n. 47 SENTENZA 10 - 13 marzo 2014 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 60 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), promosso dal Tribunale di Grosseto nel procedimento penale a carico di M.T.L. con ordinanza del 21 dicembre 2011, iscritta al n. 55 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 2012. Visti l'atto di costituzione di M.T.L. nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 25 febbraio 2014 il Giudice relatore Giuseppe Frigo;

uditi l'avvocato Rosa Ierardi per M.T.L. e l'avvocato dello Stato Giovanni Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza depositata il 21 dicembre 2011, il Tribunale di Grosseto, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 60 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), nella parte in cui non consente di applicare le disposizioni di cui agli artt. 163 e seguenti del codice penale, relative alla sospensione condizionale della pena, nei casi di condanna a pena pecuniaria per reati di competenza del giudice di pace ai sensi dell'art. 4, commi 1 e 2, del medesimo decreto legislativo, neppure quando il beneficio sia stato invocato dalla difesa. 1.1.- Il giudice a quo premette di essere investito dell'appello avverso la sentenza del 14 aprile 2010, con la quale il Giudice di pace di Grosseto aveva condannato l'imputata appellante alla pena di euro settecento di multa e al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita, ritenendola responsabile del reato di ingiuria (art. 594 cod. pen.). Con l'atto di impugnazione, l'appellante ha chiesto in via principale l'assoluzione, assumendo che, alla luce delle risultanze istruttorie, non sarebbe stata raggiunta la prova della propria responsabilita'. In subordine - allegando di non essere in grado di provvedere al pagamento della multa inflittale - ha chiesto che le venga concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, eccependo l'illegittimita' costituzionale della norma preclusiva di cui all'art. 60 del d.lgs. n. 274 del 2000. Il rimettente rileva che l'appello e' ammissibile, ai sensi dell'art. 37 del d.lgs. n. 274 del 2000, avendo l'imputata impugnato, oltre al capo relativo alla condanna alla pena pecuniaria, anche quello inerente alla condanna al risarcimento dei danni. Le doglianze formulate in via principale con l'atto di gravame sarebbero, peraltro, infondate, risultando la pronuncia di condanna del primo giudice adeguatamente supportata dalle prove acquisite. Verrebbe, di conseguenza, in rilievo la richiesta subordinata di concessione della sospensione condizionale. Ad avviso del rimettente, l'imputata sarebbe meritevole del beneficio, trattandosi di persona incensurata, nei cui confronti - tenuto conto del movente e della ridotta gravita' del fatto oggetto di giudizio (consistito nella pronuncia di un epiteto ingiurioso all'indirizzo della persona offesa nel corso di una telefonata, in un impeto di gelosia) - potrebbe essere senz'altro formulata la prognosi favorevole di cui all'art. 164, primo comma, cod. pen. All'accoglimento della richiesta osterebbe, tuttavia, la norma censurata, in forza della quale «Le disposizioni di cui agli articoli 163 e seguenti del codice penale, relative alla sospensione condizionale della pena, non si applicano alle pene irrogate dal giudice di pace»: norma da ritenere operante anche nei casi in cui un reato di competenza del giudice di pace sia giudicato da un giudice diverso, stante il disposto dell'art. 63 del d.lgs. n. 274 del 2000, secondo il quale, in detti casi, si osservano le disposizioni del Titolo II del medesimo decreto legislativo, nel quale e' compreso anche l'art. 60. Di qui, dunque, la rilevanza della questione. 1.2.- Quanto, poi, alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale della norma, nella parte in cui non consente di sospendere condizionalmente la pena pecuniaria inflitta per reati di competenza del giudice di pace, neppure nell'ipotesi in cui il beneficio sia stato invocato dalla difesa. Per tal verso, la disposizione censurata violerebbe l'art. 3 Cost., determinando una irragionevole disparita' di trattamento tra i reati di competenza del giudice di pace e quelli di competenza del tribunale in composizione monocratica parimenti puniti con pena pecuniaria. Al riguardo, il rimettente rileva che, in riferimento a detto parametro, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 60 del d.lgs. n. 274 del 2000 - gia' sottoposta all'esame della Corte costituzionale, ma da essa mai scrutinata nel merito (ordinanze n. 370 del 2004 e n. 290 del 2003) - e' stata dichiarata, per converso, in piu' d'una occasione manifestamente infondata dalla Corte di cassazione. Ad avviso del giudice a quo, tuttavia, gli argomenti addotti a sostegno di tale declaratoria non potrebbero essere condivisi. Al fine di giustificare la disparita' di trattamento denunciata non varrebbe, in particolare, far leva sulla diversa natura delle sanzioni irrogate nei due casi. La pena pecuniaria inflitta per reati di competenza del giudice di pace non differirebbe, infatti, da quella irrogata per reati di competenza del giudice professionale, che pure e' reputata dalla giurisprudenza pacificamente suscettibile di sospensione, anche se applicata in sostituzione di una pena detentiva ai sensi dell'art. 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), come del resto attesterebbe la previsione del successivo art. 57, terzo comma. Nel sistema vigente, la sospensione condizionale potrebbe essere concessa, d'altra parte, anche per i reati di competenza del tribunale punibili con la sola ammenda, e cio' soprattutto allorche' lo stesso imputato ne abbia fatto richiesta, posto che, in tale ipotesi, egli non potrebbe dolersi del carattere svantaggioso della decisione adottata dal giudice. Neppure si potrebbe parlare di una «insindacabile scelta di politica criminale» del legislatore...

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