n. 95 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 19 ottobre 2015 -

Ricorso proposto dalla Regione Veneto (C.F. 80007580279 - P.IVA 02392630279), in persona del Presidente della Giunta Regionale dott. Luca Zaia (C.F. ZAILCU68C27C957O), autorizzato con delibera della Giunta regionale n. 1220 del 28 settembre 2015 (all. 1), rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv.ti Ezio Zanon (C.F. ZNNZEI57L07B563K) coordinatore dell'Avvocatura regionale, prof. Luca Antonini (C.F. NTNLCU63E27D8691) del Foro di Milano e Luigi Manzi (CF. MNZLGU34E15H501V) del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Via Confalonieri, n. 5 (per eventuali comunicazioni: fax 06/3211370, posta elettronica certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org). Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12 per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle seguenti disposizioni del decreto-legge 19 giugno 2015 n. 78, recante «Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 188 del 14 agosto 2015, come convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 125 (in S.O. n. 49, relativo alla Gazzetta Ufficiale 14 agosto 2015, n. 188): art. 5, commi da 1 a 6;

art. 7, comma 9-quinquies;

art. 9-bis;

art. 9-ter, commi 1, 2, 3, 4, 5, 8 e 9;

art. 9-quater, commi 1, 2, 4, 5, 6 e 7;

art. 9-septies, commi 1 e 2. Motivi 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, commi da 1 a 6, del decreto-legge 19 giugno 2015 n. 78, per violazione degli articoli 117, III e IV comma, 118 della Costituzione, nonche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. L'art. 5 del decreto-legge n. 78 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, determina una profonda alterazione della posizione costituzionalmente garantita alle regioni, in quanto, anche in violazione dell'accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata l'11 settembre 2014 (all. 2), viene indebitamente compressa l'autonomia legislativa regionale. Difatti, in violazione del suddetto accordo - che espressamente escludeva al punto 11, le funzioni provinciali nelle materie oggetto di future riforme, indicate nell'allegato, e cioe' con riguardo a: i) servizi per il lavoro e politiche attive, ii) forze di polizia - , l'art. 5 del decreto-legge n. 78/2015 include ora tra le funzioni da riallocare con legge regionale, ai sensi del comma 89 della legge n. 56 del 2014, anche la polizia provinciale. La disposizione de qua (Misure in materia di polizia provinciale), senza che sia intervenuta alcuna riforma e quindi in violazione anche del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost., stabilisce infatti che: «1. In relazione al riordino delle funzioni di cui all'art. 1, comma 85, della legge 7 aprile 2014, n. 56, e fermo restando quanto previsto dal comma 89 del medesimo articolo relativamente al riordino delle funzioni da parte delle regioni, per quanto di propria competenza, nonche' quanto previsto dai commi 2 e 3 del presente articolo, il personale appartenente ai Corpi ed ai servizi di polizia provinciale di cui all'art. 12 della legge 7 marzo 1986, n. 65, transita nei ruoli degli enti locali per lo svolgimento delle funzioni di polizia municipale, secondo le modalita' e procedure definite con il decreto di cui all'art. 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. 2. Gli enti di area vasta e le citta' metropolitane individuano il personale di polizia provinciale necessario per l'esercizio delle loro funzioni fondamentali, fermo restando quanto previsto dall'art. 1, comma 421, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. 3. Le leggi regionali riallocano le funzioni di polizia amministrativa locale e il relativo personale nell'ambito dei processi di riordino delle funzioni provinciali in attuazione di quanto previsto dall'art. 1, comma 89, della legge 7 aprile 2014, n. 56. 4. Il personale non individuato o non riallocato, entro il 31 ottobre 2015, ai sensi dei commi 2 e 3, e' trasferito ai comuni, singoli o associati, con le modalita' di cui al comma 1. Nelle more dell'emanazione del decreto di cui al medesimo comma 1, gli enti di area vasta e le citta' metropolitane concordano con i comuni del territorio, singoli o associati, le modalita' di avvalimento immediato del personale da trasferire secondo quanto previsto dall'art. 1, comma 427, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. 5. Il transito del personale di cui al comma 1 nei ruoli degli enti locali avviene nei limiti della relativa dotazione organica e della programmazione triennale dei fabbisogni di personale, in deroga alle vigenti disposizioni in materia di limitazioni alle spese ed alle assunzioni di personale, garantendo comunque il rispetto del patto di stabilita' interno nell'esercizio di riferimento e la sostenibilita' di bilancio. Si applica quanto previsto dall'art. 4, comma 1. 6. Fino al completo assorbimento del personale di cui al presente articolo, e' fatto divieto agli enti locali, a pena di nullita' delle relative assunzioni, di reclutare personale con qualsivoglia tipologia contrattuale per lo svolgimento di funzioni di polizia locale. Sono fatte salve le assunzioni di personale a tempo determinato effettuate dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, anche se anteriormente alla data di entrata in vigore della relativa legge di conversione, per lo svolgimento di funzioni di polizia locale, esclusivamente per esigenze di carattere strettamente stagionale e comunque per periodi non superiori a cinque mesi nell'anno solare, non prorogabili. Tali disposizioni, dunque, si pongono non solo in contrasto con l'impegno sancito del citato accordo dell'11 settembre 2014 (la violazione del principio di leale collaborazione e' peraltro tanto piu' grave se si considera che anche alla materia «polizia provinciale» si estende ora la misura sanzionatoria prevista dall'art. 7, di cui al punto successivo del presente ricorso), ma anche con la stessa autonomia costituzionalmente garantita alla regione. Esse, infatti, nonostante la materia «polizia amministrativa locale» rientri pienamente nella competenza residuale delle regioni, prevedono (comma 1) in via generale che il personale di polizia provinciale transiti nei ruoli degli enti locali per lo svolgimento, appunto, delle funzioni di polizia municipale. Stabiliscono poi, prioritariamente, che gli enti di area vasta e le citta' metropolitane individuino il personale di polizia provinciale necessario per l'esercizio delle loro funzioni fondamentali. Solo in forma residuale prevedono che le regioni riallochino le funzioni di polizia amministrativa locale e il relativo personale nell'ambito dei processi di riordino delle funzioni provinciali in attuazione di quanto previsto dall'art. 1, comma 89, della legge 7 aprile 2014, n. 56. Concludono, infine, stabilendo che il personale «non individuato o non riallocato», entro il 31 ottobre 2015, ai sensi dei commi 2 e 3, sia trasferito ai comuni, singoli o associati, per lo svolgimento delle funzioni di polizia municipale. In questi termini la funzione di allocazione costituzionalmente garantita alle regioni, ai sensi degli artt. 117, III e IV comma, nonche' 118 Cost., nelle materie non rientranti nelle funzioni fondamentali degli enti locali, viene indebitamente compressa, risultando ridotta ad un ruolo ancillare il cui spazio di manovra e' praticamente inesistente. Tale funzione, infatti, da un lato viene conformata dal legislatore statale indicando in via generale l'ambito funzionale cui il personale e' destinato (al comma 1 si dispone infatti che il personale di polizia provinciale «transita nei ruoli degli enti locali per lo svolgimento delle funzioni di polizia municipale»), dall'altro risulta del tutto indebitamente subordinata alle opzioni effettuate da province e citta' metropolitane. Queste ultime, infatti, dalla norma censurata vengono considerate prioritarie rispetto alla facolta' regionale di allocazione, mentre quest'ultima, sebbene abbia un ruolo primario, anche secondo quanto stabilito dallo stesso art. 1, comma 89, della legge 7 aprile 2014, n. 56, con quest'intervento del legislatore statale viene trasformata in subordinata rispetto alle determinazioni degli altri enti locali (citta' metropolitane e province). In buona sostanza, la norma censurata non rispetta il dettato costituzionale ne' formalmente - dal momento che degrada la potesta' residuale regionale in materia di polizia amministrativa locale - ne' sostanzialmente, poiche' la disciplina che concretamente introduce svuota indebitamente i margini di manovra regionale e, anzi, li subordina alla discrezionalita' degli enti locali. Va segnalato, peraltro, (come risulta dall'all. n. 3) che in data 30 luglio 2015 e' stata sancita la mancata intesa sul D.M. diretto a fissare le modalita' e le procedure per il transito del personale di cui all'art. 5, comma 4, del decreto-legge n. 78 del 2015. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 9-quinquies, del decreto-legge 19 giugno 2015 n. 78, per violazione degli articoli 3, 5, 97, 117, III e IV comma, 118 e 119 della Costituzione e del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. L'art. 7 (Ulteriori disposizioni concernenti gli Enti locali), comma 9-quinquies, del suddetto decreto legge n. 78 del 2015 stabilisce: «Al fine di dare compiuta attuazione al processo di riordino delle funzioni delle province disposto dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, le regioni che, ai sensi dell'art. 1, comma 95, della medesima legge, non abbiano provveduto nel termine ivi indicato ovvero non provvedano entro il 31 ottobre 2015 a dare attuazione all'accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata l'11 settembre 2014, con l'adozione in via definitiva delle relative leggi regionali, sono tenute a versare...

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