n. 91 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 marzo 2015 -

LA CORTE DEI CONTI Sezione Giurisdizionale per la Campania Il Giudice Unico delle Pensioni Dott. Gaetano Berretta ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al numero 66531 del registro di segreteria, proposto dal sig. Staro Salvatore, nato a Capua il 20 dicembre 1932, domiciliato a Caserta nella Via Settembrini n. 33, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Adinolfi, con domicilio eletto in Napoli, Via Del Parco Margherita n. 34, presso lo studio legale dell'avv. Stefano Caserta, avverso la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lega dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli e avverso l'I.N.P.S., in persona del Presidente pro tempore. Visto l'atto introduttivo del giudizio. Visti gli atti e i documenti contenuti nel fascicolo processuale. Uditi all'udienza del 5 febbraio 2015, alla presenza del segretario d'udienza, dott.ssa Angela Gallo, l'avv. Luigi Adinolfi per la parte ricorrente e l'avv. Nicola Di Ronza, avvocato interno I.N.P.S., per l'amministrazione previdenziale resistente. Premesso che con ricorso proposto avverso la Presidenza del Consiglio dei ministri ed avverso l'I.N.P.S., il sig. Staro Salvatore, magistrato in quiescenza, ha chiesto il riconoscimento del diritto alla percezione del trattamento previdenziale spettante senza tenere in conto le decurtazioni introdotte dall'art. 1, commi 486 e 487 della legge n. 147/2013 (a mente dei quali le pensioni corrisposte da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie sono ridotte, per il triennio 2014 - 2016, in misura pari al 6 per cento per la parte eccedente l'ammontare compreso tra 14 e 20 volte il trattamento minime I.N.P.S., in misura pari al 12 per cento per la parte eccedente l'ammontare compreso tra 20 e 30 volte il trattamento minimo I.N.P.S. e in misura pari al 18 per cento per la parte eccedente l'ammontare superiore a 30 volte il ridetto trattamento minimo I.N.P.S.) e la conseguente condanna delle amministrazioni pubbliche evocate in giudizio alla corresponsione delle somme ingiustamente trattenute, con rivalutazione monetaria ed interessi legali. Il ricorrente ha esposto di essere stato collocato in quiescenza con la qualifica di Presidente di Sezione della Corte dei conti e di aver dapprima subito una decurtazione della pensione per euro 528,77 in applicazione del "contributo" imposto dall'art. 18, comma 22-bis, D.L. n. 98/2011, conv. in legge n. 111/2011 - successivamente dichiarato incostituzionale con sentenza n. 116/2013, emessa dal Giudice delle Leggi a seguito di un ricorso attivato dal medesimo ricorrente davanti a questa Sezione Giurisdizionale - e successivamente di aver subito una nuova decurtazione pari ad euro 734,75 a decorrere dal gennaio 2014 sino al dicembre 2016 in applicazione di un nuovo "contributo di solidarieta'" imposto dall'art. 1, commi 486 e 487 della Legge n. 147/2013. Secondo il ricorrente tale nuovo "contributo" - a cui e' seguita la concreta, decurtazione del trattamento previdenziale dal gennaio 2014 sino alla data di proposizione del ricorso - risulterebbe irragionevole ed ingiusto, dovendosi, ritenere che la norma legislativa che lo ha previsto sia palesemente incostituzionale. Il sig. Staro Salvatore ha conseguentemente sollevato questione di legittimita' costituzionale delle richiamate disposizioni contenute nell'art. 1, commi 486 e 487 della Legge n. 147/2013 ed ha formulato istanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale. Secondo il ricorrente l'introduzione del nuovo contributo di solidarieta' a carico delle pensioni piu' elevate avrebbe nella sostanza riproposto - attraverso un differente meccanismo tecnico di attuazione - il contributo gia' previsto dall'art. 18, comma 22-bis, D.L. n. 98/2011, conv. in legge n. 111/2011, disposizione dichiarata incostituzionale con la sentenza n. 116/2013 e sarebbe pertanto affetta dai medesimi vizi di incostituzionalita'. La questione di costituzionalita' e' stata sollevata con riguardo all'asserita violazione degli articoli 2, 3, 24, 36, 41, 42, 53, 97, 100, 101, 108, 111 e 113 della Costituzione. Allo scopo di sostenere la fondatezza del ricorso il sig. Staro ha trascritto nel ricorso i passaggi piu' significativi della sentenza della Corte costituzionale n. 116/2013 ed ha ulteriormente evidenziato quanto segue. A) Con riguardo alla violazione dell'art. 53 Cost. 1) La natura tributaria della disposizione legislativa censurata sarebbe immediatamente riscontrabile analizzandone il contenuto alla luce dei consolidati principi elaborati dal Giudice delle leggi. Premesso che per "legge tributaria" deve intendersi ogni provvedimento legislativo che impone un sacrificio economico individuale attraverso un atto autoritativo ablatorio finalizzato ad alimentare la finanza pubblica e quindi incrementare i mezzi per il fabbisogno finanziario necessario per la copertura delle spese pubbliche, non vi sarebbe alcuna ragione logica e giuridica per escludere che le norme contenute nell'art. 1, commi 486 e 487 della legge n. 147/2013 rientrino pienamente in tale alveo, atteso che il contributo di solidarieta' ha inciso imperativamente su un trattamento pensionistico definitivo, come tale inquadrabile tra i diritti quesiti, senza alcuna possibilita' di deroga o di i negoziazione da parte del pensionato e che la destinazione del prelievo alla fiscalita' generale sarebbe immediatamente riscontrabile sulla base della stessa lettera della norma che definisce il sacrificio imposto al pensionato in termini di "contributo di solidarieta'", in tal modo esplicitando la ratio della sua introduzione, da ritenere correlata al perseguimento di obiettivi di finanza pubblica. La natura tributaria della disposizione sarebbe inoltre confermata sia dall'assenza di sinallagmaticita' nel rapporto giuridico tra l'ente previdenziale che deve operare il prelievo e il pensionato che lo deve subire, sia dalla prevista reiterazione della contribuzione, che si sviluppa dal gennaio 2014 al dicembre 2016. 2) Dalla natura tributaria delle disposizioni censurate emergerebbe, secondo il ricorrente, la palese violazione del principio costituzionale, sancito dall'art. 53 Cost. nel suo raccordo con il fondamentale art. 3 Cost., secondo il quale tutti i soggetti dell'ordinamento devono contribuire alle spese pubbliche in ragione della propria capacita' contributiva. Il Legislatore avrebbe infatti concentrato l'imposizione su un'unica categoria di contribuenti (i pensionati e, in particolare, quelli del pubblico impiego) e lo avrebbe fatto in assenza di giustificazione razionale. Il ricorrente ha dato atto del fatto che la giurisprudenza costituzionale consolidatasi nel corso degli anni ha stabilito che il principio generale dell'universalita' dell'imposizione non puo' significare che le prestazioni imposte debbano gravare - acriticamente su tutte le categorie dei contribuenti sulla base di un parametro di proporzionalita' unico e rigido - ben potendo il Legislatore modulare il sistema tributario in funzione delle differenze insite nella societa' e quindi individuare tipologie di contribuzione differenziate - ma l'articolazione dell'imposizione (da cui possono derivare maggiori o minori aggravi per distinte categorie omogenee di contribuenti) deve essere condotta in funzione del principio di eguaglianza tra tutti i cittadini, allo scopo di assicurare che a situazioni uguali corrispondano regimi impositivi uguali e che a situazioni diverse facciano riscontro trattamenti tributari distinti. Secondo il ricorrente la disposizione legislativa censurata, a fronte di una esigenza generale coinvolgente la generalita' dei cittadini (la c.d. stabilizzazione finanziaria), si sarebbe limitata ad individuare una fascia di contribuenti in relazione ai quali l'esazione concreta risulta agevole (anche per l'identita' soggettiva...

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