n. 163 SENTENZA 21 maggio - 10 giugno 2014 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 322, secondo comma, del codice penale, promosso dalla Corte di cassazione, sezioni unite penali, nel procedimento penale a carico di G.G.A. ed altro con ordinanza del 23 ottobre 2013, iscritta al n. 283 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 2014. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 aprile 2014 il Giudice relatore Giuseppe Frigo. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza depositata il 23 ottobre 2013, le sezioni unite penali della Corte di cassazione hanno sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 322, secondo comma, del codice penale, «nella parte in cui per l'offerta o la promessa di denaro o altra utilita' al consulente tecnico del pubblico ministero per il compimento di una falsa consulenza prevede una pena superiore a quella di cui all'art. 377, comma primo, cod. pen., in relazione all'art. 373 cod. pen.». 1.1.- La Corte rimettente riferisce che la vicenda oggetto del giudizio a quo trae origine da un incidente verificatosi il 1° giugno 2003 nello spazio sovrastante l'aeroporto di Milano Linate, che aveva causato la caduta di un aeromobile e la morte del pilota e del copilota. Nell'ambito delle conseguenti indagini preliminari, il pubblico ministero aveva nominato, ai sensi dell'art. 359 del codice di procedura penale, un consulente tecnico, il quale era stato avvicinato da un suo conoscente, che gli aveva prospettato la possibilita' di ottenere una rilevante somma di denaro ove avesse redatto un elaborato favorevole alla compagnia aerea cui apparteneva l'aeromobile precipitato. Il consulente tecnico aveva finto di accettare l'offerta, avvertendo immediatamente del fatto il pubblico ministero. All'esito dei controlli predisposti sulla trattativa corruttiva, simulatamente proseguita, erano emerse responsabilita' in capo a quattro soggetti (il conoscente dal quale il consulente tecnico era stato avvicinato, due soci della compagnia aerea e il loro legale), i quali erano stati quindi sottoposti a procedimento penale. I giudici pronunciatisi nel corso di tale procedimento - dapprima nei vari gradi del procedimento incidentale de libertate originato dalla richiesta di misura cautelare del pubblico ministero e poi nel processo principale sul merito dell'accusa - avevano ricondotto, peraltro, a paradigmi punitivi volta a volta diversi la condotta contestata agli imputati (offerta di denaro, non accettata, al consulente tecnico del pubblico ministero per influire sui risultati della consulenza). Da ultimo, la Corte d'appello di Roma, con sentenza del 2 maggio 2012, aveva condannato due degli imputati, giudicati con rito abbreviato, alla pena di un anno di reclusione, ravvisando nel fatto loro ascritto il delitto di istigazione alla corruzione, di cui all'art. 322 cod. pen., in conformita' all'unico precedente della giurisprudenza di legittimita' sullo specifico tema (Corte di Cassazione, sezione sesta penale, 7 gennaio 1999-30 marzo 1999, n. 4062). Investita del ricorso proposto dagli imputati contro la decisione, la sesta sezione della Corte di cassazione aveva ritenuto di dover dissentire da tale soluzione, anche perche' idonea a determinare conseguenze contrastanti con gli artt. 3 e 25 Cost., e di dover scorgere, invece, nella fattispecie il delitto di intralcio alla giustizia, di cui all'art. 377, primo comma, cod. pen., secondo quanto gia' deciso dal giudice di primo grado. Nella prospettiva di evitare un potenziale contrasto di giurisprudenza, aveva peraltro rimesso la questione alle sezioni unite. 1.2.- Al riguardo, le sezioni unite escludono anzitutto che nella fattispecie in esame possa ravvisarsi una ipotesi di tentativo di corruzione in atti giudiziari (artt. 56 e 319-ter cod. pen.), come ritenuto dalla stessa sesta sezione in sede di valutazione cautelare della posizione di uno degli imputati. In mancanza di un accordo corruttivo, infatti, l'istigazione non accolta alla corruzione potrebbe essere ricondotta solo alla previsione punitiva dell'art. 322 cod. pen. (la quale, pur riferendosi formalmente alle ipotesi corruttive di cui agli artt. 318 e 319 cod. pen., si attaglierebbe anche a quella di cui all'art. 319-ter cod. pen., posto che quest'ultimo richiama «i fatti indicati negli articoli 318 e 319 cod. pen.»), ovvero - quando si tratti di proposta rivolta a soggetti destinati ad assumere una veste processuale - alle figure criminose delineate dagli artt. 377 o 377-bis cod. pen. Il fatto per cui si procede non potrebbe essere neppure qualificato, contrariamente a quanto sostenuto dagli imputati ricorrenti, come istigazione non accolta a commettere una consulenza infedele (art. 380 cod. pen.), con conseguente sua irrilevanza penale (art. 115 cod. pen.). L'attivita' svolta dal consulente tecnico del pubblico ministero non potrebbe essere, infatti, definita come attivita' di parte - alla quale soltanto si riferisce il citato art. 380 cod. pen. - discutendosi di soggetto che esercita una funzione pubblica e che contribuisce non gia' a tutelare gli interessi di una parte processuale, «ma ad accertare la verita'». 1.3.- Il problema ermeneutico si concentrerebbe, di conseguenza, sull'applicabilita' di una delle due ipotesi delittuose, dianzi indicate, dell'istigazione alla corruzione o dell'intralcio alla giustizia. Quanto a quest'ultima, l'art. 377 cod. pen., nel testo attualmente in vigore, frutto di una serie di modifiche legislative, stabilisce, al primo comma, che «Chiunque offre o promette denaro o altra utilita' alla persona chiamata a rendere dichiarazioni davanti all'autorita' giudiziaria o alla Corte penale internazionale ovvero alla persona richiesta di rilasciare dichiarazioni dal difensore nel corso dell'attivita' investigativa, o alla persona chiamata a svolgere attivita' di perito, consulente tecnico o interprete, per indurla a commettere i reati previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372 e 373, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alle pene stabilite negli articoli medesimi, ridotte dalla meta' ai due terzi». Per quel che concerne, in particolare, il riferimento al «consulente tecnico» - introdotto nel testo della norma dal decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalita' mafiosa), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 - le sezioni unite osservano come, nel caso del consulente tecnico del pubblico ministero, l'offerta o la promessa di denaro o di altra utilita' non potrebbe essere finalizzata alla commissione del delitto di falsa perizia, di cui al richiamato art. 373 cod. pen., in quanto l'ausiliario tecnico dell'accusa non e' un perito (nominato invece dal giudice). Pur essendo verosimile che la discrasia dipenda da un difetto di coordinamento, non sarebbe, d'altra parte, possibile estendere in via interpretativa il concetto di «perizia» alla «consulenza tecnica» senza violare il principio di tassativita' del precetto penale. Conformemente a quanto ritenuto dalla sesta sezione nel rimettere la questione alle sezioni unite, la subornazione del consulente tecnico del pubblico ministero potrebbe, nondimeno...

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