n. 76 SENTENZA 15 aprile - 7 maggio 2015 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 53 della legge 9 ottobre 1970, n. 740 (Ordinamento delle categorie di personale sanitario addetto agli istituti di prevenzione e pena non appartenenti ai ruoli organici dell'Amministrazione penitenziaria), promossi dal Tribunale ordinario di Roma con ordinanze dell' 8 febbraio e del 15 marzo (due ordinanze) 2013, rispettivamente iscritte ai nn. 109, 110 e 111 del registro ordinanze 2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 2014. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 15 aprile 2015 il Giudice relatore Silvana Sciarra. Ritenuto in fatto 1.- Il Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con tre distinte ordinanze (r.o. n. 109, n. 110 e n. 111 del 2014), depositate l'8 febbraio 2013 (la prima) e il 15 marzo 2013 (le successive), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 36, primo comma, 38, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 53 della legge 9 ottobre 1970, n. 740 (Ordinamento delle categorie di personale sanitario addetto agli istituti di prevenzione e pena non appartenenti ai ruoli organici dell'Amministrazione penitenziaria), riguardante il servizio di guardia infermieristica addetto agli istituti di prevenzione e di pena e non appartenente ai ruoli organici dell'amministrazione penitenziaria. Il Tribunale rimettente censura la disposizione "nel suo complesso", in quanto qualifica come rapporti di lavoro autonomo rapporti che la legge regola sostanzialmente come rapporti di lavoro subordinato e, in via gradata, nella parte (in particolare, il quarto comma del medesimo articolo) in cui accorda ai lavoratori un compenso orario, con esclusione di ogni altra indennita' e gratificazione e di ogni trattamento previdenziale e assicurativo. Il giudice a quo premette di conoscere dei ricorsi proposti contro il Ministero della giustizia da tre infermieri, che hanno dedotto di avere prestato servizio presso la casa circondariale «Regina Coeli» di Roma, in forza di convenzioni di prestazione d'opera libero-professionale, regolate dall'art. 53 della legge n. 740 del 1970 e di avere svolto, secondo il paradigma tipico della subordinazione, mansioni equivalenti a quelle degli infermieri dipendenti di ruolo, inquadrati nella posizione economica B2, in base al contratto collettivo nazionale Ministeri e ai contratti integrativi applicabili al Ministero della giustizia e al personale di ruolo dell'amministrazione penitenziaria. Sulla scorta di tali allegazioni, i ricorrenti hanno chiesto di dichiarare la natura subordinata del lavoro e di condannare il Ministero, anche a titolo di risarcimento del danno, al pagamento delle differenze retributive e della contribuzione non versata. Il giudice rimettente, poste tali premesse di fatto, sospetta della legittimita' costituzionale dell'art. 53 della legge n. 740 del 1970, in quanto impedisce di riqualificare come subordinato il rapporto di lavoro ivi regolato e, in via gradata, nella parte in cui, comunque, circoscrive ad un compenso orario la retribuzione degli infermieri incaricati dagli istituti di prevenzione e di pena, configurando in termini di autonomia un rapporto di lavoro che, nei fatti, si atteggia secondo le connotazioni precipue della subordinazione. In punto di rilevanza, il giudice a quo argomenta che le domande delle parti ricorrenti presuppongono la qualificazione in termini di subordinazione del rapporto di lavoro, qualificazione, per contro, negata dal legislatore. Ove tale qualificazione fosse praticabile, i lavoratori avrebbero diritto al controllo di adeguatezza del compenso e al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 36, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), sia sotto il profilo della minore retribuzione ricevuta, da commisurare al trattamento del corrispondente personale di ruolo (art. 45, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001), sia sotto il profilo dell'omessa contribuzione previdenziale. La rilevanza della questione sarebbe corroborata dalla considerazione che le pretese dei ricorrenti s'infrangono contro il disposto del censurato art. 53, univoco nell'accordare al lavoratore il solo diritto ad un compenso orario, e non sarebbe scalfita dal coacervo di eccezioni che la difesa dello Stato ha sollevato. Il giudice rimettente, nel disattendere tali eccezioni, argomenta che il periodo, oggetto della rivendicazione, e' almeno in parte successivo al 1° luglio 1998 e ricade, pertanto, nella giurisdizione del giudice adito. Quanto all'eccezione di prescrizione decennale, non si potrebbe riferire al rapporto, considerato nel suo protrarsi fino al 2008. Neppure l'eccezione di prescrizione estintiva ex art. 2948, numero 4), del codice civile, potrebbe dirsi risolutiva, visto che la prescrizione non corre durante il rapporto di lavoro, quando non sia assistito dalla stabilita' reale. Le difese dell'amministrazione, volte a contestare l'obbligo di corrispondere le somme in contesa, non si concilierebbero, inoltre, con la tesi dell'avvenuto pagamento delle differenze retributive. Con riguardo all'eccepita prescrizione, il giudice a quo specifica che l'azione risarcitoria soggiace al termine di prescrizione decennale, vertendosi in tema di azioni derivanti dal contratto. La mancata instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato non sarebbe d'ostacolo al riconoscimento dei diritti che scaturiscono da un rapporto di lavoro di fatto (art. 2126 cod. civ.) e al risarcimento del danno, secondo i canoni descritti dall'art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001. Il giudice a quo, nella disamina del profilo della non manifesta infondatezza della questione, prende le mosse dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e, in particolare, dalle sentenze n. 121 del 1993 e n. 115 del 1994. Tali pronunce delineano una nozione sostanziale di subordinazione e inibiscono al legislatore di negare l'inquadramento in termini di subordinazione dei rapporti di lavoro che presentino oggettivamente tali caratteristiche. Nel caso di specie, il giudice rimettente attribuisce al legislatore l'intento di escludere il...

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