N. 147 SENTENZA 4 - 7 giugno 2012

ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 19, commi 4 e 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, promossi dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, dalla Regione siciliana, e dalle Regioni Puglia e Basilicata, con ricorsi notificati il 12-14 e il 13 settembre 2011, depositati in cancelleria il 14, il 21 e il 23 settembre 2011 e rispettivamente iscritti ai nn.

90, 98, 99, 101, 102, 104 e 105 del registro ricorsi 2011.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 18 aprile 2012 il Giudice relatore Sergio Mattarella;

uditi gli avvocati Giandomenico Falcon per le Regioni Liguria ed Emilia-Romagna, Marcello Cecchetti per la Regione Toscana, Paola Manuali per la Regione Umbria, Marina Valli e Beatrice Fiandaca per la Regione siciliana e gli avvocati dello Stato Enrico De Giovanni e Angelo Venturini per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto 1.- Con sette diversi ricorsi le Regioni Toscana, Emilia-Romagna,

Liguria, Umbria, Puglia, Basilicata e la Regione siciliana hanno proposto questioni di legittimita' costituzionale relative a diverse disposizioni del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

La presente decisione ha oggetto unicamente l'impugnazione dell'art. 19, commi 4 e 5, del citato decreto-legge, essendo oggetto di separate decisioni la trattazione delle ulteriori questioni di legittimita' costituzionale proposte dalle sole Regioni Toscana,

Emilia-Romagna e Liguria avverso altre disposizioni, con riferimento anche a differenti parametri.

Le Regioni menzionate hanno censurato l'art. 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011 - e alcune di esse, e cioe' le Regioni Toscana,

Umbria, Puglia e Basilicata, anche il successivo comma 5 - per violazione degli artt. 117, terzo e sesto comma, 118, 119 e 120 della Costituzione, del principio di leale collaborazione e, limitatamente alla Regione siciliana, anche per violazione, oltre che del gia' citato art. 117, terzo comma, Cost., degli artt. 14, lettera r), 17, lettera d), e 20 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della Regione siciliana), nonche' degli artt. 1 e 6 del d.P.R. 14 maggio 1985, n. 246 (Norme di attuazione dello Statuto della regione siciliana in materia di pubblica istruzione).

  1. - Il testo dei due commi impugnati e' il seguente:

    '4. Per garantire un processo di continuita' didattica nell'ambito dello stesso ciclo di istruzione, a decorrere dall'anno scolastico 2011-2012 la scuola dell'infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado; gli istituti compresivi per acquisire l'autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche.

  2. Alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unita', ridotto fino a 400 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome'.

  3. - Le Regioni a statuto ordinario ricorrenti censurano le suindicate disposizioni con argomentazioni in larga misura coincidenti.

    Esse osservano, innanzitutto, che tali norme comportano una significativa riduzione del numero delle scuole dell'infanzia, delle scuole primarie e delle scuole secondarie di primo grado mediante la formazione di istituti comprensivi, imponendo un numero minimo di iscritti come condizione per ottenere l'autonomia e determinando una diminuzione del numero dei dirigenti scolastici; il tutto nel quadro di un complessivo contenimento della spesa in materia di istruzione, avviato gia' con l'art. 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

    Nella materia dell'istruzione - argomentano le ricorrenti convivono diverse competenze, suddivise tra Stato e Regioni: al primo spetta la competenza esclusiva di cui all'art. 117, secondo comma, lettera n), Cost., in tema di 'norme generali sull'istruzione', mentre e' oggetto di competenza concorrente, secondo l'art. 117, terzo comma, Cost., la materia dell'istruzione in generale, nella quale allo Stato rimane soltanto la determinazione dei principi fondamentali.

    Le Regioni ricorrenti rilevano che nel caso specifico, alla luce dei concetti espressi nella sentenza n. 200 del 2009 di questa Corte, non sembra che le disposizioni censurate possano rappresentare norme generali sull'istruzione, in quanto esse non fissano affatto gli standard minimi, non toccano i cicli dell'istruzione, non regolano le finalita' ultime del sistema dell'istruzione, ne' hanno ad oggetto la regolamentazione delle prove che consentono il passaggio ai diversi cicli o la valutazione periodica degli apprendimenti e del comportamento degli studenti. Allo stesso modo, pero', neppure sembra che le norme censurate possano ritenersi espressione di principi fondamentali in materia di istruzione, poiche' le stesse si risolvono nell'enunciazione di una serie di regole di dettaglio 'che precludono l'esercizio di scelte che sono la ragione stessa dell'autonomia che la Costituzione riserva alle Regioni' (cosi', testualmente, le Regioni Emilia-Romagna e Liguria). Stabilire che non possono esservi scuole dell'infanzia, scuole primarie e secondarie di primo grado che non siano accorpate in istituti comprensivi (art. 19, comma 4) significa escludere in via assoluta la possibilita' di dare risalto a specifiche particolarita' locali, imponendo alle Regioni una mera attivita' di esecuzione. Analogamente, l'art. 19, comma 5, vietando di attribuire la dirigenza scolastica alle istituzioni scolastiche autonome con un numero di alunni inferiore ad una certa soglia fissata dallo Stato esclude, senza una plausibile ragione, qualunque possibilita' di valutazione da parte delle Regioni, da compiere sulla base delle risorse disponibili. Non si tratta, quindi, di principi fondamentali, bensi', in modo evidente, di una normativa di dettaglio emessa in una materia di competenza concorrente.

    Osservano poi le ricorrenti che una tipica competenza regionale riconosciuta anche dalla giurisprudenza costituzionale intervenuta subito dopo la riforma del 2001 (sentenze n. 13 del 2004, n. 34 e n.

    279 del 2005) e poi ribadita nella citata pronuncia n. 200 del 2009 e' proprio quella riguardante la programmazione della rete scolastica ed il dimensionamento degli istituti scolastici. Tale competenza era stata gia' conferita alle Regioni dall'art. 138 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59); ne' e' pensabile che una funzione attribuita alle Regioni nel quadro costituzionale antecedente la riforma di cui alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), sia stata poi alle stesse sottratta dopo tale riforma, che e' orientata nel senso di una maggiore autonomia.

    In particolare, la Regione Toscana sottolinea che le norme in esame rientrerebbero nel medesimo ambito di cui all'art. 64, comma 4, lettera f-bis), del d.l. n. 112 del 2008, gia' dichiarato costituzionalmente illegittimo con citata la sentenza n. 200 del 2009.

    La totale mancanza di ogni coinvolgimento delle Regioni nel processo di ristrutturazione degli istituti scolastici determinerebbe, inoltre, la violazione del principio di leale collaborazione - che la Regione Basilicata, in particolare, ricollega all'art. 120 Cost. - e dell'art. 118 Cost. (richiamato dalle Regioni Toscana e Umbria), poiche', anche invocando il principio di sussidiarieta' in senso ascendente, si sarebbe dovuta comunque garantire un'adeguata concertazione con le Regioni. Il che e' ancor piu' grave se si pensa che la modifica legislativa e' intervenuta nel mese di luglio, ossia a ridosso dell'inizio dell'anno...

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