N. 220 SENTENZA 19 - 21 settembre 2012

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente:Alfonso QUARANTA;

Giudici :Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,

Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,

Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 5, comma 2, della legge 7 marzo 1986, n. 65 (Legge-quadro sull'ordinamento della polizia municipale), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia nel procedimento vertente tra Collana Carmelo e l'Ufficio Territoriale del Governo di Agrigento ed altri, con ordinanza del 7 aprile 2011, iscritta al n. 168 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 2011.

Visto l'atto di costituzione di Collana Carmelo nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 19 giugno 2012 il Giudice relatore Giuseppe Frigo;

uditi l'avvocato Paolo Accardo per Collana Carmelo e l'avvocato dello Stato Maria Elena Scaramucci per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza depositata il 7 aprile 2011, il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 97 e 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 5, comma 2, della legge 7 marzo 1986, n. 65 (Legge-quadro sull'ordinamento della polizia municipale).

Il giudice a quo premette che nel marzo 2005 il Sindaco del Comune di Canicatti' aveva chiesto al Prefetto di Agrigento di conferire la qualifica di agente di pubblica sicurezza, ai sensi della norma denunciata, a diciassette dipendenti comunali, assunti da detto Comune con la qualifica di vigile urbano. Con provvedimento del 21 agosto 2006 il prefetto aveva respinto la richiesta in rapporto ad uno di detti dipendenti, sulla base di una duplice valutazione negativa: la prima relativa al suo 'ambito parentale' (essendo il padre e lo zio sospettati di appartenenza ad una organizzazione mafiosa ed essendo stato il fratello condannato per spaccio di sostanze stupefacenti, anche se successivamente riabilitato); la seconda concernente la condotta dello stesso interessato (il quale si accompagnerebbe con soggetti dediti al consumo e allo spaccio di sostanze stupefacenti e appartenenti alla criminalita', sia comune che organizzata).

Il provvedimento era stato impugnato innanzi al Tribunale rimettente dal vigile urbano interessato, il quale aveva lamentato in aggiunta ad altri motivi - che il diniego risultasse fondato su ragioni esorbitanti dall'ambito delle valutazioni rimesse all'autorita' prefettizia dalla disposizione censurata.

Ad avviso del giudice a quo, in relazione a tale motivo, il ricorso dovrebbe essere accolto. L'art. 5, comma 2, della legge n. 65 del 1986 prevede, infatti, che il prefetto conferisca, previa comunicazione del sindaco, la qualita' di agente di pubblica sicurezza al personale che svolge il servizio di polizia municipale, dopo aver accertato che gli interessati siano in possesso di tre requisiti: 'a) godimento dei diritti civili e politici; b) non aver subito condanna a pena detentiva per delitto non colposo o non essere stato sottoposto a misura di prevenzione; c) non essere stato espulso dalle Forze armate o dai Corpi militarmente organizzati o destituito dai pubblici uffici'. Alla luce di una consolidata interpretazione giurisprudenziale, qualificabile come 'diritto vivente', il conferimento della qualita' di agente di pubblica sicurezza al personale in questione costituirebbe atto vincolato, privo di qualsiasi margine di discrezionalita', rimanendo subordinato alla sola verifica dei requisiti tassativamente indicati dalla norma, senza alcuna possibilita' di estensione del sindacato dell'autorita' prefettizia alla 'posizione familiare' e al comportamento del soggetto interessato.

Il rimettente dubita, tuttavia, della legittimita' costituzionale di tale assetto, rilevando come esso appaia 'largamente distonic[o]' rispetto alla disciplina intesa a contrastare le infiltrazioni mafiose nei contratti pubblici, contenuta nella legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere), nel decreto legislativo 8 agosto 1994, n.

490 (Disposizioni attuative della legge 17 gennaio 1994, n. 47, in materia di comunicazioni e certificazioni previste dalla normativa antimafia nonche' disposizioni concernenti i poteri del prefetto in materia di contrasto alla criminalita'...

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