n. 76 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 giugno 2017 -

TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA Sezione penale Il tribunale, composto dai magistrati: dott. Francesco Caruso, Presidente;

dott. Cristina Beretti, giudice;

dott. Andrea Rat, giudice;

Ordinanza 1. Conviene ricordare ancora una volta che avanti l'intestato tribunale si sta celebrando il «maxi processo», comunemente denominato «Aemilia», che vede imputate piu' di 150 persone, per il reato di associazione a delinquere di stampo 'ndranghetistico oltre a molteplici reati fine aggravati dall'art. 7, legge n. 203/1991. All'odierna udienza tutti i difensori, con il consenso degli imputati in stato di custodia cautelare in carcere, hanno ancora una volta aderito allo sciopero proclamato dall'Unione delle Camere penali. Si tratta della quinta settimana di astensione dalle udienze penali degli avvocati organizzati in associazioni di categoria. La proclamazione e l'adesione all'astensione generalizzata dalle udienze penali, sono avvenute nelle forme e nei modi stabiliti dal codice di autoregolamentazione, previsto dalla legge n. 146/1990 e successive modifiche per disciplinare modalita', tempi e condizioni dell'astensione degli avvocati nel servizio pubblico essenziale dell'amministrazione della giustizia penale. Va segnalato come le associazioni proclamanti hanno ignorato l'invito a revocare l'ennesima settimana di astensione (la quinta in cinque mesi e mezzo) rivolto dall'Autorita' garante per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Sul sito della Commissione si puo' leggere che l'Autorita' di garanzia per gli scioperi ha chiesto alle associazioni di rappresentanza degli avvocati di revocare lo sciopero proclamato dal 12 al 16 giugno, considerato che nel corso dell'anno, si sono svolte gia' ben quattro astensioni (per un totale di 18 giorni). Nel rivolgersi ai professionisti, la Commissione ha rammentato il rischio che l'ennesimo sciopero, proclamato in un breve arco temporale, «finirebbe per pregiudicare la buona amministrazione della giustizia penale nel suo complesso.». Il rifiuto di accogliere la richiesta dell'Autorita' rivela l'inadeguatezza della disciplina legislativa a salvaguardare il servizio pubblico della giustizia penale e la sostanziale mancanza di strumenti efficaci per regolamentare l'astensione degli avvocati, in particolare quella specifica forma di astensione in processi con imputati detenuti, come quello che questo tribunale sta trattando, senza uguali nel nord Italia per dimensioni, complessita', numero di imputati e di capi di imputazioni. Questo tribunale, dubitando della legittimita' della disciplina dettata dal codice di autoregolamentazione, contenuta nell'art. 4, comma 1, lettera b), ha sollecitato, ai sensi dell'art. 13, lettere a) e b), legge n. 146/1990, la Commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali a pronunciarsi su una serie di questioni relative alla legittimita' costituzionale del sistema derivante dal combinato degli articoli 2-bis e 4, comma 1, lettera b) del codice di autoregolamentazione. Risulta che la Commissione abbia convocato presso di se' le associazioni di categoria e abbia prospettato l'esigenza di profonde modifiche nel codice di autoregolamentazione dell'astensione dei penalisti, con specifico riferimento alla materia dei procedimenti di criminalita' organizzata con imputati detenuti. In sostanza la Commissione di garanzia, nel richiamare gli avvocati a riaprire il confronto finalizzato alla revisione del vigente codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze (adottato in data 4 aprile 2007 da O.U.A., UCPI, ANFI, ANF, AIGA, UNCC, valutato idoneo dalla Commissione di garanzia con delibera n. 07/749 del 13 dicembre 2007 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 3 del 4 gennaio 2008), con particolare riferimento all'art. 4, lettera b), ha ritenuto di condividere le preoccupazioni di questo tribunale sulla tenuta costituzionale dell'assetto normativo vigente in materia di disciplina dell'astensione dalle udienze, quanto meno nei processi di criminalita' organizzata con imputati detenuti. Si richiama a questo proposito la lettera che la Commissione ha inviato a questo tribunale: Prot: 0007052/AVV dell'11 maggio 2017. Le sollecitazioni della Commissione non hanno portato ad alcun ripensamento ne' ad alcun raffreddamento del conflitto, dimostrando la difficolta' della Commissione nei confronti della potente categoria degli avvocati penalisti, i quali allo stato continuano a gestire, senza alcun ripensamento, l'astensione dalle udienze, secondo un codice di autoregolamentazione della cui legittimita' costituzionale l'organo garante dubita e nonostante questo. E' evidente come, in assenza di intervento del legislatore, il solo modo per riportare l'assetto normativo della materia alla normalita' costituzionale sia di invocare l'intervento risolutivo della Corte costituzionale che, come in occasione della storica sentenza n. 171 del 1996 dovra' valutare se l'attuale assetto normativo sia conforme alle esigenze di equilibrio tra valori costituzionali antagonisti e attui correttamente il bilanciamento tra i contrapposti valori in gioco: il diritto di liberta' degli avvocati di manifestare dissenso dalle scelte legislative in materia penale, e la necessita' di salvaguardare il nucleo minimo ed essenziale delle prestazioni che la giustizia penale deve erogare a salvaguardia dei fondamentali valori espressi dagli articoli 3/1, 13/1 e seguenti, 24/1-2, 27/2, 70, 97/2, 101/1-2, 102, 111 della Costituzione, sotto il profilo della tutela del principio del contraddittorio e della ragionevole durata, tanto piu' rilevante quando si tratta di giudizi penali con imputati detenuti. Tali processi devono essere trattati e definiti nel minor tempo possibile, un tempo calibrato esclusivamente sulle esigenze processuali e sulla disponibilita' delle risorse della giustizia, dovendosi garantire al contempo la minor sofferenza possibile ed una detenzione che, potendo risultare ingiusta dopo il giudizio, deve risolversi nel minor tempo per l'imputato presunto innocente. Al contempo deve essere assicurata la definizione del processo entro i tempi massimi e complessivi di custodia cautelare, previsti per i tre gradi di giudizio, nei confronti dell'imputato per il quale sussistono specifiche esigenze di custodia cautelare, che vanno salvaguardate anche con la tempestiva pronuncia della sentenza definitiva, prima della scadenza dei termini, nelle diverse fasi e nel complesso dei plurimi gradi di giudizio. Questo tribunale ha gia' sollevato con ordinanza del 23 maggio 2017 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2-bis della legge n. 146/1990, nella parte in cui consente che il codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati (valutato idoneo dalla Commissione di garanzia con delibera n. 07/749 del 13 dicembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 3 del 4 gennaio 2008) stabilisca (art. 4, comma 1, lettera b) che nei procedimenti e nei processi in relazione ai quali l'imputato si trovi in stato di custodia cautelare o di detenzione, si proceda malgrado l'astensione del difensore solo ove l'imputato lo chieda espressamente. I parametri costituzionali invocati sono quelli sopra riportati. In piu' nella precedente ordinanza vi e' solo uno specifico riferimento all'art. 1 che si combina con l'argomento sviluppato in relazione all'art. 70. Il contenuto sostanziale di detta ordinanza va qui confermato e richiamato e ad essa in ogni sua parte ci si riferisce, senza trascriverne il contenuto per elementare esigenza di ordine. In questa nuova ordinanza, determinata dall'ennesima dichiarazione di astensione degli avvocati, assentita dagli imputati detenuti, pur essa effettuata in modo conforme alle norme del codice di autoregolamentazione, il tribunale intende puntualizzare e precisare alcuni punti degli argomenti sviluppati nell'ambito della precedente ordinanza. 2. La disciplina in materia di astensione degli avvocati e' dettata, oltre che dalla fonte costituzionale (art. 18 della Costituzione), dalla legge n. 146 del 1990, cosi' come modificata dalla legge n. 83 del 2000, recante «norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati», nonche' nel codice di autoregolamentazione delle astensioni delle udienze degli avvocati. Per mere esigenze espositive si richiama il quadro normativo, riportato nella precedente ordinanza: a) l'art. 2-bis della legge n. 146/1990 prevede che: «L'astensione collettiva dalle prestazioni, a fini di protesta o di rivendicazione di categoria, da parte di lavoratori autonomi, professionisti o piccoli imprenditori, che incida sulla funzionalita' dei servizi pubblici di cui all'art. 1, e' esercitata nel rispetto di misure dirette a consentire l'erogazione delle prestazioni indispensabili di cui al medesimo articolo. A tale fine la Commissione di garanzia di cui all'art. 12 promuove l'adozione, da parte delle associazioni o degli organismi di rappresentanza delle categorie interessate, di codici di autoregolamentazione che realizzino, in caso di astensione collettiva, il contemperamento con i diritti della persona costituzionalmente tutelati di cui all'art. 1. Se tali codici mancano o non sono valutati idonei a garantire le finalita' di cui al comma 2 dell'art. 1, la Commissione di garanzia, sentite le parti interessate nelle forme previste dall'art. 13, comma 7, lettera a), delibera la provvisoria regolamentazione. I codici di autoregolamentazione devono in ogni caso prevedere un termine di preavviso non inferiore a quello indicato al comma 5 dell'art. 2, l'indicazione della durata e delle motivazioni dell'astensione collettiva, ed assicurare in ogni caso un livello di prestazioni compatibile con le finalita' di cui al comma 2 dell'art. 1»;

  1. i commi 1 e 2 dell'art. 1 della legge n. 146 del 1990, richiamati, con il sistema del rinvio, dal riportato art. 2-bis, stabiliscono che: «1. Ai fini della...

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