N. 164 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 gennaio 2012

IL TRIBUNALE Ha reso la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n.

24447-2008 del ruolo generale degli affari contenziosi avente ad oggetto: appello g.d.p. tra Carrassi Fabio (avv. Alfredo Sacchi), appellante, e Garofalo Sabrina e Pastore Antonio Maria (avv. Giovanni Coppola), appellati, nonche' Milano Assicurazioni S.p.a. (avv. Luigi Tuccillo), appellata.

Vista la sentenza non definitiva in pari data, con la quale, risolvendosi una 'questione' (art. 279, comma 2, n. 4 in relazione al n. 2 del codice di procedura civile) di carattere processuale, si e' dichiarato essere stata la sentenza di primo grado, impugnata con appello, pronunciata in equita' dal giudice di pace ex art. 113, comma 2 del codice di procedura civile;

Ritenuto in fatto e diritto 1. Come acclarato con sentenza non definitiva emessa in pari data, la presente vicenda processuale promana dalla proposizione, innanzi al Giudice di pace di Napoli, con citazione ritualmente notificata in data 9-15 marzo 2006, di domanda avanzata dalle odierne appellate Garofalo e Pastore di condanna della odierna parte appellante Carrassi, quale responsabile, e della sua consorte in lite Milano Assicurazioni S.p.a., quale impresa assicuratrice per la r.c.a., al risarcimento di danni derivanti da un sinistro occorso in Napoli, via Ruoppolo, in data 27 febbraio 2005.

Radicatosi il contraddittorio sulla costituzione e resistenza del Carrassi e della Compagnia di assicurazioni, espletata istruttoria mediante audizione, all'udienza del 16 maggio 2007, del Carrassi Fabio e del Pastore Antonio Maria, quali parti interrogate formalmente, e della teste Contemi Francesca nonche', all'udienza del 24 settembre 2007, della teste Ciotola Iolanda e del teste Caccavale Paolo, all'esito del processo il giudice onorario con sentenza n.

7616 del 4 febbraio 2007 ('sic'; in effetti, 4 febbraio 2008) - 7 febbraio 2008 accoglieva la domanda, condannando solidalmente il Carrassi e la Milano S.p.a. al pagamento di euro 800 a favore della Garofalo e di euro 400 a favore del Pastore, oltre accessori e spese.

Avverso detta sentenza proponeva gravame l'appellante in epigrafe innanzi a questo Tribunale con atto notificato il 13 giugno 2008, deducendo, nell'ambito del primo motivo di appello, essere stata accolta la domanda 'sulla scorta di dichiarazioni testimoniali mai rese' (p. 3); e, nell'ambito del secondo motivo di appello, avere 'il Giudice di pace ... erroneamente rilevato che il teste Ciotola Iolanda 'ha reso una puntuale e concordante deposizione sulla dinamica del sinistro, compatibile con i danni, desumibili dai rilievi fotografici agli atti di causa, confermando la dinamica cosi' come prospettata dagli attori', avendo invece ella dichiarato: 'sulla prima circostanza, nulla so in quanto non ero presente all'incidente.

Sulla seconda circostanza, nulla posso precisare; ricordo che nel pomeriggio mi trovavo a casa di mia cugina Sabrina Garofalo ed assistetti ad una telefonata di cui non posso precisare il contenuto, ma sentii mia cugina alterarsi. Null'altro so'.' (p. 4 atto di appello).

Sempre nell'ambito del secondo motivo d'appello, l'appellante rilevava che pure in ordine alla deposizione della teste Contemi il Giudice di pace aveva 'fondato il proprio convincimento ...

esclusivamente su circostanze non risultanti dai verbali di causa e da nessun'altra fonte probatoria, inventandole di sana pianta' (p. 5 atto di appello).

Costituitisi anche in appello i sigg. Pastore e Garofalo, gli stessi deducevano, tra l'altro, l'inammissibilita' dell'appello, per essere stata la sentenza di prime cure emessa in equita' ed essendo i motivi di appello estranei a quelli, a critica vincolata, di cui all'art. 339 nuovo testo del codice di procedura civile.

Si costituiva anche la Compagnia assicuratrice Milano S.p.a., che chiedeva accogliersi l'appello.

Rassegnate dalle parti una prima volta le conclusioni, con ordinanza in data 5 luglio 2010, non essendo applicabile al presente procedimento la disposizione dell'art. 101 del codice di procedura civile in vigore per le cause proposte dal 4 luglio 2009, veniva fissata udienza al fine di sottoporre al contraddittorio delle parti la questione, eventualmente rilevabile d'ufficio, dell'interpretazione costituzionale da darsi, o - in caso di impossibilita' di tale interpretazione - di eventuali profili di incostituzionalita' della disciplina introduttiva dell'appello a motivi limitati (art. 339, comma 3 del codice di procedura civile), tra i quali non sono inclusi i medesimi motivi di cui all'art. 395 del codice di procedura civile (e, in particolare, quello di cui al n. 4 dell'art. 395 stesso, laddove la parte appellante lamenta un errore di fatto risultante dagli atti di causa), a fronte di una disciplina della revocazione ordinaria che - in quanto originariamente coordinata con una disciplina dell'appello a critica libera - da' accesso alla stessa solo avverso sentenze pronunciate in appello o in unico grado.

Sentite le parti, le stesse assumevano sul punto le seguenti posizioni:

il Carrassi condivideva i dubbi di legittimita' costituzionale, ma cio' 'in via astratta' (cfr. comparsa depositata il 31 gennaio 2011, p. 1), ritenendo essere la questione non rilevante, per essere stata la sentenza impugnata pronunciata secondo diritto, fondando tale rilievo sul fatto che era indeterminata la domanda del Pastore, per esserne possibile un accoglimento per somma maggiore 'da definirsi in corso di causa' e, comunque, non potendo alcunche' desumersi dalla dichiarazione di valore 'esente' ai fini del contributo unificato;

i Pastore-Garofalo pure condividevano i dubbi, ma ritenevano possibile una loro rilevanza solo qualora la controparte avesse proposto revocazione, pur al di fuori dei casi previsti, e non gia' un appello inammissibile in quanto proposto avverso sentenza in equita', al di fuori dei motivi a critica limitata di cui all'art.

339 del codice di procedura civile (cfr. memoria depositata il 29 ottobre 2010).

Con sentenza non definitiva coeva alla presente ordinanza veniva dichiarato, come gia' accennato in epigrafe, essere stata la sentenza di primo grado, impugnata con appello, pronunciata in equita' dal giudice di pace ex art. 113, comma 2 del codice di procedura civile.

  1. L'acclaramento, giusta provvedimento avente veste di sentenza, e quindi costituente giudicato interno inderogabile ai fini del prosieguo del giudizio sino a sua eventuale rimozione, dell'essere stata la sentenza in primo grado pronunciata in equita', costituisce la prima valutazione, in punto di rilevanza, in ordine al dubbio di legittimita' costituzionale a sollevarsi.

    Invero, l'applicabilita' al procedimento in esame della disposizione, innovativa e limitativa dei motivi ammissibili di appello, dell'art. 339, comma 2 del codice di procedura civile, come introdotta dal decreto legislativo n. 40 del 2006, della cui legittimita' costituzionale si dubita, discende da detto accertamento in ordine all'essere stata emessa la sentenza di prime cure nel quadro di applicabilita' dell'art. 113, comma 2 del codice di procedura civile, cio' su cui le parti hanno dibattuto.

    Benche' la constatazione dell'esistenza di un giudicato interno sul punto, quale derivante da sentenza non definitiva, sia sufficiente in punto di notazione di rilevanza in proposito, puo' comunque accennarsi, in estrema sintesi, il percorso argomentativo che ha condotto, con la sentenza non definitiva che ad ogni buon conto si richiama (e che, come da ordine alla cancelleria, si disporra' inserirsi in copia conforme in atti ed allegarsi alla presente ordinanza a pienamente documentare la 'relatio'), a ritenere soggette a giudizio in equita' le due domande, in litisconsorzio facoltativo, proposte dalla Garofalo e dal Pastore:

    la prima, in quanto indicata in valore pecuniario che, anche sommato all'equivalente pecuniario di interessi e rivalutazione al momento della domanda, computati secondo i noti parametri legali e ISTAT, non raggiungeva gli euro 1.100;

    la seconda, pur non indicata in valore pecuniario, in quanto ristretta da inequivoca clausola di contenimento entro la competenza per equita' del giudice di pace, contenimento riferibile - giusta giurisprudenza della SC. - alle istanze accessorie di rivalutazione e interessi, siccome pedisseque a domanda risarcitoria non espressa in moneta.

    E' dunque rilevante, ai fini della definizione del processo, l'applicazione all'appello che qui si esamina dell'art. 339 cit.

  2. Altra valutazione da effettuarsi, in termini di rilevanza della proponenda questione di costituzionalita', concerne il sussistere, nell'ambito dei motivi di appello, di una doglianza (o meglio di piu' d'una doglianza, ma accomunate da un medesimo profilo) relativa a vizi della sentenza impugnata che, se fosse possibile l'appello a critica limitata ex art. 339 del codice di procedura civile, anche per motivi...

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