n. 76 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 novembre 2016 -

Ricorso proposto dalla Regione Veneto (C.F. 80007580279 - P.IVA 02392630279), in persona del Presidente della Giunta Regionale dott. Luca Zaia (C.F. ZAILCU68C27C957O), autorizzato con deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 1774 del 7 novembre 2016 (all. 1), rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv.ti Ezio Zanon (C.F. ZNNZEI57L07B563K) coordinatore dall'Avvocatura regionale e Luigi Manzi (C.F. MNZLGU34E15H501V) del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Confalonieri, n. 5 (per eventuali comunicazioni: fax 06/3211370, posta elettronica certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org). Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12 per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 2 e 9, art. 11, comma 3, art. 14, comma 5, art. 20, comma 7 e art. 24, comma 5 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante «testo unico in materia di societa' a partecipazione pubblica», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale n. 210 dell'8 settembre 2016 per violazione degli articoli 117, III e IV comma, 118 e 119, anche in relazione anche agli articoli 3, 5, 97 e 114 Cost., oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. Motivi 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 2 e 9 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, per violazione degli articoli 117, IV comma, 118 e 119 della Costituzione nonche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. Il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante «testo unico in materia di societa' a partecipazione pubblica», intende regolamentare «la costituzione di societa' da parte di amministrazioni pubbliche, nonche' l'acquisto, il mantenimento e la gestione di partecipazioni da parte di tali amministrazioni, in societa' a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta» (art. 1 comma 1) secondo finalita' di efficientamento della gestione delle partecipazioni pubbliche, di tutela e promozione della concorrenza e del mercato, nonche' di razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica (art. l comma 2). L'art. 4, in particolare, al primo comma, statuisce che «Le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire societa' aventi per oggetto attivita' di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalita' istituzionali, ne' acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali societa'.» Tale disposizione riproduce il testo dell'art. 3, comma 27, della legge n. 244 del 2007, il quale, secondo l'insegnamento di codesta ecc.ma Corte, deve essere ricondotto nell'alveo della materia «tutela della conconenza», appartenente alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. In particolare nella decisione n. 148/2009 e' stato rilevato che tale disposizione, essendo diretta «a rafforzare la distinzione tra attivita' amministrativa in forma privalistica (posta in essere da societa' che operano per una pubblica amministrazione) ed attivita' di impresa di enti pubblici, dall'altro, e ad evitare che quest'ultima possa essere svolta beneficiando dei privilegi dei quali un soggetto puo' godere in quanto pubblica amministrazione», «va ricondotta alla materia "tutela della concorrenza", attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (art 117, secondo comma, lettera e), Cost.), anziche' alla materia dell'organizzazione e del funzionamento della Regione, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost.». Secondo la giurisprudenza di codesta ece.ma Corte, infatti, la materia «tutela della concorrenza» «comprende le misure legislative di tutela in senso proprio, che hanno ad oggetto gli atti ed i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull'assetto concorrenziale dei mercati e ne disciplinano le modalita' di controllo, eventualmente anche di sanzione e quelle di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l'apertura, eliminando barriere all'entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacita' imprenditoriale e della competizione tra imprese, in generale i vincoli alle modalita' di esercizio delle attivita' economiche» (sentenze n. 63 del 2008 e n. 430 del 2007). Se ne deduce che disposizioni dirette ad evitare che soggetti dotati di «privilegi» svolgano attivita' economica al di fuori dei casi nei quali cio' sia imprescindibile per il perseguimento delle finalita' istituzionali degli stessi, in quanto funzionali ad eliminare potenziali distorsioni dei mercati e nei limiti in cui esse siano preordinate a scongiurare una commissione pregiudizievole della concorrenza, devono ritenersi afferenti alla tutela della concorrenza, e per tale ragione costituzionalmente legittime pur ove limitino le competenze regionali e, in particolare, la competenza in ordine all'organizzazione amministrativa regionale. Puntualizza, poi, a tal riguardo codesta ecc.ma Corte che cio' puo' avvenire purche' dette finalita' siano realizzate con modalita' non irragionevoli (decisione n. 148/2009). Invero si deve rilevare, incidentalmente, che le predette disposizioni concorrono a esprimere e delimitare i compiti del soggetto giuridico «amministrazione pubblica». Questa, infatti, e' per sua essenza rivolta a svolgere la propria azione al fine esclusivo di perseguire il soddisfacimento degli interessi generali affidati alle sue cure. Ragion per cui prevedere che essa possa costituire societa' o partecipare in societa' unicamente ove l'oggetto sociale di queste afferisca, secondo un criterio di necessita', al «perseguimento delle proprie finalita' istituzionali» appare conforme alle sue ragioni di essere. La finalita' di lucro che connota ordinariamente lo strumento societario e', infatti, di per se' discordante con l'agire della pubblica amministrazione, a meno che non sia depurata dalle sue scorie «egoistiche» mediante la trasformazione del veicolo societario in strumento univocamente diretto al soddisfacimento del pubblico interesse. Solo in tal modo ed entro tali limiti teleologici, dunque, e' ammissibile che un soggetto pubblico agisca utilizzando la veste privatistica societaria. Il che consente al contempo di salvaguardare il naturale dispiegarsi della concorrenza nei mercati. Se, pero', la limitazione in ordine alle modalita' organizzatorie di perseguimento delle proprie finalita' istituzionali introdotta dal primo comma dell'art. 4 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 appare legittima, nel dettaglio riportato nel comma successivo, si oltrepassa tale finalita' e si determina, invece, una ingiustificata quanto illegittima compressione dell'autonomia regionale. Tale disposizione statuisce, infatti, che: «Nei limiti di cui al comma 1, le amministrazioni pubbliche possono, direttamente o indirettamente, costituire societa' e acquisire o mantenere partecipazioni in societa' esclusivamente per lo svolgimento delle attivita' sotto indicate: a) produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi;

  1. progettazione e realizzazione di un'opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell'art. 193 del decreto legislativo n. 50 del 2016;

  2. realizzazione e gestione di un'opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d'interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all'art. 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016, con un imprenditore selezionato con le modalita' di cui all'art. 17, commi 1 e 2;

  3. autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti...

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