n. 93 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 dicembre 2017 -

TRIBUNALE ORDINARIO DI LECCE Ufficio del Giudice per le indagini preliminari Il GIP dott. Stefano Sernia all'udienza preliminare del giorno 12 dicembre 2017, nel processo pendente nei confronti di R. V., nato a ... il ... sentite le parti, ha pronunziato la seguente ordinanza. A seguito di emissione di decreto che ne disponeva il giudizio immediato in ordine all'imputazione di detenzione per uso non personale di gr. 12,341 di sostanza stupefacente del genere canapa indiana (che la c.t. in atti indica idonei alla preparazione di circa 20 dosi aventi effetto stupefacente), l'imputato avanzava richiesta di essere giudicato con rito abbreviato, per la cui trattazione il giudicante ha fissato l'odierna udienza in cui, ammesso il rito abbreviato e sentite le parti, ha emesso la presente ordinanza. Il materiale probatorio e' quindi cristallizzato in quello raccolto durante le indagini e documentato come in atti. Va osservato che gli elementi a carico dell'imputato (che peraltro, posto agli arresti domiciliari dal pubblico ministero ex art. 386, comma 5 del codice di procedura penale, non si presento' all'udienza di convalida e non risulta aver rilasciato alcuna dichiarazione, tantomeno di natura confessoria) risiedono nei risultati della perquisizione personale e domiciliare cui lo stesso venne sottoposto d'iniziativa di militi appartenenti alla Compagnia dei Carabinieri di Taurisano, che a tale attivita' particolarmente invasiva (si pensi alla perquisizione personale) e limitatrice della liberta' personale, oltre che dell'inviolabilita' del domicilio, furono motivati - stando a quanto desumibile dal contenuto dei pp.vv. di perquisizione ed arresto - da fonti confidenziali che avevano indicato nel R. uno spacciatore;

sicche', avendo in precedenti occasioni rilevato, in quella zona, un andirivieni di soggetti noti come tossicodipendenti (peraltro non indicati), ed avendo scorto un giovane che consegnava una banconota all'imputato, i Carabinieri avevano proceduto all'immediata identificazione di tali soggetti. Pur avendo cosi' accertato che l'altro giovane altri non era che R. C., fratello dell'imputato, e pur avendo il suddetto R. C. chiarito che stava consegnando al fratello del danaro per le spese di casa, i Carabinieri - in assenza di qualsiasi contesto significativo di un'attivita' di spaccio in corso - avevano quindi proceduto a perquisizione personale dell'odierno imputato e, avendogli trovato in tasca tre involucri di sostanza stupefacente, avevano esteso la perquisizione all'abitazione, dove avevano rinvenuto la restante parte della sostanza per cui e' processo. Si pone il problema della liceita' della perquisizione e della utilizzabilita' dei suoi esiti;

e della costituzionalita' della disciplina in tal senso vigente, quale risultante del diritto vivente nascente dalla monolitica giurisprudenza di legittimita', stabilmente applicata anche in sede locale dal competente Tribunale del riesame e dalla Corte di appello. La questione e' gia' stata sollevata da questo Giudice con ordinanza emessa in data 5 ottobre 2017, le cui argomentazioni si riproducono in questa sede in corsivo, con l'aggiunta, in caratteri normali, di ulteriori considerazioni ed argomentazioni a sostegno di tale questione. Va invero premesso che l'imputato non e' gravato da precedenti in materia di stupefacenti, e che le fonti confidenziali non possono essere in alcun modo utilizzate (argomenta ex articoli 273, 195 comma 7 e 203 c.p.p.) per la prova dei fatti (ivi compresa, ex art. 167 c.p.p., la prova dei fatti da cui discende l'applicazione di norme processuali), sicche' - escluso che nella situazione scorta dalla p.g. fosse rilevabile una situazione di flagranza di reato (tanto piu' una volta che si era accertato che l'interlocutore dell'imputato ne era il fratello e non un estraneo che potesse essere inteso come un potenziale cliente;

ed escluso che il mero fatto della ricezione di una banconota sia significativo di un'attivita' di spaccio in atto) - va altresi' ritenuto che non ricorressero quei fondati motivi che ex art. 103 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90 avrebbero potuto legittimare una perquisizione, apparendo inammissibile la tesi che pretenda che il giudice debba ritenere la sussistenza dei presupposti di tali atti, solo perche' lo affermi, senza alcuna concreta indicazione o spiegazione, la p.g. Con l'ordinanza emessa da questo giudice in data 5 ottobre 17, si e' osservato, e qui si reitera, che «invero, la situazione di flagranza di reato, che evidentemente si e' manifestata solo dopo la perquisizione, non puo' aver quindi svolto la funzione di preventiva legittimazione di tale atto, che la legge ordinaria (articoli 354 e 356 c.p.p.) e costituzionale (articoli 13 e 14 Cost.) le assegnano in deroga al principio generale per cui simili atti, limitando la liberta' personale (e della inviolabilita' del domicilio per quel che attiene alla perquisizione domiciliare), possono essere disposti solo dall'A.G. e nei casi e modi previsti dalla legge;

allo stesso modo, un non meglio specificato «atteggiamento sospetto» non puo' valere a significare la ricorrenza di un fondato motivo atto, ai sensi dell'art. 103 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90, a far ritenere il possesso di sostanze stupefacenti. Cio' premesso, va sottolineata la cautela del legislatore costituzionale, che ha assegnato solo all'Autorita' giudiziaria il potere di disporre atti di perquisizione ed ispezione, prevedendo solo in via eccezionale quelli [rectius quello] della p.g. ed entro ambiti ben delimitati, fissati dalla legge, e con rispetto delle garanzie di liberta' della persona. I limiti fissati dalla legge si atteggiano, invero, in ragione della previsione costituzionale che li assiste, come invalicabili e di stretta interpretazione;

e qualsiasi interpretazione che, comunque, si risolva in una vanificazione dei limiti posti alla p.g. (ad es., impedendo la verifica circa il rispetto di tali limiti;

o stabilendo l'irrilevanza processuale di tali violazioni) o nella lesione - sia pure mediata - della liberta' personale, appare da rigettarsi. Invero, l'art. 13 Cost. (richiamato, quanto a garanzie e forme ivi previste, dall'art. 14 Cost. in tema di ispezioni, perquisizioni e sequestri domiciliari) prescrive che ogni atto di limitazione della liberta' personale - tra i quali annovera non solo l'arresto o il fermo, ma anche le perquisizioni e le ispezioni personali, sia riservato ad «atto motivato dell'autorita' giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge»;

riserva di legge e di provvedimento dell'Autorita' giudiziaria, quindi, cui puo' derogarsi solo per casi eccezionali previsti dalla legge, atteso che la norma prosegue prevedendo che solo «in casi eccezionali di necessita' ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorita' di pubblica sicurezza puo' adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorita' giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni efficacia». Ai sensi dell'art. 13 Cost., costituiscono quindi restrizioni della liberta' personale - la cui nozione e' dal Legislatore costituzionale accolta e tutelata in un'accezione particolarmente ampia, ricomprendente tutti i casi in cui il corpo dell'individuo debba sottostare a manipolazioni ed attivita' degli organi pubblici - non solo i casi dell'arresto e fermo, ma anche la sottoposizione ad atti di ispezione e perquisizione personale, non foss'altro perche' per il compimento di tali atti la persona si vede limitata nella sua liberta' di locomozione e volizione perche' assoggettata alla potesta' pubblica, costretta a sottoporsi al compimento di atti invasivi (e potenzialmente anche pesantemente invasivi) della sua sfera personale (o domiciliare). E' quindi per tali ragioni, evidenzianti come il compimento di tali atti si ponga in termini di concreta lesione di diritti costituzionali fondamentali dell'individuo, che, a garanzia dell'effettivita' della tutela di tali diritti, il legislatore costituzionale stabilisce in primo luogo che solo la legge puo' e deve indicare i casi ed i modi in cui e' possibile procedere a tali atti, riservando inoltre il potere di' disporli all'autorita' giudiziaria, che puo' adottarli solo con provvedimento motivato. I suddetti diritti sono quindi assistiti - a sottolinearne l'importanza nell'assetto democratico dell'ordinamento repubblicano voluto dal legislatore costituzionale come fondato sulla tutela di quelle liberta' individuali tendenzialmente negate o fortemente compresse dal precedente regime - da un corredo di significative cautele date dalla riserva di legge, dalla riserva del potere giudiziario, dall'obbligo di provvedere con atto motivato. Solo in casi eccezionali di necessita' ed urgenza, che spetta alla legge indicare tassativamente, agli organi di pubblica sicurezza (e cioe' alle forze di polizia, che di tali compiti sono titolari unitamente a quelli di polizia giudiziaria) e' attribuito un potere di intervento, provvisorio e soggetto a perdere ogni effetto in caso di mancata convalida da parte dell'A.G. con provvedimento che, sebbene cio' non sia espressamente previsto dalla norma, deve ritenersi debba anch'esso essere motivato, dato che non vi e' ragione di ritenere che il legislatore costituzionale, per l'ipotesi di particolare delicatezza costituzionale data della convalida (la cui funzione e' verificare che la p.g. non abbia agito in tali delicatissime materie abusando dei propri poteri, fuori dei casi in cui essi sono loro riconosciuti), abbia voluto esonerare l'Autorita' giudiziaria dalla necessita' di motivare i propri provvedimenti (come peraltro previsto gia' in via generale dall'art. 111, comma 6 Cost.). Come si e' accennato, tali garanzie sono estese dall'art. 14 Cost. anche al caso delle perquisizioni, ispezioni e sequestri domiciliari, giusta il richiamo che tale noma opera...

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