N. 265 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 ottobre 2011

IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 569 del 2011, proposto da: Societa' Consorcasa Regione Lazio Coop. a r.l., Fiore di Verbena s. r.l., Pao.Mar s.r.l.., Immobiliare Tuscolana 1976 s.r.l.., Edilizia Residenziale Nomentana s.r.l.., Emma Natili, rappresentati e difesi dagli avv.

Alessandro Pallottino e Alessandra Sandulli, con domicilio eletto presso Alessandro Pallottino in Roma, via Oslavia n.12;

Contro Roma Capitale, rappresentato e difeso dall'Andrea Magnanelli, domiciliata per legge in Roma via Tempio di Giove 21;

Per la riforma della sentenza del T.A.R. Lazio Roma: Sezione II n. 33208/2010, resa tra le parti, concernente esecuzione giudicato pagamento somma a titolo indennita' di esproprio;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 31 maggio 2011 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Alessandro Pallottino, Alessandra Sandulli, nonche' l'avv. Luigi D'Ottavi;

  1. - La societa' cooperativa Consorcasa Regione Lazio e gli altri soggetti indicati in epigrafe hanno impugnato la sentenza 5 novembre 2010 n. 33208, con la quale il TAR Lazio, sez. II, ha accolto 'nei limiti e nei termini di cui in motivazione' il loro ricorso per l'esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza 10 novembre 2008 n. 4565 della Corte di Appello di Roma.

    Tale sentenza ha determinato l'indennita' di esproprio (verificatosi molti anni addietro) loro spettante nella misura di Euro 20.747.187,18, oltre interessi legali, dalla data del 30 aprile 1996 alla sentenza.

    Le somme dovute sono state successivamente determinate dagli attuali appellanti, con atto di diffida ad eseguire e messa in mora, ex art. 90 RD. n. 642/1907, in Euro 20.747.187,18, a titolo di indennita' di esproprio; Euro 9.087.948,22, quali interessi legali dalla data del 30 aprile 1996 alla sentenza; Euro 120.852,00 a titolo di spese legali, liquidate in sentenza, accessori di legge e spese di CTU.

    La sentenza appellata ha affermato:

    a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 78 d.l. n.

    112/2008, conv. in legge n. 133/2008, e del relativo d.P.C.M. di attuazione 4 luglio 2008, per tutte le obbligazioni contratte dal Comune di Roma anteriormente all'istituzione della Gestione Commissariale (28 aprile 2008), nonche' per tutte quelle contratte alla data di emanazione del citato DPCM, trovano applicazione l'art.

    248, commi 2,3,4 e 255, comma 12, d.lgs. n. 267/2000, di modo che e' impedita 'categoricamente la coltivazione di azioni esecutive nei confronti dell'Ente, per debiti che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione', precisandosi (ai sensi dell'art. 4, comma 8-bis, d.l. n. 2/2010, conv. in legge n. 42/2010), che 'la gestione commissariale del Comune assume, con bilancio separato rispetto a quello della gestione ordinaria, tutte le obbligazioni derivanti da fatti o atti posti in essere fino alla data del 28 aprile 2008 anche qualora le stesse siano accertate e i relativi crediti siano liquidati con sentenze pubblicate successivamente alla medesima data';

    atteso la natura 'determinativa' della sentenza della quale si chiede l'ottemperanza, 'e' all'epoca del fatto o atto che occorre avere riguardo per verificare l'assoggettamento dell'obbligazione dallo stesso derivante al regime della gestione commissariale, nella specie sicuramente posto in essere in epoca anteriore al 28 aprile 2008';

    'l'inadempienza dell'amministrazione, tenuto conto della portata che assume nella vicenda de qua la dichiarazione di dissesto finanziario relativamente al Comune di Roma nonche' delle disposizioni contenute nei DPCM 4 luglio 2008 e 5 dicembre 2008 comporta l'accoglimento del ricorso proposto dalla parte ricorrente nei seguenti termini (e limiti) per cui va ordinato al Comune di Roma di dare esecuzione alle statuizioni contenute nella sentenza della Corte di Appello di Roma n. 4565/08 ... provvedendo alla ricognizione nel bilancio dell'ente della presenza di somme disponibili per il pagamento anche di spese legali e/o di crediti e, conseguentemente, ordinandosi il pagamento di quanto dovuto; in caso di esito negativo della suindicata indagine, provvedendo all'inserimento nella massa passiva dell'importo dovuto all'odierna parte ricorrente a titolo di capitale, accessori e spese'.

    Avverso tale decisione, sono stati proposti i seguenti motivi di appello:

    1. violazione del giudicato; violazione degli artt. 24 e 113

      Cost., nonche' conseguente violazione art. 43 Cost. e dell'art. 37

      DPR n. 327/2001, in merito al diritto dei proprietari espropriati ad ottenere un equo indennizzo per l'ablazione subita; cio' in quanto 'la pronuncia del giudice di I grado, di fatto, ha inibito ai ricorrenti di ottenere il conseguimento reale, e non soltanto di principio, dell'utilita' riconosciutagli dalla sentenza della Corte d'Appello di Roma'; in sostanza, 'il TAR ha, di fatto, accolto il ricorso ma, nella sostanza, ha negato alle odierne appellanti effettiva soddisfazione in quanto ha stabilito che 'la dichiarazione di dissesto finanziario (del Comune) non puo' essere ignorata e cio' a prescindere dalla natura della sentenza che costituisce il giudicato'. In definitiva, il TAR avrebbe dovuto disporre realmente l'ottemperanza del giudicato formatosi sulla pronuncia della Corte d'Appello di Roma, ordinando al Comune di Roma di pagare quanto indicato in detta pronuncia o mediante il bilancio ordinario o, al limite, anche mediante il bilancio straordinario, ma in entrambi i casi e non solo nel primo, o, entro un lasso di tempo ben determinato e disponendo, sempre per entrambi i casi, la nomina di un commissario ad acta in caso di persistente inadempienza';

    2. violazione art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia in merito allo svincolo delle indennita' provvisorie; violazione del giudicato;

      poiche' 'la novella legislativa del 2010 non avrebbe potuto in ogni caso essere applicata almeno con riferimento a quella parte di somme a suo tempo determinata e certamente depositata dal Comune di Roma come indennita' provvisoria attualmente giacente presso il MEF' (precisamente Euro 657,905,00, 'i quali essendo gia' da tempo usciti dalle casse del Comune costituiscono un debito gia' assolto (anche se antecedente al 28 aprile 2008). Al contrario il TAR 'non ha posto alcuna differenza tra le somme gia' versate dal Comune e quelle ancora da versare a seguito della determinazione giudiziale dell'indennita'', ordinando per entrambe la ricognizione nel bilancio ordinario e, in caso di esito negativo, ha ordinato l'inserimento nella massa passiva';

    3. ulteriore violazione art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia in merito al pagamento delle spese legali indicate nella sentenza della Corte d'Appello n. 4565/2008; violazione del giudicato; cio' in quanto il TAR ha omesso di pronunciarsi, laddove, stante la condanna al pagamento delle spese di giudizio, 'il diritto riconosciuto dall'art. 91 c.p.c. sorge incontestabilmente con la sentenza e non prima, per cui nel caso di specie trattasi di un'obbligazione che certamente non deriva da atti o fatti posti in essere prima dell'aprile 2008'.

      Dopo avere innanzi tutto richiesto che questo Consiglio di Stato, in accoglimento dell'appello, disponga concretamente per l'ottemperanza del Comune di Roma alla sentenza della Corte di appello n. 4565/2008, imponendo al Comune di pagare entro un termine prefissato e provvedendo da subito alla nomina di un Commissario ad acta, per il caso di perdurante inadempimento, gli appellanti, per l'ipotesi i cui si ritenesse applicabile al caso di specie l'art. 78 d.l. n. 112/2008, come modificato e integrato dall'art. 4, comma 8-bis, legge n. 42/2010, chiedono che di tali norme venga valutata 'l'esatta portata in una chiave di lettura costituzionalmente orientata e, in ulteriore subordine, di sollevare questione di illegittimita' costituzionale in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 41, 100, 101, 102, 103, 104, 108 e 113 Cost.' (pagg. 20 - 47 appello).

      Si e' costituita in giudizio Roma Capitale (gia' Comune di Roma), che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilita' dell'appello 'considerato il venir meno della titolarita' di una posizione debitoria di Roma Capitale con riferimento al credito per cui si procede' e atteso che 'la Gestione Commissariale e' un autonomo organo governativo subentrato alla ordinaria amministrazione finanziaria del Comune di Roma'; viene, in ogni caso, conclusivamente richiesto il rigetto dell'appello, stante la sua infondatezza.

      All'udienza del 31 maggio 2011, la causa e' stata riservata in decisione.

  2. - Con sentenza 10 agosto 2011 n. 4772, questo Consiglio di Stato, parzialmente pronunciando sull'appello proposto, ha affermato innanzi tutto, sulla scorta dei principi gia' enunciati da questa Sezione con la sentenza n. 8363/2010, che, in sede di ottemperanza, ed a fronte di una disciplina normativa che richiama - applicandola a Roma capitale - quella applicabile agli enti locali dissestati, il giudice (in disparte, momentaneamente, ogni questione che possa intendere sollevare sulla supposta illegittimita' costituzionale delle norme):

    deve innanzi tutto accertare il momento di insorgenza della obbligazione, in modo da attribuire, in presenza di un discrimine temporale, la qualifica di debitore all'ente o alla gestione commissariale;

    qualora questa rientri nella gestione commissariale, non puo' emettere pronuncia che obblighi la gestione commissariale, o tanto meno l'ente locale, ad eseguire la sentenza ne' puo', di conseguenza, procedere alla nomina di un commissario ad acta;

    qualora l'obbligazione risulti certa nell'an, ma non nel quantum, poiche' la sentenza per la quale si richiede disporre l'ottemperanza si e' limitata a fissare criteri generali (ad esempio, ai sensi dell'art. 35 d.lgs. n. 80/1998, ovvero ai sensi dell'art.

    34, comma 4, Cpa), il...

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