N. 310 SENTENZA 2 - 5 novembre 2010

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Francesco AMIRANTE;

Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,

Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1, del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell'art. 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria nel procedimento vertente tra la Pizzeria P., ditta individuale di C. D., e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale con ordinanza del 13 maggio 2009, iscritta al n. 204 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, 1ª serie speciale, dell'anno 2009.

Visti l'atto di costituzione della Pizzeria P., ditta individuale di C. D., nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 6 ottobre 2010 il giudice relatore Alessandro Criscuolo;

Udito l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto 1. - Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria (d'ora in avanti, T.A.R.), con l'ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato, in riferimento agli articoli 97, primo comma, 24 e 113 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.

81 (Attuazione dell'art. 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), 'nella parte in cui prevede che 'ai provvedimenti del presente articolo non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241' e, segnatamente, nella parte in cui esclude l'applicazione ai provvedimenti de quibus dell'art. 3 comma 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241'.

  1. - Il rimettente riferisce che, con ricorso notificato il 27 maggio 2008, C. D., titolare di una ditta individuale per la produzione e il recapito di pizze da asporto, ha impugnato un provvedimento con il quale il Servizio ispezione del lavoro della Direzione provinciale del lavoro di Genova, in seguito a una visita ispettiva presso i locali dell'impresa, aveva disposto, ai sensi dell'art. 14, comma 1, del citato d.lgs., la sospensione dell'attivita' imprenditoriale, avendo accertato l'impiego di due fattorini addetti al recapito delle pizze da asporto (pari al 66 per cento del totale dei lavoratori presenti sul posto di lavoro), non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria.

    Il giudice a quo, dopo aver riassunto i motivi del ricorso (violazione degli artt. 3 e 24 Cost., in relazione all'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 - recante 'Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi' - e all'art. 14 d.lgs. n. 81 del 2008 e connesso eccesso di potere per omessa motivazione; eccesso di potere per omessa motivazione, per contraddittorieta' e per manifesta ingiustizia), prosegue osservando che, come esposto dal titolare della ditta, sarebbero stati esibiti agli ispettori del lavoro copie dei contratti di collaborazione autonoma e occasionale conclusi con i due fattorini (circostanza risultante dal verbale di accesso ispettivo). Ad onta di cio' il provvedimento di sospensione, avente conseguenze gravissime sulla vita di una piccola impresa come quella ricorrente, sarebbe stato adottato in totale assenza di motivazione, benche' questa fosse necessaria avuto riguardo al carattere discrezionale del provvedimento ed alla volonta' manifestata dalle parti in ordine all'inesistenza del vincolo di subordinazione.

    Il T.A.R. precisa di avere accolto l'istanza diretta ad ottenere la sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato e di aver poi trattenuto la causa per la decisione. Argomenta sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, sottolineando che l'obbligo generale di motivazione degli atti amministrativi fu introdotto nel vigente ordinamento dall'art. 3, comma 1, della legge n. 241 del 1990, sicche', mentre prima di detta legge il difetto di motivazione integrava una figura sintomatica di eccesso di potere, oggi configura il vizio di violazione di legge.

    La disposizione censurata, statuendo che 'ai provvedimenti del presente articolo non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241', verrebbe a sottrarre i provvedimenti di sospensione dell'attivita' imprenditoriale all'obbligo generale di motivazione. Pertanto essa, dovendo trovare applicazione nella fattispecie, impedirebbe al tribunale di conoscere della relativa censura. D'altro canto, il dedotto difetto di motivazione non potrebbe neppure essere valutato sotto il profilo dell'eccesso di potere, perche' la norma censurata escluderebbe in modo espresso il relativo obbligo, la cui mancanza, dunque, non potrebbe costituire sintomo del detto vizio.

    Inoltre, ad avviso del...

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