N. 21 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 novembre 2010

IL TRIBUNALE Vista la richiesta di' revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere cui e' attualmente sottoposto B.

  1. nata a No nel procedimento sopraindicato formulata dal difensore R. Brizio;

Visto il parere contrario espresso dal P.M.;

Osserva B.B. e' attualmente sottoposta alla misura cautelare della custodia in carcere a far data dal 22 aprile 2009 per i reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. n. 309/90 commessi a N. e S. dal 2006 fino alla data di esecuzione della misura cautelare.

In particolare all'imputata B. sono attribuite la condotta di partecipe ad un'associazione a delinquere finalizzata all'acquisto ed alla successiva cessione di sostanze stupefacenti, nonche' plurimi episodi di acquisto e vendita di stupefacente commessi nell'arco temporale sopra descritto.

Nei confronti dell'imputata e' stato celebrato il processo di primo grado con le forme del giudizio abbreviato, all'esito del quale, in data 16 giugno 2010, e' stata emessa sentenza di condanna alla pena complessiva di 9 anni di reclusione.

Il difensore chiede la revoca della misura cautelare in corso o la sostituzione con misure cautelari meno afflittive, quali l'obbligo di presentazione alla P.G. o gli arresti domiciliari, ponendo a sostegno dell'intervenuta cessazione o affievolimento del pericolo di reiterazione di reati analoghi plurime circostanze quali l'efficacia deterrente del lungo periodo di detenzione finora patito dall'imputata, la sua incensuratezza, il comportamento sostanzialmente collaborativo tenuto nel corso del processo e l'esigenza di riallacciare i rapporti con i figli minori di dieci e nove anni ad oggi in affidamento in forza di provvedimento del Tribunale peri Minorenni, rapporti interrotti dall'inizio della carcerazione preventiva e la cui ripresa e' subordinata ad una sua collocazione alternativa al carcere.

Il difensore ha prodotto una dichiarazione di disponibilita' ad accogliere la signora B. in regime di arresti domiciliari da parte della responsabile dell'istituto Missionario della Carita' sito in M.

Ritiene questo giudice che le argomentazioni difensive poste a sostegno dell'istanza non siano idonee a convincere della cessazione delle esigenze cautelari a carico dell'imputata, anche con specifico riferimento all'art. 74 d.P.R. n. 309/1990, considerata la professionalita' dimostrata nella conduzione nella gestione delle attivita' di spaccio in cui si e' estrinsecata l'operativita' del sodalizio a cui la stessa ha partecipato, circostanze queste che non consentono, allo stato, di rinunciare ad ogni forma di cautela nei suoi confronti.

Peraltro, le circostanze evidenziate dal difensore non possono non essere considerate quali elementi da valorizzare positivamente nell'ambito di una valutazione di affievolimento del quadro cautelare, anche in ragione delle peculiarita' della vicenda in cui si inseriscono le condotte di reato, che ha visto il vincolo associativo svilupparsi in ambito sostanzialmente familiare in un periodo nel quale quasi tutti gli associati erano anche consumatori di stupefacente: il lungo periodo di carcerazione patito costituente per la signora B. la prima esperienza detentiva - la comprensione del disvalore delle proprie condotte e l'esigenza da tempo manifestata dalla donna di riprendere a svolgere il proprio ruolo genitoriale attraverso una progressiva ripresa di contatti con i figli minori sono tutti elementi che, valutati unitamente alla comprovata disponibilita' di un domicilio idoneo a garantire la lontananza della stessa dagli ambienti criminali in cui sono maturate le condotte in contestazione, inducono a ritenere, allo stato, adeguata a fronteggiare il sussistente pericolo di reiterazione di reati analoghi la misura cautelare degli arresti domiciliare presso l'istituto religioso indicato dal difensore.

Risulta infatti conforme allo spirito delle norme in materia cautelare il fatto che il processo di graduale superamento dei fattori criminogeni e della conseguente pericolosita' sociale da parte dell'imputato venga accompagnato da misure cautelari via via attenuate durante le quali si' possa verificare la reale intenzione dello stesso di impostare il proprio futuro comportamento nel rispetto della legalita' e dei valori tutelati dal nostro ordinamento.

Cio' posto si rileva che la normativa attualmente esistente in materia di criteri di scelta delle misure cautelari non consente, pur in presenza di un giudizio di affievolimento del quadro cautelare, di adottare il provvedimento di sostituzione richiesto dal difensore.

L'ostacolo e' costituito dalla presunzione assoluta di adeguatezza della sola misura della custodia cautelare in carcere, introdotta dalla recente modifica dell'art. 275, comma 3 c.p.p. operata dall'art. 2, comma 1, lett a) del decreto-legge 23 febbraio 2009, n.

11 - convertito con legge 23 aprile 2009 n. 45 - applicabile in caso di sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine ad una serie molto ampia di reati, individuati attraverso il rinvio ai delitti di cui all'art. 51 commi 3-bis e quater c.p.p. operato dalla norma in questione, tra i quali e' compreso quello di cui all'art. 74 d.P.R.

n. 309/90 per cui si procede. La norma stabilisce una presunzione relativa - di sussistenza di esigenze cautelari ('salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari'), in presenza delle quali vi e' una presunzione legale assoluta di adeguatezza della sola misura cautelare della custodia in carcere.

Tale ultima disposizione pone, a parere di chi scrive, dubbi di legittimita' costituzionale che impongono la sospensione del procedimento e la rimessione degli atti all'esame della Corte costituzionale.

La rilevanza della questione discende oltre che dalle argomentazioni sopra esposte in ordine alla valutazione di attenuazione delle esigenze cautelari che imporrebbero la sostituzione della misura cautelare in corso, anche dalla consolidata e condivisibile interpretazione della giurisprudenza di legittimita' secondo cui l'applicabilita' della disposizione di cui all'art. 275, terzo comma c.p.p., quale norma di carattere processuale ed in virtu' del principio tempus regit actum, si estende anche alla misure cautelari da adottare peri fatti delittuosi commessi anteriormente alla entrata in vigore della norma stessa (da ultimo Cass. 16 giugno 2008, n. 24433): cio' in ossequio alla distinzione tra norme sostanziali e norme processuali e per il carattere proprio della materia cautelare, caratterizzata dalla strumentalita' rispetto al procedimento di merito, dalla fluidita' e conseguente continua modificabilita' delle decisioni, perche' rivolte alla...

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