N. 40 SENTENZA 21 novembre 2011 - 23 febbraio 2012

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Alfonso QUARANTA;

Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,

Giorgio LATTANZI;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito delle note del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2009, n. 50067/181.6/2/07.IX.I, e del 22 dicembre 2009, n. 52285/181.6/2/07.IX.I, promosso dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Perugia con ricorso notificato il 14-19 gennaio 2011, depositato in cancelleria il 2 febbraio 2011 ed iscritto al n. 7 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2010, fase di merito.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 2011 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro, sostituito per la redazione della sentenza dal Giudice Giuseppe Frigo;

Uditi l'avvocato Federico Sorrentino per il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Perugia e gli avvocati dello Stato Aldo Linguiti e Massimo Giannuzzi per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso (qualificato come 'ordinanza/ricorso') depositato il 15 giugno 2010, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Perugia - nell'ambito di un processo penale affidatogli - ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione alle note del 3 dicembre 2009, n. 50067/181.6/2/07.IX.I, e del 22 dicembre 2009, n. 52285/181.6/2/07.IX.I, aventi ad oggetto la conferma del segreto di Stato opposto in sede di conclusione delle indagini da due persone, poi imputate in detto processo.

1.1. - Riferisce il ricorrente di doversi pronunciare sulla richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero nei confronti del generale Nicolo' Pollari, gia' direttore del Servizio per le informazioni e la sicurezza militare (SISMI) dal 15 ottobre 2001, e di Pio Pompa, consulente dal novembre 2001 e quindi dipendente del medesimo Servizio dal dicembre 2004 al dicembre 2006, quale direttore di sezione addetto all'ufficio del direttore.

Agli imputati e' contestato, in primo luogo, il delitto di peculato aggravato continuato in concorso (artt. 314, 81, secondo comma, 61, numero 2, e 110 del codice penale). Secondo l'ipotesi accusatoria, tra il 2001 e il luglio 2006, il Pompa - su richiesta o, comunque, con l'approvazione del Pollari, suo superiore gerarchico avrebbe svolto attivita' dirette alla raccolta e all'elaborazione di informazioni sulle opinioni politiche, i contatti e le iniziative di magistrati, funzionari dello Stato, giornalisti e parlamentari, nonche' sulle attivita' di associazioni di magistrati, anche europei, e di movimenti sindacali, ritenuti 'di parte politica avversa', al fine di commettere o di far commettere a terzi diffamazioni, calunnie e abusi di ufficio in loro danno. Con cio', gli imputati si sarebbero appropriati di somme e di risorse umane e materiali del SISMI, utilizzandoli per scopi palesemente estranei a quelli istituzionali del Servizio, oltre che in violazione delle disposizioni in materia di trattamento dei dati personali, di cui all'art. 58, in riferimento agli artt. 2 e 11 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali).

Agli imputati e' contestato, inoltre, il delitto di violazione di corrispondenza aggravata continuata in concorso (artt. 616, primo comma, 81, secondo comma, 61, numero 9, e 110 cod. pen.), per avere, con abuso delle rispettive funzioni pubbliche, preso cognizione della 'corrispondenza elettronica' circolante all'interno della lista chiusa dei destinatari delle comunicazioni dell'associazione MEDEL (Magistrats europeens pour la democratie et les libertes), ledendo, con cio', la riservatezza del dibattito interno all'associazione (fatto accertato il 5 luglio 2006).

Al solo Pompa e' addebitato, infine, il delitto di possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio (art. 260, primo comma, numero 3, cod. pen.), per essere stato colto, il 26 giugno 2007, in possesso di supporti informatici atti a fornire notizie che, nell'interesse della sicurezza dello Stato, dovevano rimanere segrete, 'in quanto in parte protocollate agli atti del Servizio, inoltrate ad articolazioni competenti di esso e comunque relative, tra l'altro, a vicende militari in materia di terrorismo internazionale'.

Ricevuta la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari - prosegue il ricorrente - tanto il Pollari che il Pompa avevano chiesto al pubblico ministero di essere sottoposti a interrogatorio, ai sensi dell'art. 415-bis, comma 3, del codice di procedura penale e in occasione di tale atto avevano poi rappresentato con memorie come, per difendersi compiutamente dalle accuse loro mosse, essi avrebbero dovuto rivelare notizie coperte da segreto di Stato, in quanto inerenti agli 'interna corporis' del SISMI: quali, in specie, le direttive e gli ordini impartiti dalle competenti Autorita' di Governo e dal direttore del Servizio agli appartenenti all'organismo, la posizione del Pompa all'interno di questo, i suoi rapporti con gli altri operatori del Servizio, le risorse utilizzate per la sua attivita', l'attinenza o meno della documentazione richiamata nei capi d'accusa alla sicurezza dello Stato e la sua rilevanza per l'attivita' istituzionale del SISMI. Di conseguenza, gli indagati opponevano il segreto di Stato su tutti i fatti descritti nei capi di imputazione.

A fronte di cio', il pubblico ministero, con note del 27 ottobre e del 16 novembre 2009, chiedeva al Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 41 della legge 3 agosto 2007, n. 124 (Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto), di confermare l'esistenza del segreto di Stato riguardo a quattro circostanze, la cui conoscenza era ritenuta essenziale per la definizione del procedimento, e cioe': a) se il SISMI, durante il periodo in cui era stato diretto dal generale Pollari, avesse 'finanziato in qualsiasi modo e forma, sia direttamente che indirettamente, la sede di Roma, via Nazionale, gestita da Pio Pompa'; b) se avesse 'retribuito economicamente, in qualsiasi modo e forma, direttamente o indirettamente, il citato Pio Pompa o Jennj Tontodimamma'; c) se avesse 'impartito ordini e direttive ai [...] menzionati Pompa e Tontodimamma'; d) se, infine, avesse 'impartito ordini e direttive ai [...] menzionati Pompa e Tontodimamma di raccolta di informazioni su magistrati italiani o stranieri'.

Con note del 3 e del 22 dicembre 2009, oggetto dell'odierna impugnativa, il Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento ai primi due punti della richiesta, dichiarava di confermare il segreto di Stato tanto in ordine a 'modi e forme dirette e indirette di finanziamento per la gestione da parte di Pio Pompa della sede del SISMI di via Nazionale, allorche' il Servizio era diretto da Nicolo' Pollari'; quanto in relazione a 'modi e forme di retribuzione, diretta o indiretta, di Pio Pompa e Jennj Tontodimamma, collaboratori prima e dipendenti poi del SISMI, diretto da Nicolo' Pollari'.

Richiamando la sentenza n. 106 del 2009 di questa Corte, il Presidente del Consiglio rilevava come la conferma del segreto si imponesse per l''esigenza di tutela degli interna corporis dell'allora SISMI con riferimento al disvelamento di dinamiche interne all'attivita' del Servizio'.

Il Presidente del Consiglio confermava l'esistenza del segreto anche sulle altre due circostanze oggetto della richiesta, osservando che - alla luce di quanto precisato nella citata sentenza n. 106 del 2009 - 'anche le direttive e gli ordini impartiti all'interno del servizio possono costituire interna corporis da tutelare, se dalla loro divulgazione vengono in evidenza, come nel caso in esame, profili attinenti alle modalita' organizzative e a quelle tecnico-operative che e' opportuno non disvelare'; profili che la vigente normativa sul segreto di Stato, e in particolare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 aprile 2008 (Criteri per l'individuazione delle notizie, delle informazioni, dei documenti, degli atti, delle attivita', delle cose e dei luoghi suscettibili di essere oggetto di segreto di Stato), considererebbero, d'altra parte, 'tutelabili al massimo livello'.

Il Presidente del Consiglio dichiarava, quindi, conclusivamente, di dover confermare il segreto di Stato su tutte le circostanze dianzi indicate 'allo scopo di evitare danni gravi agli interessi individuati dal comma 1 dell'art. 39 della legge n. 124 [del] 2007'.

Il successivo 29 dicembre 2009, il pubblico ministero chiedeva il rinvio a giudizio del Pollari e del Pompa, ritenendo che gli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari - costituiti da dati non coperti da segreto di Stato, acquisiti essenzialmente a seguito della perquisizione e del conseguente sequestro operati il 5 luglio 2006 presso la sede del SISMI di via Nazionale in Roma - fossero comunque idonei a sostenere l'accusa in giudizio.

Nell'udienza preliminare, il pubblico ministero sosteneva - con l'adesione dei difensori delle parti civili - che l'opposizione e la conferma del segreto di Stato non potessero assumere rilievo nell'attuale fase processuale, ma, semmai, solo nella successiva fase dibattimentale: cio', in quanto gli imputati non avevano contestato la legittimita' dell'ingresso nel fascicolo processuale di elementi gia' acquisiti, ma si erano limitati a dedurre l'impossibilita' di produrre atti - peraltro, non indicati - in tesi necessari per la loro difesa, perche' costituenti oggetto di segreto di Stato.

La validita' dell'assunto era contestata dai difensori degli imputati, secondo i quali l'avvenuta conferma del segreto concernente notizie essenziali per...

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