La natura e la struttura dei contratti di investimento

AutoreDaniele maffeis
Pagine67-92

Relazione al convegno in data 22 maggio 2009 «La disciplina civilistica dei contratti di investimento» tenutosi presso l'Università degli Studi di Milano.

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@1. Una lettura civilistica

Sono passati 11 anni da quando si sottolineava che la disciplina dei mercati finanziari è oggetto di due diversi modelli di lettura, uno «commercialistico bancario» ed uno «civilistico», con quello «commercialistico bancario prevalente sul modello civilistico» e che «si propone come unico o principale» e si osservava con pacatezza che «non è il caso di proporre un ribaltamento di prospettiva»1.

Poi la prospettiva si è ribaltata per la forza degli eventi perché è stato un decennio di autentica esplosione del contenzioso, quindi di proliferazione a pioggia di soluzioni giurisprudenziali, tutte da verificare da parte del civilista, perché il contratto e la responsabilità civile sono argomenti del diritto civile.

Si può tentare di lavorare con le categorie ordinanti o in prospettiva funzionale.

Ê vero che oggi all'interprete sembra imporsi una prospettiva funzionale2, ma la via preferibile resta di provare a «rinvenire, dove esista e dove sia possibile farlo persistere, qualcosa di unitario negli istituti, piuttosto che insistere nel compiaciuto lavoro di demolizione»3.

Nella presente relazione vorrei tentare di richiamare qualche categoria ordinante e vedere se per questa strada si possano identificare soluzioni che sono soddisfacenti anche in chiave funzionale.

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Mi chiederò se c'è e cosa è il limite di ordine pubblico nell'intermediazione finanziaria4, perché l'intermediario deve curare l'interesse dell'investitore e cosa significa curare l'interesse dell'investitore5, entro quali limiti l'intermediario deve sacrificare l'interesse proprio6, quando la volontà dell'investitore cede il passo all'integrità dei mercati7, come e perché si producono in capo all'investitore gli effetti dell'operazione di investimento8.

@2. Il limite di ordine pubblico nell'intermediazione finanziaria

Noi oggi parliamo della disciplina civilistica dei contratti, ma la disciplina dei contratti, per il legislatore comunitario, è un accidente.

Lo testimonia bene il linguaggio tortuoso del Considerando n. 33 della Direttiva mifid di primo livello che per dire che il contratto vincola l'intermediario a curare l'interesse dell'investitore adopera cinque righe: «Ê necessario imporre effettivamente alle imprese di investimento un obbligo di esecuzione alle condizioni migliori in modo da garantire che esse eseguano gli ordini alle condizioni più favorevoli per il cliente. Questo obbligo dovrebbe applicarsi alle imprese di investimento che hanno obblighi di natura contrattuale o derivanti da un rapporto di intermediazione nei confronti del cliente».

Più che i contratti, al legislatore comunitario9, interessa di disciplinare (i) i mercati e (ii) l'organizzazione degli intermediari.

Sul significato della scelta politica credo si debba fare un approfondimento.

La disciplina dei mercati ha come obiettivo la massima possibile espansione dell'industria dei mercati finanziari che presuppone la liquidità10 e, a monte, la fiducia degli investitori11.

A sua volta, la fiducia degli investitori presuppone che si prevengano situazioni Page 69 di delusione generalizzata, perché nel mercato europeo dominano risparmiatori scarsamente avvezzi a digerire le perdite dei loro capitali.

Se questo, in sintesi, è ciò che interessa al legislatore comunitario, al civilista interessa il contratto, che ovviamente risente della scelta politica del legislatore e che non è un accidente solo perché il legislatore lo considera tale.

L'espressione contratti di investimento12 può riferirsi a due fenomeni diversi13.

Da un lato, esistono i contratti su strumenti finanziari14 di cui consiste l'investimento15, Page 70 ciascuno dei quali ha regole sue proprie e diverse, nei mercati regolamentati, nei sistemi multilaterali o nelle altre piattaforme di negoziazione16.

Dall'altro, esistono i contratti tra intermediari ed investitori in forza dei quali l'intermediario finanziario17 compie l'investimento per conto dell'investitore18.

La tutela dell'investitore è molto accentuata al livello del rapporto contrattuale con l'intermediario19.

Alcuni dati sono significativi.

Noi non abbiamo un Testo Unico della Finanza, ma un Testo Unico dell'Intermediazione Finanziaria, che disciplina in generale i mercati finanziari ma, quanto ai contratti, si occupa in larga prevalenza di disciplinare profili che riguardano la conclusione e l'esecuzione dei contratti tra intermediari ed investitori mentre si limita a dettare definizioni, e solo eccezionalmente profili di disciplina, di contratti su strumenti finanziari20.

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Mentre compare soltanto la menzione del contratto di collocamento, che integra servizio di investimento, ma è un contratto tra intermediario ed emittente21.

Se sfogliamo il repertorio del Foro italiano constatiamo che per i contratti del mercato finanziario la voce aperta è una sola ed è la voce Intermediazione finanziaria. Fino al 2000 esiste la voce aperta Valori mobiliari, dal 2001 esiste la voce aperta Intermediazione finanziaria e se si cerca Valori mobiliari c'è la sola voce di rimando ad Intermediazione finanziaria. Non c'è una voce aperta Strumenti finanziari ma solo una voce di rimando alla voce Intermediazione finanziaria. E c'è una voce Borsa, che però è dedicata pressoché totalmente a profili strettamente organizzativi e pubblicistici.

Ci sono pericoli propri delle operazioni su strumenti finanziari e pericoli propri dei servizi prestati dagli intermediari: il regolamento intermediari a più riprese si riferisce, da un lato, ai «rischi che lo strumento (...) comporta», dall'altro, ai «rischi che (...) il servizio di investimento (...) comporta»22. E la c.d. legge di riforma del risparmio aveva modificato l'art. 21 TUF con l'espressa previsione della classificazione, distintamente, del «grado di rischiosità dei prodotti finanziari» e del «grado di rischiosità delle gestioni di portafogli di investimento».

Per favorire la massima possibile espansione dell'industria dei mercati finanziari la scelta politica del legislatore comunitario può essere sintetizzata dicendo che il legislatore fa dell'intermediario un guardiano dell'integrità dei mercati23.

Naturalmente, come tutte le scelte politiche, ivi comprese quelle a favore del mercato, questa è una scelta di ordine pubblico economico che comporta una «logica del rischio precostituita dal legislatore» che come tale l'interprete deve rispettare, «giusta o ingiusta che sia»24 e che probabilmente si spiega anche con la consapevolezza da parte del legislatore dei limiti di efficienza quantomeno ad oggi delle autorità di controllo che lo inducono a recuperare a valle spazi di tutela25.

La scelta di fare dell'intermediario un guardiano dell'integrità dei mercati comporta delle conseguenze.

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Una è che i pericoli propri degli strumenti finanziari - l'alea26 e la complessità27- incidono sui contratti tra intermediari ed investitori28 che a loro volta sono caratterizzati dal pericolo, ulteriore e diverso, dell'opportunismo29.

Così in dipendenza del grado di alea e di complessità dello strumento finanziario, l'attività degli intermediari può essere considerata a tutti gli effetti pericolosa ai sensi dell'art. 2050 coc.civ. con la precisa conseguenza che l'intermediario è responsabile del danno patito dall'investitore fino a quando non fornisca la prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno; è una soluzione piuttosto importante che, finora inascoltati, hanno già evidenziato in uno scritto del 1992 Vincenzo Scalisi e in un saggio del 2005 Giorgio De Nova, entrambi evidenziando che il carattere pericoloso dell'attività dipenderebbe dalla ricorrenza della «natura dei mezzi adoperati»30.

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L'argomento contrario all'accoglimento di questa soluzione è che l'alea che caratterizza le operazioni su strumenti finanziari è una nozione diversa dal «pericolo» al quale fa riferimento l'art. 2050 cod.civ.

Ma si deve replicare che, in fatto, al maggior grado di alea corrisponde un maggior grado di pericolo di perdita del capitale investito o, in certe operazioni, di somme superiori al capitale investito e originariamente non prevedibili, in diritto, è la logica precostituita dal legislatore che conduce a qualificare l'alea del contratto su strumenti finanziari in termini di pericolo rappresentato per l'investitore dall'attività dell'intermediario. E quindi non solo ricorre la pericolosità della «natura dei mezzi adoperati», com'è stato già sostenuto, ma, a mio avviso, ricorre ancora più in radice l'espressa qualificazione dell'attività in termini di pericolo da parte del legislatore: e la Corte di cassazione è fermissima nell'insegnare che «ai fini della responsabilità per attività pericolosa di cui all'art. 2050 c.c., costituiscono attività pericolose (...) quelle che tali sono qualificate (...) da (...) leggi speciali»31 con l'ulteriore precisazione che «l'accertamento in concreto se una certa attività (...) possa o meno essere considerata pericolosa ai sensi dell'art. 2050 c.c. (...) implica un accertamento di fatto» esclusivamente quando essa non sia già «espressamente qualificata come pericolosa da una disposizione di legge»32.

Ne consegue che l'intermediario risponde, se non prova che i suoi dipendenti erano dotati della specifica competenza e del necessario supporto aziendale che consentiva loro di gestire in maniera consapevole l'operazione nell'interesse del cliente. Se ad eseguire un ordine di acquisto di covered warrant è l' ex cassiere destinato pour cause ad inserire ordini, la piccola BCC risponde. E l'intermediario è responsabile, se non prova che in mancanza di offering circular ha acquisito aliunde ogni possibile informazione trasmettendola all'investitore.

I conseguenti costi a carico di ciascun intermediario potranno indirizzarlo nella scelta su quali strumenti operare; certo il...

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