n. 83 SENTENZA 6 - 9 maggio 2013 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 25 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione delle universita', di personale accademico e reclutamento, nonche' delega al Governo per incentivare la qualita' e l'efficienza del sistema universitario), promossi dal Consiglio di Stato con cinque ordinanze del 28 novembre 2011 e con otto ordinanze del 2 febbraio 2012 e dal Tribunale amministrativo regionale per il Molise con due ordinanze del 10 aprile 2012, rispettivamente iscritte ai numeri 42, 43, 44, 45, 59, 78, 117, 118, 119, 120, 121, 122, 191, 224 e 225 del registro ordinanze 2012 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 13, 16, 19, 25, 38 e 41, prima serie speciale, dell'anno 2012. Visti gli atti di costituzione di F.G., di T.C., di A.A., di M.E., di D.C., di B.O., nonche' l'atto di intervento di M.E. (nel giudizio di cui al r.o. n. 42 del 2012) e quelli del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 26 marzo 2013 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo;

uditi gli avvocati Massimo Luciani per A.A. e M.E., Angelo Clarizia per F.G., T.C. e D.C. e l'avvocato dello Stato Ettore Figliolia per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, con le tredici ordinanze di analogo tenore indicate in epigrafe (r.o. numeri 42, 43, 44, 45 e 59 del 2012, depositate il 28 novembre 2011, e numeri 78, 117, 118, 119, 120, 121, 122 e 191 del 2012, depositate il 2 febbraio 2012), ha sollevato - in riferimento agli articoli 3, 33 e 97 della Costituzione - questioni di legittimita' costituzionale dell'articolo 25 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione delle universita', di personale accademico e reclutamento, nonche' delega al Governo per incentivare la qualita' e l'efficienza del sistema universitario). Detta norma (sotto la rubrica «Collocamento a riposo dei professori e dei ricercatori») dispone che «L'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, non si applica a professori e ricercatori universitari. I provvedimenti adottati dalle universita' ai sensi della predetta norma decadono alla data di entrata in vigore della presente legge, ad eccezione di quelli che hanno gia' iniziato a produrre i loro effetti». A sua volta, il citato art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modifiche ed integrazioni, stabilisce nel comma 1 che «E' in facolta' dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di eta' per il collocamento a riposo per essi previsti. In tal caso e' data facolta' all'amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di trattenere in servizio il dipendente in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal dipendente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi. La disponibilita' al trattenimento va presentata all'amministrazione di appartenenza dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti il compimento del limite di eta' per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento. I dipendenti in aspettativa non retribuita che ricoprono cariche elettive esprimono la disponibilita' almeno novanta giorni prima del compimento del limite di eta' per il collocamento a riposo». 2.- Il rimettente, con l'ordinanza iscritta al r.o. n. 42 del 2012, premette che e' chiamato a pronunciare su un ricorso in appello promosso da un professore universitario (F.G.) contro l'Universita' degli studi Tor Vergata di Roma, per la riforma di un'ordinanza cautelare emessa tra le parti dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - Roma, in relazione ad un provvedimento che ha disposto il collocamento a riposo del docente per raggiunti limiti di eta'. Al riguardo, il Consiglio di Stato riferisce che, con istanza dell'11 novembre 2009, il professor F. ha chiesto di avvalersi della facolta', concessa dall'art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992, di permanere in servizio per altri due anni. Tuttavia, quando ancora l'amministrazione non si era pronunciata su tale istanza, era sopraggiunta la legge n. 240 del 2012, il cui art. 25 aveva statuito l'inapplicabilita' del menzionato art. 16 ai professori universitari. Per conseguenza, con decreto dell'11 aprile 2011, il Rettore dell'Universita' indicata, applicando e richiamando in motivazione il detto art. 25, ha respinto l'istanza di trattenimento in servizio avanzata dal docente e ne ha disposto il collocamento a riposo. Quest'ultimo ha impugnato il suddetto decreto con ricorso al TAR per il Lazio, sede di Roma, chiedendo in via incidentale la sospensione del provvedimento del Rettore. Il giudice adito, con ordinanza dell'11 ottobre 2011, ha respinto l'istanza cautelare. Per ottenere la riforma di tale ordinanza, il prof. F. ha proposto appello al Consiglio di Stato, deducendo, sotto diversi profili, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 25 della legge n. 240 del 2010, «nella misura in cui preclude ogni possibilita' di trattenimento in servizio dei professori universitari». Con ordinanza del 26 ottobre 2011 il Consiglio di Stato, pronunciando in sede cautelare, ha disposto la sospensione del giudizio per la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Sul punto, al fine di conciliare il carattere accentrato del sindacato di costituzionalita' con il principio di effettivita' della tutela giurisdizionale (artt. 24 e 113 Cost.;

artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali), il Consiglio, con l'ordinanza ora citata, ha concesso una misura cautelare "interinale", fino alla camera di consiglio successiva alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale, «ordinando all'Amministrazione di ripronunciarsi sull'istanza di trattenimento in servizio presentata dal ricorrente, alla luce del quadro normativo esistente anteriormente all'entrata in vigore del citato art. 25 della legge n. 240 del 2010 e, in particolare, dei criteri fissati dall'art. 72, comma 7, decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133)». Ha, poi, ritenuto che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 25 della legge n. 240 del 2010 sia rilevante e non manifestamente infondata. 2.1.- Il Consiglio di Stato, con riferimento al requisito della rilevanza, ha osservato che la norma de qua e' senza dubbio applicabile alla fattispecie in questione, dal momento che l'atto impugnato ha respinto l'istanza del ricorrente facendo, per l'appunto, applicazione di essa, il cui chiaro tenore letterale preclude la possibilita' di trattenimento in servizio per professori e ricercatori universitari. Inoltre, l'applicazione di detta norma, effettuata dall'universita', risulta corretta, non sussistendo spazi per un'interpretazione diversa. L'eventuale dichiarazione di illegittimita' costituzionale del citato art. 25 avrebbe l'effetto di rimuovere l'ostacolo normativo all'applicazione dell'art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992, consentendo al ricorrente di ottenere che l'istanza di permanenza in servizio sia esaminata (ed eventualmente accolta) dall'universita' sulla base dei criteri introdotti dall'art. 72, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. La rilevanza della questione non sarebbe esclusa dalla natura cautelare del giudizio, nell'ambito del quale essa e' sollevata. Per costante giurisprudenza di questa Corte, la questione di legittimita' costituzionale sarebbe inammissibile per difetto di rilevanza, qualora essa sia sollevata dopo l'adozione del provvedimento cautelare, perche', in tal caso, la rimessione alla Corte stessa sarebbe tardiva in relazione al giudizio cautelare, ormai concluso, e prematura in relazione al giudizio di merito, in ordine al quale il Collegio, in mancanza della fissazione della relativa udienza di discussione, sarebbe privo di potere decisorio. Tuttavia, per evitare che la legge sospettata di illegittimita' costituzionale possa precludere definitivamente la tutela cautelare, mortificando le esigenze di tutela immediata ad essa sottese - il che si tradurrebbe in una palese violazione di fondamentali principi costituzionali (artt. 24 e 113 Cost.) o sopranazionali (artt. 6 e 13 CEDU) - la giurisprudenza, nel tentativo di conciliare il carattere accentrato del controllo di legittimita' costituzionale delle leggi con il principio di effettivita' della tutela giurisdizionale, avrebbe sperimentato due soluzioni. La prima consisterebbe nel concedere la sospensiva, disapplicando la legge sospettata di illegittimita' costituzionale e rinviando al giudizio di merito la rimessione della relativa questione;

la seconda si concretizzerebbe nella scomposizione del giudizio cautelare in due fasi: nella prima fase si accoglie la domanda cautelare "a termine", fino alla decisione della questione di legittimita' costituzionale contestualmente sollevata;

nella seconda, all'esito del giudizio di legittimita' costituzionale, si decide "definitivamente", tenendo conto, per valutare la sussistenza del fumus boni iuris sulla domanda cautelare, della decisione della Corte costituzionale. Il Consiglio di Stato, nel prestare adesione alla seconda soluzione, ritiene che essa sia quella che meno si allontana dal vigente sistema di giustizia costituzionale e risulti, peraltro, in linea con l'orientamento della...

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