 551/1998 (convertito con L. n. 61/1989) e dell'art. 1591 c.c. consentissero di raggiungere un ragionevole grado di certezza della disciplina della responsabilità e del risarcimento da carico dell'ex conduttore che ritarda il rilascio dell'immobile locato dopo la cessazione del rapporto. E ora, ancora non sopito il dibattito in dottrina ed in giurisprudenza, l'art. 6, comma 6, (nel seguito per brevità indicato anche come art. 6/6, e così 6/1, 6/2, 6/3) della L. n. 431/1998 ha aggiunto ulteriori dati normativi 1.

@2. L'art. 1591 c.c. e l'ordinaria disciplina risarcitoria

L'art. 1591 c.c., detta principi generali in materia di locazione e non solo di locazione di immobili abitativi, e già presenta profili di singolarità (che la dottrina non ha mancato di rilevare) 2 nel sistema di responsabilità contrattuale. La norma, infatti, che appare strutturata sulla base della ordinaria identificazione della condizione del locatore con quella del proprietario ancorché sia noto che il locatore e proprietario non necessariamente coincidono e che la legittimazione alla locazione non presuppone la proprietà (onde l'art. 1591 c.c. riconosce al locatore il pregiudizio che egli potrebbe subire, ordinariamente, come proprietario), ed opera, a) forfettizzando il pregiudizio da lucro cessante; e b) in secondo luogo ammettendo il risarcimento del danno ulteriore o maggior danno e quindi ogni ulteriore lucro cessante e danno emergente.

All'obbligo del pagamento del canone dopo la scadenza del rapporto di locazione, subentra questa sorta di perpetuatio obbligationis dell'ex conduttore, alla quale sul piano dei principi si deve la evanescente e risalente figura della locazione de facto (mai emersa completamente nella sistemazione della materia) 3 e della più o meno consapevole presupposizione, soprattutto nella giurisprudenza di merito, di un inadempimento dell'ex conduttore a imitata illegittimità.

L'art. 1591 è in realtà già strutturato come clausola penale, caratterizzata da un minimale ragguagliato al canone cessato, e che al pari delle clausole penali tipiche (art. 1382, c.c.) ammette il risarcimento del maggior danno, sia omogeneo al canone (per esempio canoni di maggior importo che il locatore avrebbe percepito stipulando una locazione pluriennale), sia eterogeneo e quindi di tipo diverso. Ciò comporta non lievi problemi di adattamento e di applicazione, come accadrebbe se si intendesse cumulare l'ordinario risarcimento in misura corrispondente al canone, con il danno determinato dalla mancata o ritardata vendita dell'immobile locato: cumulo che potrebbe determinare una locupletazione non giustificata.

Nemmeno pare agevole individuare il limite entro il quale si può parlare con certezza di danno diretto ed immediato quale conseguenza dell'inadempimento, non mediato da fatti aventi incidenza causale eventuale o da comportamenti e scelte del locatore che non rappresentino l'id quod plerumque accidit. Per esempio, la vendita del bene locato per destinarne il ricavato ad un investimento più redditizio nel breve periodo, è scelta da considerare ordinaria e normale per il risparmiatore medio ispirato a prudente collocazione delle sue risorse? Conseguentemente il comportamento inadempiente dell'ex conduttore che di fatto impedisca tale investimento (riducendo com'è notorio, almeno del 30 per cento il valore commerciale dell'immobile locato, se occupato) è fonte di responsabilità? Ovvero la redditività dell'investimento immobiliare rispetto a quello mobiliare, va forse valutata nel medio lungo periodo, cosicché mantenendo la proprietà dell'immobile, il locatore ha in realtà avuto un beneficio ed evitato un danno futuro? La natura espressamente risarcitoria dell'indennità ex art. 1591 c.c., è alla base della recente sentenza della Corte costituzionale n. 362/2000.

Tra le singolarità dell'art. 1591, nemmeno andrebbe sottaciuta la inderogabilità del minimale pari all'ultimo canone dovuto dal conduttore, e che esclude quindi la facoltà di questo ultimo inadempiente, di dimostrare che l'immobile locato ha un valore locativo inferiore all'ultimo canone o addirittura, nessun valore locativo. Ed il fatto che fino ad oggi il concreto andamento del mercato delle locazioni abitative, abbia escluso ogni interesse a tale dimostrazione, non esclude che quest'interesse possa sorgere in futuro (come in qualche misura è accaduto per locazioni non abitative, dove i canoni hanno subito una correzione al ribasso).

@3. La giurisprudenza in tema di art. 1591 c.c.

La Corte di cassazione ha fissato nel corso degli anni alcuni principi, ora del tutto consolidati:

- la natura contrattuale della responsabilità dell'ex conduttore con conseguente esonero del locatore dalla dimostrazione della colpa o del dolo dell'inadempiente 4;

- la irrilevanza agli affetti della illegittimità oggettiva del comportamento del conduttore, dei differimenti (legali, giudiziari, di fatto o amministrativi - si pensi alle farmacie ed alla graduazione ex D.L. n. 551/1988) e dei tempi delle esecuzioni degli sfratti, così come l'irrilevanza della generale crisi delle locazioni abitative a causa della eliminazione del mercato ad opera L. n. 392/1978, tuttavia mai assurta nel giudizio della Corte, a stato di necessità o ad impossibilità di adempimento (art. 1256 c.c.) 5;

- la limitazione della responsabilità dell'ex conduttore inadempiente, in linea di principio, alla mancata percezione di maggiori canoni rispetto al canone dovuto, ma nel contempo, l'esigenza agli effetti della dimostrazione dell'an e del quantum, della prova rigorosa e puntuale delle possibilità perdute di locazioni a canone maggiore di quello corri- Page 682 sposto dall'ex conduttore, escluso ogni possibile riferimento al canone di mercato pur concretamente ritraibile dall'immobile se fosse stato disponibile per la locazione 6.

@4.Gli innesti normativi sul testo dell'art. 1591 c.c. ed i due sbarramenti

Nel periodo del canone legale delle locazioni abitative e quindi in difetto del riferimento al possibile maggior ricavo legittimo da parte del locatore, la supposta limitazione del risarcimento di cui all'art. 1 bis, D.L. n. 551/1988 non ha avuto modo di produrre effetti concreti, che invece si sono verificati al momento delle introduzioni dei patti in deroga (art. 11, D.L. 333/1992), quando è stato ripristinato un valore locativo oggettivamente rilevabile come più che doppio rispetto al canone legale.

Il combinato disposto dell'art. 1591 c.c. e dell'art. 1 bis, ha suscitato un vivace dibattito in dottrina e giurisprudenza, che ha visto la contrapposizione di due tesi:

- quella della totale forfettizzazione del pregiudizio subito dal locatore e presunto juris et de jure nella misura dell'intero canone dovuto, maggiorato del 20 per cento ed aggiornato annualmente, a copertura del maggior danno la cui risarcibilità è prevista dall'art. 1591 c.c.;

- l'interpretazione secondo la quale l'incremento del 20 per cento dell'ultimo canone, non esclude il diritto del locatore all'ulteriore maggior danno.

La prima delle due tesi comprende anche la variante secondo la quale la riduzione forfettaria dovrebbe essere ritenuta limitata al 30 aprile 1989, data della sospensione dell'esecuzione degli sfratti nelle zone c.d. a tensione abitativa ai sensi dell'art. 1 del D.L. 551/1988 7.

Allo stato, la disponibilità di dati giurisprudenziali consente di affermare che il primo dei due orientamenti appare prevalente nella giurisprudenza di merito 8, mentre è dubbio che tale orientamento abbia trovato conferma nella giurisprudenza della Corte di cassazione 9. Quindi appaiono minoritarie le affermazioni della giurisprudenza di merito ispirate alla seconda tesi.

Dunque, sul piano sostanziale il principio prevalente nella giurisprudenza di merito della forfettizzazione nella misura del 20 per cento, e, sul piano processuale il principio imperante nella giurisprudenza di legittimità della necessità della prova puntuale e specifica del danno subito dal locatore sotto forma di perdita di occasioni specifiche di locazione a canone maggiore, hanno rappresentato e rappresentano tuttora due sbarramenti contro i quali si sono infrante le domande risarcitorie dei locatori. La ricerca delle ragioni sostanziali di tali correnti di pensiero appare oggi sterile esercizio, come ipotizzare se nella questione abbia giocato un ruolo di rilievo, il convincimento più o meno inespresso ed inconsapevole (al quale sopra si è accennato) della, tutto sommato, relativa ed attenuata, se non giustificata, illegittimità del comportamento dei conduttori, così come altrettanto inespresso intendimento di estendere l'ambito del canone legale (equo canone) anche oltre i limiti temporali rappresentati dalla scadenza del contratto.

Come che sia (ormai questi rilievi hanno sempre più valore storico e sempre meno valore pratico), personalmente ho sempre ritenuto che sotto il profilo funzionale e della interpretazione letterale e sistematica, l'art. 1 bis, D.L. n. 551/1988, abbia implementato e quindi modificato solo la prima parte dell'art. 1591 c.c., richiamato come norma base non abrogata nemmeno parzialmente, maggiorando del 20 per cento il danno minimo legale 10, ma lasciando inalterata seconda parte della norma nella quale si ammette la risarcibilità del danno ulteriore, se dimostrato: ciò sulla base del rilievo secondo il quale nessuna espressione dell'art. 1 bis autorizza a ritenere abrogato il riferimento testuale alla risarcibilità del maggior danno; né elementi in tal senso possono essere dedotti dalla presunta finalità della norma, alla quale si deve attribuire lo scopo di un maggiore e più equo contemperamento dei diversi interessi in conflitto, ma non certo quello di estendere il canone legale in favore di ex conduttori oltre la scadenza del rapporto locativo, quando...

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