N. 153 SENTENZA 18 - 21 giugno 2012

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente:Alfonso QUARANTA;

Giudici: Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,

Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,

Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 34 del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardo', nel procedimento penale a carico di C.M. con ordinanza del 23 maggio 2011, iscritta al n. 209 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 2011.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 15 febbraio 2012 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.

Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza depositata il 23 maggio 2011, il Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardo', ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 111, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 34 del codice di procedura penale, 'nella parte in cui non prevede, quale causa di incompatibilita' del giudice a celebrare il giudizio ordinario dibattimentale, determinata da atti compiuti nel procedimento, l'ipotesi del giudice che, gia' investito in precedenza della richiesta di convalida dell'arresto e di celebrazione del giudizio direttissimo in relazione allo stesso reato posto a carico dello stesso imputato, non abbia convalidato l'arresto dell'imputato per insussistenza del reato e abbia disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero'.

Il giudice a quo riferisce di essere investito del processo nei confronti di una persona imputata del reato di evasione (art. 385 del codice penale), perche', trovandosi sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari presso la propria abitazione, si era allontanata da tale luogo.

Dal fascicolo per il dibattimento emergeva che l'imputato era gia' stato tratto a giudizio per il medesimo fatto a seguito dell'arresto in flagranza avvenuto il 23 maggio 2009, in relazione al quale il pubblico ministero aveva chiesto la convalida e il contestuale giudizio direttissimo. Nel corso della relativa udienza che era stata tenuta dallo stesso giudice rimettente - il pubblico ministero aveva chiesto, altresi', che all'imputato fosse applicata la misura cautelare della custodia in carcere.

Il giudice a quo non aveva, peraltro, convalidato l'arresto, ritenendo che 'non vi fossero elementi di prova per potere configurare il contestato reato di evasione'. Di conseguenza ordinata la liberazione dell'imputato, se non detenuto per altra causa - aveva disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero, ai sensi dell'art. 558, comma 5, cod. proc. pen.

In seguito a tale provvedimento, il pubblico ministero aveva nuovamente citato a giudizio l'imputato, nelle forme ordinarie. Dopo le formalita' di apertura del dibattimento, il difensore aveva chiesto, ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen., il proscioglimento del proprio assistito perche' il fatto non sussiste, richiamando la precedente decisione assunta dallo stesso giudice rimettente in sede di convalida dell'arresto. Il pubblico ministero si era opposto, chiedendo la prosecuzione del giudizio.

Cio' premesso, il giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 34 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che non possa svolgere le funzioni di giudice del dibattimento ordinario il giudice che - precedentemente investito della richiesta di convalida dell'arresto dell'imputato e di contestuale giudizio direttissimo - non abbia convalidato l'arresto per ritenuta insussistenza del reato e abbia quindi disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero.

Al riguardo, il rimettente rileva come la Corte costituzionale sia stata investita piu' volte di questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 34 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio direttissimo il giudice che abbia convalidato l'arresto e applicato una misura cautelare nei confronti dell'imputato, dichiarandole - a partire dalla sentenza n.

177 del 1996 - tutte infondate o inammissibili.

In tali occasioni, la Corte aveva preso, peraltro, le mosse dal rilievo che il giudice del dibattimento, al quale e' presentato l'imputato per il giudizio direttissimo, si pronuncia pregiudizialmente, con la convalida dell'arresto, sull'esistenza dei presupposti che gli consentono di procedere immediatamente al giudizio ed e', altresi', competente ad adottare incidentalmente misure cautelari, attratte nella competenza per la cognizione del merito. In una simile situazione, non poteva configurarsi alcuna menomazione dell'imparzialita' del giudice, giacche' questi adottava decisioni preordinate al proprio giudizio o incidentali rispetto ad esso.

L'ipotesi oggetto dell'odierno quesito di costituzionalita' sarebbe, tuttavia, diversa: nella specie, infatti, il giudice rimettente non aveva convalidato l'arresto dell'imputato, ritenendo insussistente il reato di evasione contestato, e non aveva applicato, conseguentemente, alcuna misura cautelare (pur, come detto, richiesta), ma aveva disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero, 'cosi' chiudendo la fase processuale'. A seguito dell'emissione del decreto di citazione diretta a giudizio dell'imputato, il giudice a quo si e' trovato, quindi, investito di un nuovo giudizio per lo stesso fatto e a carico del medesimo imputato, per effetto di un replicato esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero nelle forme ordinarie. Non si verserebbe piu', pertanto, nella medesima fase processuale in seno alla quale era stata adottata la decisione sulla convalida, ma in una fase distinta, nel cui ambito la decisione precedentemente assunta dal rimettente non assumerebbe alcuna rilevanza 'endoprocedimentale'.

La pregressa decisione comprometterebbe, peraltro, in modo evidente l'imparzialita' del giudizio sul merito, avendo implicato una valutazione in ordine alla sussistenza del reato del...

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