n. 46 SENTENZA 10 - 13 marzo 2014 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge della Regione autonoma della Sardegna 23 ottobre 2009, n. 4 (Disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo), promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Oristano nel procedimento penale a carico di B.A. con ordinanza del 23 dicembre 2011, iscritta al n. 77 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 2012. Visti l'atto di costituzione di B.A. nonche' l'atto di intervento della Regione autonoma della Sardegna;

udito nell'udienza pubblica dell'11 febbraio 2014 il Giudice relatore Giuseppe Frigo;

uditi gli avvocati Luigi Marcialis per B.A. e Massimo Luciani per la Regione autonoma della Sardegna. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza depositata il 23 dicembre 2011, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Oristano ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, 117 e 118 della Costituzione e all'art. 3 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge della Regione autonoma della Sardegna 23 ottobre 2009, n. 4 (Disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo). 1.1.- Il giudice a quo rileva che la norma censurata consente, «anche mediante il superamento degli indici massimi di edificabilita' previsti dagli strumenti urbanistici ed in deroga alle vigenti disposizioni normative regionali, l'adeguamento e l'incremento volumetrico dei fabbricati ad uso residenziale, di quelli destinati a servizi connessi alla residenza e di quelli relativi ad attivita' produttive, nella misura massima, per ciascuna unita' immobiliare, del 20 per cento della volumetria esistente». Ai sensi dell'art. 10, comma 3, della medesima legge reg. n. 4 del 2009, gli interventi in questione «sono assoggettati alla procedura di denuncia di inizio attivita' (DIA)», fatta eccezione per talune ipotesi, non rilevanti nel procedimento a quo, nelle quali «deve essere ottenuta la concessione edilizia». Riferisce il rimettente che, sulla base della disciplina regionale ora ricordata, una persona aveva intrapreso, in qualita' di committente, opere di ristrutturazione edilizia intese a ricavare tre appartamenti in luogo dei due esistenti al piano attico di uno stabile condominiale sito nel Comune di Oristano, incrementando il volume del fabbricato tramite la copertura della superficie gia' occupata dalle terrazze. I lavori erano, peraltro, iniziati prima dello spirare del termine dilatorio di trenta giorni dalla presentazione della DIA, previsto dall'art. 23 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia - Testo A). Il 3 novembre 2010 la polizia municipale aveva, quindi, proceduto di propria iniziativa al sequestro dell'opera: sequestro i cui effetti erano peraltro decaduti. In esito a cio', il pubblico ministero aveva chiesto al rimettente di disporre il sequestro preventivo dell'immobile, ritenendo configurabile il reato di cui all'art. 44, comma 1, lettera a), del d.P.R. n. 380 del 2001, che punisce, tra l'altro, l'inosservanza delle prescrizioni degli strumenti urbanistici: cio' in quanto, con i lavori in questione, si sarebbe aumentata la cubatura di un edificio insistente su un lotto di terreno che, in base agli indici di fabbricabilita' previsti dagli strumenti urbanistici locali, aveva gia' esaurito la propria capacita' edificatoria. Nel decidere su tale richiesta, il giudice a quo aveva sollevato, con ordinanza depositata il 20 dicembre 2010, una prima questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge reg. n. 4 del 2009, in relazione alla quale questa Corte aveva disposto, con ordinanza n. 237 del 2011, la restituzione degli atti al rimettente per un nuovo esame della rilevanza alla luce della sopravvenuta norma di interpretazione autentica di cui all'art. 5, comma 2, lettera c), del decreto-legge 3 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia), convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106. 1.2.- Ad avviso del Giudice di Oristano, la questione resterebbe rilevante anche alla luce della disposizione ora indicata, la quale ha chiarito che l'istituto della segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA) - introdotto prima dei fatti oggetto del procedimento principale dall'art. 49, comma 4-bis, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 - sostituisce la DIA nella materia edilizia, salvo che si tratti di DIA alternativa o sostitutiva del permesso di costruire (cosiddetta «super-DIA»). Nella specie, non si verterebbe in quest'ultima ipotesi, giacche' gli interventi edilizi previsti dalla norma censurata sarebbero soggetti, in via generale, a DIA cosiddetta «semplice» - da ritenere sostituita, dunque, dalla SCIA - e non gia' a «super-DIA». Rimarrebbe cosi' confermato quanto sostenuto con la precedente ordinanza di rimessione: e, cioe', che l'avvenuto inizio dei lavori in discussione prima dei trenta giorni dalla presentazione della DIA sarebbe privo di rilievo, in quanto la procedura della SCIA non esige il rispetto di alcun termine, a partire dalla segnalazione, prima dell'inizio dell'attivita';

il che impedirebbe di ravvisare nella fattispecie il reato di cui alla lettera b) dell'art. 44, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001, quale ipotesi di esecuzione di opere edili in assenza del prescritto titolo abilitativo. L'unico reato configurabile - e in relazione al quale potrebbe essere disposto il sequestro preventivo richiesto dal pubblico ministero - sarebbe, dunque, quello di cui alla lettera a) dello stesso articolo, se non fosse per la possibilita' di deroga agli strumenti urbanistici prevista dalla norma regionale censurata: donde la rilevanza della questione. In via subordinata, peraltro, il rimettente assume che la questione resterebbe rilevante anche qualora si ritenesse che la DIA prevista dalla legge regionale sia alternativa o sostitutiva del permesso di costruire: ipotesi nella quale - non essendo stata detta denuncia sostituita dalla SCIA - l'indagata dovrebbe rispondere del reato di cui alla lettera b), per avere iniziato i lavori prima dei trenta giorni dalla denuncia. Nelle more, la fattispecie abilitativa relativa all'ipotetica «super-DIA» si sarebbe, infatti, comunque perfezionata, essendo l'anzidetto termine dilatorio da tempo spirato: con la conseguenza che l'indagato, da un lato, potrebbe continuare a costruire;

dall'altro, pur potendo essere condannato per il reato di cui alla lettera b) in relazione ai lavori eseguiti ante tempus, non potrebbe essere assoggettato, con la sentenza di condanna, ad un ordine di demolizione delle opere, stante il titolo abilitativo sopravvenuto. Cio' imporrebbe, allo stato, il rigetto della richiesta di sequestro, non risultando la misura funzionale ad alcuna esigenza preventiva. La conclusione muterebbe, tuttavia, ove la norma che ha consentito la formazione di quel titolo abilitativo fosse dichiarata costituzionalmente illegittima. In tal caso, infatti, l'ordine di demolizione diverrebbe possibile, stante il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita' in forza del quale il giudice penale ha il dovere di verificare, a tale fine, la legittimita' del titolo sopravvenuto che consente la realizzazione del manufatto originariamente abusivo. Inoltre, la prosecuzione dell'attivita' edilizia in base a detto titolo comporterebbe la violazione della lettera a) dell'art. 44, che si aggiungerebbe a quella della lettera b), gia' consumata. La richiesta del pubblico ministero potrebbe essere, dunque, in questo caso accolta, in quanto il sequestro risulterebbe funzionale sia «a non frustrare le conseguenze ripristinatorie» connesse all'accertamento della violazione di cui alla lettera b), sia ad impedire la prosecuzione del reato di cui alla lettera a). 1.3.- Quanto, poi, alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo ripropone le censure gia' in precedenza prospettate, rimarcando come la loro validita' non risulti in alcun modo inficiata dalle modifiche apportate, medio tempore, alla legge regionale in discussione dalla legge reg. Sardegna 21 novembre 2011, n. 21 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale n. 4 del 2009, alla legge regionale n. 19 del 2011, alla legge regionale n. 28 del 1998 e alla legge regionale n. 22 del 1984, ed altre norme di carattere urbanistico). Il rimettente rileva, in specie, come la disciplina dell'attivita' urbanistica risulti improntata al «sistema della pianificazione», che assegna in modo preminente ai Comuni - quali enti locali piu' prossimi al territorio - la valutazione generale degli interessi coinvolti. Tale competenza dovrebbe essere esercitata, bensi', nel rispetto delle prescrizioni regionali, senza, tuttavia, che queste possano esautorare i Comuni delle loro potesta', operando «le concrete scelte urbanistiche con carattere immediatamente precettivo». L'assetto ora descritto troverebbe, d'altro canto, «copertura costituzionale» alla luce tanto dei limiti alle competenze legislative regionali, quanto delle competenze direttamente attribuite ai Comuni dagli artt. 117 e 118 Cost. L'art. 2 della legge reg. n. 4 del 2009, sul cosiddetto «piano casa», avrebbe per converso introdotto un «elemento [...] di rottura» del sistema, autorizzando in modo diretto ampliamenti volumetrici dei fabbricati esistenti, senza consentire ai Comuni di conformarli alle concrete esigenze...

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