n. 66 SENTENZA 21 febbraio - 30 marzo 2018 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 63, comma 7, 68, comma 1, e 95, commi 2, 4 e 5, della legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n. 30 (Collegato alla legge di stabilita' regionale 2017), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28 febbraio - 2 marzo 2017, depositato in cancelleria il 7 marzo 2017 e iscritto al n. 28 del registro ricorsi 2017. Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto;

udito nella udienza pubblica del 20 febbraio 2018 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;

uditi l'avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Ezio Zanon e Andrea Manzi per la Regione Veneto. Ritenuto in fatto 1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con ricorso spedito per la notifica il 28 febbraio 2017 e depositato il successivo 7 marzo, ha promosso questioni di legittimita' costituzionale, tra gli altri, degli artt. 63, comma 7, 68, comma 1, e 95, commi 2, 4 e 5, della legge della Regione Veneto del 30 dicembre 2016, n. 30 (Collegato alla legge di stabilita' regionale 2017). 2.- L'impugnato art. 63, comma 7, inserendo il comma 1-bis all'art. 45-ter della legge della Regione Veneto 23 aprile 2004, n. 11 (Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio), dispone che «[l]a Giunta regionale, in attuazione all'accordo con il Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo (MiBACT) di cui agli articoli 135, comma 1 e 143, comma 2, del Codice, nelle more dell'approvazione del piano paesaggistico di cui al comma 1, procede alla ricognizione degli immobili e delle aree dichiarate di notevole interesse pubblico e delle aree tutelate per legge di cui, rispettivamente, agli articoli 136 e 142, comma 1, del Codice». 2.1.- Ad avviso del ricorrente, la disposizione regionale prevede un procedimento differente e incompatibile rispetto a quanto previsto dagli artt. 135 e 143 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137», relativi alla pianificazione paesaggistica congiunta tra lo Stato e la Regione, in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. L'art. 143, comma 1, cod. beni culturali, dispone che l'elaborazione del piano paesaggistico comprende, tra l'altro, la ricognizione delle aree e degli immobili dichiarati di notevole interesse pubblico e di interesse paesaggistico, ai sensi dell'art. 136 e all'art. 142, cod. beni culturali;

l'art. 135, comma 1, cod. beni culturali, a sua volta, prevede che lo Stato e le Regioni assicurano che il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito e che a tal fine le Regioni sottopongono a specifica normativa d'uso il territorio mediante «piani paesaggistici». L'elaborazione dei detti «piani paesaggistici» avviene congiuntamente tra Ministero e Regioni «limitatamente ai beni paesaggistici di cui all'articolo 143, comma 1, lettere b), c) e d)», tra cui sono compresi anche «[gli] immobili e [le] aree dichiarati di notevole interesse pubblico». La disposizione regionale, nel prevedere la ricognizione degli immobili e delle aree ad opera della sola Giunta regionale, violerebbe la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio. Le aree richiamate dalla legislazione regionale, infatti, coincidono con i beni contemplati dall'art. 143, comma 1, lettere b) e c), cod. beni culturali, come oggetto minimo necessario del piano paesaggistico, per le quali il riportato art. 135, comma 1, cod. beni culturali, prevede inderogabilmente che la pianificazione avvenga in modo congiunto tra Ministero e Regioni. Questa previsione, prosegue il ricorrente, inibisce alla Regione, seppure in via temporanea, di operare unilateralmente la ricognizione dei beni e delle aree in questione. Il Presidente del Consiglio dei ministri ricorda che il piano paesaggistico congiunto deve essere approvato in tempi certi, come statuito dall'art. 143, comma 2, cod. beni culturali. Tale disposizione prescrive che l'accordo tra Ministero e Regione indichi il termine entro il quale il piano dovra' essere elaborato e approvato e che, decorso inutilmente tale termine, il piano sia approvato dal Ministro in via sostitutiva. Il ricorrente precisa, inoltre, che la competenza a dettare le norme di legge che disciplinano la materia della tutela del paesaggio spetta in via esclusiva allo Stato;

l'intervento regionale in materia di paesaggio e' di livello esclusivamente pianificatorio-amministrativo. Il Presidente del Consiglio dei ministri fa presente altresi' che la disposizione impugnata non e' in linea con gli obiettivi del Protocollo di intesa del 15 luglio 2009, sottoscritto tra il Ministero per i beni e le attivita' culturali e la Regione Veneto, e con il successivo disciplinare, nonostante il richiamo all'accordo contenuto nella disposizione regionale impugnata. Il richiamato Protocollo non prevedeva, infatti, alcuna competenza legislativa regionale in proposito, e all'art. 6 specificava che le parti si sarebbero impegnate a completare l'elaborazione congiunta del piano «entro il 31 dicembre 2010». Il Protocollo del 15 luglio 2009 stabiliva anche che il piano avrebbe formato oggetto di accordo tra il Ministero e la Regione, ai sensi dell'art. 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi). L'art. 10, comma 3, del Protocollo prevede, inoltre, l'impegno delle parti a «completare la ricognizione indicata all'art. 143, comma 1, lettere b) e c), cod. beni culturali, ivi compresa la determinazione delle specifiche prescrizioni d'uso intese ad assicurare, rispettivamente, la conservazione dei valori espressi e la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione, entro il 31 dicembre 2009». L'intesa, pertanto, non contemplava alcun intervento «"sostitutivo" o "interinale"» della Regione, neanche relativamente ai beni di cui all'art. 143, comma 1, lettere b) e c), oggetto, invece, della disposizione impugnata. 3.- L'impugnato art. 68, comma 1, della legge reg. Veneto n. 30 del 2016, rubricato «Norme semplificative per la realizzazione degli interventi di sicurezza idraulica», dispone che «[g]li interventi di manutenzione degli alvei, delle opere idrauliche in alveo, delle sponde e degli argini dei corsi d'acqua, compresi gli interventi sulla vegetazione ripariale arborea e arbustiva, finalizzati a garantire il libero deflusso delle acque possono essere eseguiti senza necessita' di autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell'articolo 149 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 [...] e della valutazione di incidenza ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 "Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche" previa verifica della sussistenza di tali presupposti ai sensi delle disposizioni statali e regionali». 3.1.- Secondo il ricorrente, la disposizione regionale, sottraendo alcuni interventi all'autorizzazione paesaggistica, appare costituzionalmente illegittima, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettere s) e m), Cost., in quanto compete solo al legislatore statale individuare le tipologie di interventi per i quali l'autorizzazione paesaggistica non e' richiesta. Sono richiamate le sentenze n. 207 del 2012 e n. 238 del 2013. Secondo le citate decisioni, «chiare ed inequivocabili sono [...] le esigenze di uniformita' della disciplina in tema di autorizzazione paesaggistica su tutto il territorio nazionale, tanto da giustificare - grazie al citato parametro (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.) - che si impongano anche all'autonomia legislativa delle Regioni»;

non sarebbe, pertanto, consentito alle Regioni «individuare altre tipologie di interventi realizzabili in assenza di autorizzazione paesaggistica, al di fuori di quelli tassativamente individuati dall'art. 149, lettera a), del decreto legislativo n. 42 del 2004». Il ricorrente sottolinea che l'art. 12, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 (Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo), convertito, con modificazioni, nella legge 29 luglio 2014, n. 106, come modificato dall'art. 25, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive), convertito con modificazioni nella legge 11 novembre 2014, n. 164, ha previsto che, con regolamento da emanare ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri), su proposta del Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, d'intesa con la Conferenza unificata, sono individuate le tipologie di interventi per i quali l'autorizzazione paesaggistica non e' richiesta, ai sensi dell'articolo 149, cod. beni culturali, sia nell'ambito degli interventi di lieve entita' (gia' compresi nell'Allegato 1 al decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139, intitolato «Regolamento recante procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entita', a norma dell'articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni»), sia mediante definizione di ulteriori interventi minori privi di rilevanza paesaggistica. La disposizione regionale impugnata si porrebbe in contrasto con questi...

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