n. 29 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 novembre 2013 -

IL TRIBUNALE Riunito in Camera di consiglio ha pronunciato la seguente ordinanza sulla richiesta di riesame depositata/pervenuta in data 27 febbraio 2013 dal difensore K.B. avverso l'ordinanza 9 febbraio 2013 del G.I.P. del Tribunale di Bergamo di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, pronunciando in sede di rinvio a seguito di sentenza della Corte di Cassazione 20 giugno 2013 (depositata l'11 luglio 2013) di annullamento dell'ordinanza pronunciata da questo Tribunale in data 8 marzo 2013;

Premesso che gli atti sono pervenuti a questo Ufficio in data 11 ottobre 2013 sciogliendo la riserva formulata all'udienza camerale del 29 ottobre 2013 Osserva Con ordinanza 9 febbraio 2013 - eseguita il 13 febbraio 2013 - il G.I.P. del Tribunale di Bergamo applicava a K. B. la misura cautelare della custodia in carcere per il delitto di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione ai danni di plurime donne e in concorso con altri soggetti. Piu' precisamente, il Giudice ravvisava la gravita' indiziaria riportando i contenuti della comunicazione di reato 84/5-101 del 21 febbraio 2013 dei Carabinieri di Bergamo, ivi comprese le sintesi dell'attivita' di intercettazione, e ritenendo comprovata l'attribuzione a K. B. dell'utenza intercettata atteso che, secondo l'impostazione accusatoria recepita dal Giudice, il ricorrente era subentrato nell'attivita' illecita allo zio paterno K. G. nel frattempo rientrato in Albania. Il Giudice tuttavia escludeva la contestata ipotesi associativa, ravvisando, nella cooperazione reciproca di tutti gli indagati nello sfruttamento della prostituzione di tutte le parti offese indicate nel capo di imputazione, una mera ipotesi concorsuale. Riteneva infine sussistente il pericolo di recidiva e adeguata la sola misura carceraria. In sede di interrogatorio di garanzia il ricorrente si avvaleva della facolta' di non rispondere, spontaneamente negando ogni addebito. Proposta richiesta di riesame dalla difesa di K. B. questo Tribunale con ordinanza 8 marzo 2013 dichiarava la nullita' del provvedimento cautelare per difetto di motivazione. Piu' precisamente, il Tribunale, richiamato il canone normativa dell'art. 292 c. 2 c.p.p. sul contenuto specifico dell'ordinanza cautelare in punto di gravita' indiziaria e sulla sanzione di nullita' in caso di trasgressione di quel canone, ed evidenziata la portata sostanziale dell'obbligo (pure sussistente a livello di fonte costituzionale), ripercorreva la giurisprudenza di legittimita' sull'argomento - anche con richiami alle pronunce piu' recenti - per la necessita' di definire la nozione di motivazione nulla in un ambito normativa che, comunque, consente al Tribunale in sede di riesame di integrare eventuali carenze dell'apparato motivazionale del provvedimento cautelare. In particolare, il Tribunale richiamava alcune pronunce della Suprema Corte secondo le quali l'apparato motivazionale e' inesistente perche' del tutto inadeguato o basato su affermazioni apodittiche (Cass. sez. 3, 17 settembre 2010, Lteri Lulzim - nel caso di specie la Corte, confermando l'ordinanza del Tribunale del riesame che aveva dichiarato la nullita' del provvedimento del G.I.P., ha precisato che non e' sufficiente una mera trascrizione delle intercettazioni per ritenere soddisfatto l'obbligo della motivazione), ovvero quando a fronte di articolate e complesse risultanze delle investigazioni ... il G.I.P. si sia limitato a riprodurre integralmente nel corpo della propria ordinanza, verosimilmente mediante il sistema del 'copia ed incolla' informatico, il testo della richiesta cautelare del P. M., senza dare dimostrazione di averne valutato criticamente il contenuto e di averne recepito il tenore perche' funzionale alle proprie determinazioni (Cass. sez. 6, 8 giugno 2012, Di Sarno). Cosi' individuato il percorso ermeneutico di legittimita' da preferire in ordine sia alla questione della motivazione del provvedimento cautelare conforme all'obbligo motivazionale dell'art. 292 c.p.p., sia al criterio per valutarne l'apparenza, il Tribunale ripercorreva l'istituto della motivazione per relationem alla stregua della medesima giurisprudenza di legittimita', onde verificare a quali condizioni era da ritenersi soddisfatto l'obbligo della motivazione a fronte di una tecnica di motivazione con rinvio recettizio al contenuto di altro atto del procedimento. Nello specifico, il Tribunale osservava che il G.I.P. con l'ordinanza impugnata aveva operato un rinvio recettizio - attraverso la trasposizione integrale (da p. 106 a p. 113) - alla comunicazione di reato della p.g. n. 84/5-101 del 21 gennaio 2013;

in altri termini, il Tribunale verificava che per la parte afferente la posizione del ricorrente K. B. il G.I.P. si era limitato a riprodurre integralmente la corrispondente parte della comunicazione di reato e che su quei dati di p.g. aveva proceduto alla riqualificazione del fatto a termini di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione in concorso e in danno di plurimi soggetti, anziche' di associazione per delinquere. In ultima analisi, il Tribunale sottolineava che vi era stato un trasferimento diretto del contenuto della comunicazione di reato nell'ordinanza cautelare senza mediazioni intellettive ed elaborative ulteriori e su tale presupposto aveva poi concluso quanto alla qualificazione del reato. Sulla base di queste premesse, il Tribunale affermava: - che una tale tecnica redazionale non soddisfaceva le condizioni sulla scorta delle quali era ammessa, dalla giurisprudenza di legittimita', la motivazione per relationem, anche perche' un atto di p.g. non puo' mai contenere una motivazione congrua rispetto all'esigenza motivazionale propria dell'atto di destinazione (l'ordinanza cautelare). Sottolineava che una tale tecnica pregiudicava la funzione di terzieta' del Giudice, il quale deve vagliare la fondatezza della ricostruzione fattuale proposta dalla p.g., essendo questa una ricomposizione storica unilaterale (legittimamente unilaterale);

- che in ogni caso non si rintracciava nel provvedimento cautelare alcuna argomentazione logico-giuridica relativa all'idoneita' degli elementi raccolti dalla p.g., essendo irrilevanti a tal fine le considerazioni del G.I.P. in punto di qualificazione dei fatti, valutazione quest'ultima che, ovviamente, presuppone l'accertamento dei fatti oggetto di qualificazione. Da ultimo, il Tribunale riteneva impossibile avvalersi del potere integrativo di cui all'art. 309 c. 9 c.p.p., atteso che la disposizione presuppone una motivazione se pure in qualche parte carente, operazione impraticabile a fronte di una motivazione assente che imporrebbe la scrittura ex novo del provvedimento cautelare. Avverso l'ordinanza del Tribunale era proposto ricorso per cassazione dal Pubblico Ministero. Con sentenza 20 giugno 2013 (depositata 11 luglio 2013) la Corte di Cassazione annullava l'ordinanza e rinviava al Tribunale per nuovo esame. La Corte in primo luogo riteneva preferibile quell'orientamento di legittimita', pure non univoco, che riconosceva in capo al Tribunale del riesame un potere di annullamento dell'ordinanza cautelare del G.I.P. per difetto di motivazione, pur limitando questo potere alle ipotesi di carenza grafica della motivazione, ovvero di un apparato argomentativo che, recependo integralmente il contenuto di altro atto del procedimento o nel rinviare a questo, si limita all'uso di mere clausole di stile o all'uso di frasi apodittiche, senza dare contezza alcuna delle ragioni per cui abbia fatto proprio il contenuto dell'atto recepito o richiamato o comunque lo abbia considerato coerente rispetto alle sue decisioni. Argomentava inoltre la Corte sulla legittimita' della motivazione del G.I.P. per relationem alla richiesta cautelare del Pubblico Ministero richiamando la propria giurisprudenza sul potere integrativo di cui all'art. 309 c. 9 c.p.p.. In conclusione, la Corte, nell'interpretazione sistematica degli artt. 292 c. 1-2 lett. c e 309 c. 9 c.p.p., affermava che la nullita' della misura coercitiva puo' essere dichiarata dal Tribunale del riesame solo nei casi di carenza grafica dell'ordinanza del G.I.P. o di giustificazione della misura mediante l'impiego di clausole di stile ed un generico rinvio alle risultanze delle indagini, dovendo, in ogni altro caso, avvalersi del potere integrativo summenzionato con accesso diretto al materiale indiziario. Nel merito della questione la Corte osservava che il G.I.P. aveva formulato un giudizio di gravita' indiziaria sulla base delle conversazioni estrapolate dal compendio indiziario, di talche' spettava al Tribunale del riesame integrare la motivazione, e conseguentemente annullava l'ordinanza con rinvio per nuovo giudizio. Ritualmente instaurato il contraddittorio relativamente al giudizio di rinvio, all'odierna udienza camerale, assente il Pubblico Ministero ritualmente avvisato, la difesa presente concludeva per l'annullamento della misura per difetto della gravita' indiziaria. Cosi' ricostruito l'iter procedimentale, questo Tribunale e' vincolato - ai fini della decisione - al principio di diritto affermato dalla Suprema Corte con la sentenza di annullamento. Il principio di diritto affermato, in relazione al combinato disposto degli artt. 292 c. 1-2 lett. c e 309 c. 9 c.p.p., e': la nullita' della misura coercitiva puo' essere dichiarata dal Tribunale del riesame solo nei casi di carenza grafica dell'ordinanza del G.I.P. o di giustificazione della misura mediante l'impiego di clausole di stile ed un generico rinvio alle risultanze delle indagini;

in ogni altro caso, il Tribunale deve avvalersi del potere integrativo summenzionato, con accesso diretto al materiale indiziario. Il principio enunciato contiene due affermazioni in diritto: - il Tribunale del riesame e' legittimato a dichiarare la nullita' del...

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