N. 265 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 giugno 2012

IL TRIBUNALE Nel procedimento iscritto al n. 2570/2011 RG e proposto dal sig.

Paolo Masci nato a Turania (Roma) l'8 giugno 1967 (codice fiscale n.

MSCPLA67H08G507Y), rappresentata e difesa dall'avv. Felice Fazio ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Tiziana Cicchinelli in Guidonia Montecelio (Roma), via Numa Pompilio n. 21, giusta delega in atti, attore;

Nei confronti della sig.ra Annamaria Melancini (codice fiscale n.

MLCNMR55P42E263E), rappresentata e difesa dall'avv. Paola Cicciotti ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Guidonia (Roma), via Montelucci n. 43 (fax 07743430479), giusta delega in atti, convenuta ed attrice in via riconvenzionale ha pronunciato la seguente ordinanza con la quale si solleva di ufficio questione di legittimita' costituzionale.

In fatto Parte attrice ha citato con atto notificato il 7 giugno 2011 innanzi al tribunale di Tivoli la convenuta per ottenere sentenza costitutiva di trasferimento in suo favore, ai sensi dell'art. 2932 del codice civile, dell'immobile (sito in Guidonia Montecelio censito ai NCEU foglio n. 18, particella n. 16, cat. C2-C1.3 ed annessi terreni di cui al foglio n. 18 e particelle nn. 1467, 1468 e 1473) che le era stato promesso con scrittura privata avente carattere preliminare del 27 febbraio 2007 (registrata presso l'Agenzia delle entrate - ufficio di Tivoli il 26 luglio 2007), previo accertamento del colposo inadempimento all'impegno preso con tale accordo da parte della convenuta e conseguente condanna al risarcimento del danno ex art. 1453, comma 1 del codice civile.

In via preliminare ha chiesto accertarsi la legittimita' del proprio recesso dal contratto per inadempimento grave ed imputabile al convenuto ex art. 1385 del codice civile, con conseguente condanna al pagamento del doppio della caparra versata ed al risarcimento del danno ulteriore.

Con atto depositato il 10 novembre 2011 la parte convenuta si e' costituita in giudizio, chiedendo in via riconvenzionale di dichiarare l'avvenuta risoluzione del diritto di cui al preliminare del 27 febbraio 2007 per inadempimento imputabile all'attore, con il conseguente diritto a trattenere la caparra.

Stante l'assenza di un giudice titolare del ruolo, la causa, originariamente fissata per il 3 novembre 2011, e' stata rinviata dal GOT incaricato del mero rinvio alla udienza del 21 giugno 2012 per i medesimi incombenti.

Nel corso di tale udienza le parti hanno chiesto concessione dei termini ex art. 183, comma 6 del codice di procedura civile.

Si pone preliminarmente il problema - rilevabile di ufficio dal giudice - circa la natura della controversia, ed in particolare se la stessa rientri in quelle previste dall'art. 5 del decreto legislativo n. 28/2010, e segnatamente nella materia dei diritti reali, al fine di verificare se sussista l'obbligo di esperire la mediazione obbligatoria, quale condizione di procedibilita'.

Collegata a tale problema e' la questione della ricomprendibilita' o meno nella mediazione obbligatoria delle domande connesse ma non rientranti nelle previsioni di cui all'art. 5 del decreto legislativo n. 28/2010, nel caso di specie le domande risarcitorie.

Il problema in diritto concerne quindi la condizione di procedibilita' del giudizio, che e' certamente rilevante e prodromica per la successiva prosecuzione del giudizio, dovendo nel caso il giudice assegnare i termini di legge per esperire la mediazione.

In diritto

La norma in questione e la sua interpretazione.

L'art. 5 del decreto legislativo n. 28/2010 sancisce che:

'1. Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilita' medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicita', contratti assicurativi, bancari e finanziari, e' tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'art. 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L'esperimento del procedimento di mediazione e' condizione di procedibilita' della domanda giudiziale.

L'improcedibilita' deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione e' gia' iniziata, ma non si e' conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'art. 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non e' stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.'.

Al successivo comma 4 sono previste espressamente le esclusioni:

'4. I commi 1 e 2 non si applicano:

  1. nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;

  2. nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'art. 667 dei codice di procedura civile;

  3. nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'art. 703, terzo comma, del codice di procedura civile;

  4. nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata;

  5. nei procedimenti in camera di consiglio;

  6. nell'azione civile esercitata nel processo penale.'.

Il significato non univoco della norma, quanto alla definizione dell'ambito di applicazione, in termini generali.

Si pone - con riferimento alla fattispecie in oggetto - il dubbio ermeneutico relativo alla portata ed al significato della locuzione 'diritti reali', ed in particolare di 'azione relativa ad una controversia in materia di (...) diritti reali'.

Affrontando il tema in termini generali, la lettura delle eccezioni di cui al successivo comma 4, poc'anzi riportato, porterebbe ad escludere dall'ambito di applicazione le sole fattispecie espressamente indicate (come, ad esempio, la convalida di sfratto).

Tuttavia, vi sono alcune azioni che, pur essendo relative a controversie in materia di diritti reali, rappresentano la modalita' di esercizio della facolta' di disposizione del titolare del diritto, che e' contenuto del diritto reale non nella staticita' del suo momento logico-descrittivo, ma nel momento dinamico del suo esercizio. Tali azioni, particolare, sono quella di nullita', di annullabilita', di risoluzione per inadempimento, per impossibilita' ed eccessiva onerosita' sopravvenuta di contratti ad efficacia reale o in quelle di significazione di scrittura privata aventi ad oggetti beni immobili, nonche' quelle relative al trasferimento coattivo del diritto reale di proprieta' ex art. 2932 del codice civile.

In tali ipotesi, l'azione riguarda, come detto, non gia' il momento statico della venuta ad esistenza nel mondo giuridico di un (nuovo) diritto reale, o conflitti sulla delimitazione dell'estensione del dominium, o - ancora - la tutela del titolare da turbative alla facultas excludendi alios, che - in parte esauriscono le forme di godimento, quanto la validita' dell'atto e l'evoluzione del rapporto da questo costituito, che invece, solo mediatamente riguardano un diritto reale.

Alla luce di quanto sopra, sembrerebbe quindi di poter affermare che sussiste una casistica di azioni certamente sussumibili nell'alveo applicativo della norma ed una 'zona grigia' ove e' invece non e' chiara la volonta' del legislatore.

Nel primo caso, stando al tenore letterale dell'art. 5, dovrebbero rientrare, con apparente certezza, le azioni relative all'acquisto ed alla perdita del diritto di proprieta', di servitu', di superficie, di usufrutto, ecc. Anche tale affermazione non e' tuttavia condivisa unanimemente.

Invero, ad avviso di parte della giurisprudenza (Tribunale di Varese) anche alcune di tali azioni non possono essere oggetto di mediazione. In particolare, ha osservato rettamente tale Tribunale che in caso di azione per la declaratoria di usucapione, il verbale di conciliazione non potrebbe comunque offrire all'attore un risultato equivalente a quello della sentenza (la conciliazione, infatti, non puo' determinare in favore dell'attore l'acquisto a titolo originario potendogli solo far conseguire eventualmente il bene immobile a titolo derivativo), sicche' la composizione amichevole della lite volgerebbe pertanto inevitabilmente al fallimento perche' l'attore non puo' rinunciare alla 'garanzia' dell'accertamento giudiziale. Ne consegue che non puo' trovare applicazione la disciplina della mediazione obbligatoria, a meno di volerla considerare come un aggravio extra-processuale (o endo-processuale, nel caso di specie) di costi e tempi dell'azione giuridica.

Da quanto sopra esaminato emerge percio' che la eterogeneita' delle azioni riconducibili a controversie in materie di diritti reali e' amplissima e, in conclusione l'elenco delle materie sottoposte a mediazione obbligatoria e' sostanzialmente indefinito: ogni proposta di delimitazione delle singole ipotesi, necessariamente ancorata al dato normativo, sconta la difficolta' di chiarire il significato di un lemma - diritti reali - di matrice dottrinaria, e per cio' privo di efficacia prescrittiva nel senso normativa del termine.

In sostanza la norma non e' in grado di offrire quella certezza della regola che deve essere propria della norma (e che ne connota la funzione) rimettendo il compito di legiferare 'di fatto' al giudice, con cio' delegando...

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