N. 270 ORDINANZA 19 - 28 novembre 2012

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente:Alfonso QUARANTA;

Giudici :Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,

Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,

Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,

ha pronunciato la seguente ORDINANZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo dell'articolo 130 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), promossi dal Tribunale ordinario di Roma con quattro ordinanze del 21 settembre 2011, rispettivamente iscritte ai nn. 6, 7, 8 e 9 del registro ordinanze 2012 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 2012.

Visti gli atti di costituzione di A. G. nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 23 ottobre 2012 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

uditi gli avvocati Giampiero Amorelli e Marco Annecchino per A.

G. e l'avvocato dello Stato Maurizio Di Carlo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che, con quattro ordinanze di identico contenuto, tutte depositate in data 21 settembre 2011, il Tribunale ordinario di Roma ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, secondo e terzo comma, 53, primo comma, 111, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 130 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n.

115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), nella parte in cui prevede che, in caso di ammissione al beneficio della difesa a spese dello Stato del non abbiente in controversie in materia civile, il giudice, allorche' provvede alla liquidazione dei compensi spettanti al difensore, deve tenere conto che questi 'sono ridotti della meta'';

che il rimettente precisa di essere chiamato a giudicare sulla opposizione proposta da un avvocato - il quale ha difeso dei cittadini stranieri, ammessi al patrocinio a spese dello Stato, in procedimenti civili aventi ad oggetto il riconoscimento dello status di rifugiato politico - avverso i decreti con i quali, in relazione ai predetti giudizi, sono state liquidate le sue competenze;

che fra le lagnanze dell'opponente vi e' quella legata all'avvenuta riduzione delle competenze nella misura della meta', operata ai sensi dell'art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002;

che il rimettente, ricostruite la modalita' applicative della disposizione in questione - nel senso che il giudice, effettuata la liquidazione entro il limite degli importi medi previsti in funzione del valore della controversia, deve dimezzare l'importo cosi' determinato ed attribuirlo al professionista solo nella misura cosi' risultante -, ha, preliminarmente, escluso la tacita abrogazione della disposizione censurata per effetto della entrata in vigore dell'art. 2, comma 2, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248, il quale prevede che 'il giudice provvede alla liquidazione delle spese di giudizio e dei compensi professionali, in caso di (...) gratuito patrocinio, sulla base della tariffa professionale';

che, in particolare, ad avviso del rimettente la previsione normativa sopravvenuta - resasi necessaria onde chiarire che il meccanismo di liberalizzazione delle tariffe, introdotto dallo stesso decreto-legge n. 223 del 2006, opera limitatamente ai rapporti di natura contrattuale fra professionista e cliente e non laddove la liquidazione intervenga ex officio - non esclude la operativita' di altri meccanismi modificativi, fissati dalla legge, atti ad incidere sulla liquidazione tramite tariffa;

che - quanto alla rilevanza della questione nei giudizi a quibus - il rimettente precisa di essere chiamato a sindacare il provvedimento di liquidazione emesso sulla base della normativa censurata che egli, pertanto, e' tenuto ad applicare in sede di gravame;

che, per cio' che concerne la non manifesta infondatezza della questione, il rimettente ritiene che la disposizione violerebbe diversi parametri costituzionali: vale a dire gli artt. 3, 24, 53, 111 e 117, comma primo, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6, primo comma, della Convenzione europea dei diritti umani, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848;

che, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, espressivo del principio di eguaglianza, ritiene il Tribunale di Roma che molteplici siano i profili di illegittimita' costituzionale riscontrabili nella disposizione censurata;

che, essa, infatti, determinerebbe una disparita' di trattamento in funzione della natura, civile o penale, del processo in relazione al quale sono stati liquidati i compensi al professionista il cui cliente sia stato ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, posto che l'abbattimento dei compensi liquidati dal giudice non opera in materia penale;

che - non ignaro che analoga questione di legittimita' costituzionale gia' e' stata in passato decisa da questa Corte, nel senso della sua manifesta infondatezza, sulla base della incomparabilita' fra i due modelli processuali cui fa sfondo la diversita' degli interessi coinvolti dai medesimi - il rimettente auspica un superamento di tali decisioni, argomentando che la diversita' degli interessi coinvolti non comporta che quelli implicati nei giudizi civili siano di minore dignita' ed importanza, potendo, come nei giudizi a quibus, concernere diritti fondamentali della persona;

che, aggiunge, la diversita' fra i due modelli processuali, frutto della diversita' degli interessi implicati, non giustificherebbe comunque la diversita' fra i criteri di remunerazione degli avvocati interessati, in quanto la distinzione fra le situazioni soggettive tutelate riguarderebbe solo le parti dei giudizi non anche i loro difensori che hanno uguale diritto a vedere compensato il proprio impegno;

che, per il rimettente, un'ingiustificata disparita' di trattamento sarebbe ravvisabile, nell'ambito dello stesso sistema del processo civile, fra la posizione dell'avvocato che abbia difeso una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato e quella di chi abbia difeso una parte ordinaria, posto che i criteri di determinazione...

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