N. 368 SENTENZA 15 - 22 dicembre 2010

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Ugo DE SIERVO;

Giudici: Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 546, primo comma, del codice di procedura civile, modificato dall'articolo 2, comma 3, lettera e), del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), convertito, con modificazioni, nella legge 14 maggio 2005, n. 80, promosso dal Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli, nel procedimento vertente tra R. B. e il Comune di Pozzuoli ed altro, con ordinanza del 25 settembre 2009, iscritta al n. 17 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, 1ª serie speciale, dell'anno 2010.

Visti l'atto di costituzione di R. B., nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 30 novembre 2010 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo;

Uditi l'avvocato R. B. per se medesimo e l'avvocato dello Stato Antonio Grumetto per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto 1. - Il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli, in composizione monocratica e in funzione di giudice dell'esecuzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 546, primo comma, del codice di procedura civile, come modificato dall'articolo 2, comma 3, lettera e), del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), convertito, con modificazioni, nella legge 14 maggio 2005, n. 80, in riferimento agli articoli 3, 24, 97 e 111 della Costituzione.

La disposizione impugnata stabilisce che 'Dal giorno in cui gli e' notificato l'atto previsto nell'art. 543, il terzo e' soggetto relativamente alle cose e alle somme da lui dovute e nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato della meta', agli obblighi che la legge impone al custode'.

  1. - Il rimettente ha premesso che l'avvocato R. B. - creditore verso il Comune di Pozzuoli di una somma pari ad euro 798,68 in forza di titolo esecutivo e di precetto in atti - agendo in qualita' di procuratore di se stesso, ha promosso nei confronti dell'ente territoriale un pignoramento presso terzi, notificato anche al San Paolo Banco di Napoli quale debitore del detto Comune in virtu' del servizio di tesoreria.

    La banca, ai sensi della norma censurata, ha vincolato soltanto la complessiva somma di euro 1198,02 (cioe' l'importo del precetto piu' la meta', pari ad euro 399,34).

    Il giudice a quo ha precisato che le spese di esecuzione ammontano ad euro 674,87, considerando per l'onorario i minimi di tariffa e specificando che a tale somma si dovra' aggiungere quella di euro 171,79 a titolo di tassa fissa di registrazione del provvedimento di assegnazione, per un totale di euro 846,66.

    Pertanto, sottraendo il detto importo dalla somma accantonata per il pignoramento, residuano per il pagamento del capitale precettato e degli accessori euro 351,36. Ne deriva che il soggetto promotore dell'esecuzione, anche dopo l'assegnazione, restera' ancora creditore di euro 447,32 oltre accessori, importo che potra' essere posto a base di una nuova esecuzione, con la prospettiva di un'ulteriore e piu' gravosa incapienza, in quanto la diminuzione del credito fa diminuire anche la somma oggetto del pignoramento con conseguente aumento delle probabilita' che essa risulti inidonea a soddisfare il capitale e le spese di esecuzione.

    In questo quadro, il creditore procedente ha chiesto che sia sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 546, primo comma, cod. proc. civ., il cui meccanismo impedisce il soddisfacimento della pretesa creditoria oppure costringe ad ulteriori azioni esecutive che, da un lato, non garantiscono l'adempimento del credito (come si evince dal caso in esame) e, dall'altro, ne producono una sorta di frazionamento imposto ex lege in contrasto con l'art. 111 Cost., come ritenuto dal diritto vivente (e' citata la sentenza della Corte di cassazione, Sezioni unite civili, del 15 novembre 2007, n. 23726).

  2. - Tanto premesso, e rilevando che le spese di esecuzione vanno pagate con precedenza rispetto al credito azionato, il rimettente ha sostenuto che la norma censurata:

    a) sarebbe manifestamente irragionevole ai sensi dell'art. 3

    Cost., in quanto l'impossibilita' per il creditore di ottenere la realizzazione della propria pretesa non deriva da una dichiarazione negativa del terzo, bensi' dalla norma stessa;

    b) sarebbe in contrasto con l'art. 24 Cost., in quanto toglie significato alla possibilita' di accedere alla tutela giurisdizionale per il creditore di somme di non rilevante entita', qualora il pignoramento d'importo pari al credito precettato, aumentato del 50 per cento, sia tale da non coprire affatto o da coprire appena le spese di esecuzione;

    c) ancora, sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., perche' 'nel suo complesso il procedimento esecutivo si manifesta fatalmente inidoneo a soddisfare la pretesa creditoria e quindi a raggiungere lo scopo per cui il processo esecutivo e' concepito';

    d) sarebbe in ulteriore contrasto con l'art. 3 Cost., sia per il suo carattere irragionevole, perche' l'impossibilita' di soddisfare il creditore procedente potrebbe concretarsi - anche in presenza di norme precettate di maggiore entita' - qualora siano spiegati interventi di altri creditori (e cio' accentuerebbe 'la probabilita' di apertura di procedure esecutive tendenzialmente ad libitum'), sia perche' il meccanismo previsto dall'art. 546 cod. proc. civ. sarebbe 'potenzialmente idoneo a determinare una sorta di spirale 'inflattiva' delle procedure esecutive', sia perche' 'la, per cosi' dire, 'autoalimentazione' del processo esecutivo comporta costi non necessari anche a carico del debitore';

    e) sarebbe in contrasto con l'art. 97 Cost., perche' rischierebbe di appesantire in modo irragionevole il processo esecutivo presso il terzo, provocando in ipotesi vere e proprie disfunzioni organizzative con la prospettiva di scenari processuali idonei a creare procedure di esecuzione coattiva virtualmente infinite;

    f) sarebbe in ulteriore contrasto con l'art. 97 Cost., perche' i prospettati sviluppi processuali 'sono potenzialmente pericolosi proprio per gli enti pubblici debitori, che - per una tendenziale costante solvibilita' - potrebbero trovarsi esposti ad una pluralita' di pignoramenti presso terzi posti in essere al solo fine di lucrare sulle spese legali, il tutto in spregio alle esigenze di razionale utilizzo delle finanze pubbliche';

    g) sarebbe in contrasto con l'art. 111 Cost., in quanto determinerebbe ex lege la parcellizzazione del credito di modesta entita', frazionamento considerato non conforme alla legge ed ai principi costituzionali dal citato orientamento giurisprudenziale;

    h) infine, sarebbe in contrasto con l'art. 3 Cost., 'perche'...

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