n. 66 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 febbraio 2017 -

LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI PESCARA (Sezione 1) Riunita con l'intervento dei signori: Scime' Luigi - Presidente e relatore;

Papa Roberta Pia Rita - Giudice;

Sacco Maurizio - Giudice. Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 577/2016, depositato il 14 settembre 2016;

avverso RETTIF. AVV.ACC n. 1003347 pubblicita' 2015, contro: Comune di Montesilvano, piazza Diaz n. 1 - 65016 Montesilvano;

avverso RETTIF.AVV.ACC n. 1003347 Pubblicita' 2015, contro: SO.G.E.T. S.p.A., difeso da: Di Lello Lina - via Venezia n. 49 - 65121 Pescara;

proposto dal ricorrente: Studiocinque Outdoor S.r.l., via Per Gravina S.P. 238, KM 11.700 - 70033 Corato (BA);

Difeso da: Di Gifico Carmelina c/o Avv. Sergio Ciccarelli - via Tirino n. 34-6 n. 40 - 65100 Pescara (PE). Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale Sul ricorso n. 577/2016 depositato il 14 settembre 2016, avverso la cartella di pagamento n. 1003347/2120. Contro: Concessionaria Soget S.p.a. Proposto dal ricorrente: Studiocinque Outdoor S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore. Altre parti coinvolte: Comune di Montesilvano Norma oggetto del giudizio di costituzionalita': - «Art. 1, comma 739, legge Finanziaria n. 208 del 28 dicembre 2015, secondo la quale l'art. 23, comma 7, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n. 134, nella parte in cui abroga l'art 11, comma 10, della legge 27 dicembre 1997 n. 449, relativo alla facolta' dei comuni di aumentare le tariffe dell'imposta comunale di pubblicita', ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, della legge 27 luglio 2000 n. 212, si interpreta nel senso che l'abrogazione non ha effetto per i comuni che si erano gia' avvalsi di tale facolta' prima della data di entrata in vigore del predetto art. 23, comma 7, del decreto-legge n. 83 del 2012». Udienza di discussione del 1° febbraio 2017. A) Premessa. A1) L'evoluzione normativa: La «imposta di pubblicita'», che e' da ritenersi quale imposta indiretta in quanto colpisce la ricchezza di colui che sfrutta lo spazio pubblicitario per ricavarne vantaggi in termini di visibilita', e' attualmente ancora disciplinata dal capo I del decreto legislativo n. 507/1993, il quale, per quel che interessa, ha introdotto da un lato una tariffa «base» per tale imposta, a carico delle imprese pubblicitarie, applicandola variamente ai Comuni, soggetti attivi di tale imposta, che venivano suddivisi in cinque classi (art. 2), a seconda del numero degli abitanti, con una suddivisione ispirata al principio di progressivita' dell'imposta ex art. 53 Cost. A questa fonte «primaria» della imposta sulla pubblicita' si aggiunge, poi, la potesta' regolamentare dei Comuni, ex art. 117, 6° comma, Cost.;

in particolare, in applicazione di tale normativa, sono previste una serie di maggiorazioni, rispetto alle tariffe base applicabili alle cinque fasce di comuni di cui si e' detto: in relazione alle dimensioni dell'impianto pubblicitario, ex art. 12 del decreto, per cui se l'impianto e' di dimensioni superiori a mq. 5,5 o a mq. 8,5 sono stabilite alcune maggiorazioni dell'imposta base;

alla stessa maniera, ex art. 7 del decreto, e' stabilita una maggiorazione per gli impianti illuminati;

altra maggiorazione e' stabilita' in relazione al numero potenziale dei contatti pubblicitari, per cui ex art. 3 del decreto, i Comuni possono stabilire nel proprio regolamento che in relazione a zone rientranti in categorie cd. speciali, non superiori al 35% del territorio, vi possa essere una maggiorazione fino al 150% della imposta base;

ultima maggiorazione stabilita' e' poi quella della possibilita' di deliberare maggiorazioni in relazione a rilevanti flussi turistici desumibili da oggettivi indici di ricettivita', ex art. art. 3, 6° comma, stesso decreto. Il Comune interessato, quindi, deve effettuare tali valutazioni, e quindi determinare l'ammontare dell'imposta con le varie maggiorazioni, entro il 31 marzo dell'anno di riferimento dell'imposta, salvo, in caso di mancata delibera per gli anni successivi al primo in cui sia stato adottato il previsto regolamento, doversi ritenere prorogate quelle dell'anno precedente (cd. ultrattivita' delle tariffe). Questo excursus della normativa base in materia di imposta di pubblicita' evidenzia come la stessa sia ispirata chiaramente al principio di adeguare la stessa alla effettiva capacita' contributiva di cui ai noti principi costituzionali di cui all'art. 53 Cost. Successivamente, con l'art. 11 , 10° comma, della legge n. 449/97, (nel testo modificato dall'art. 30, 1° comma, n. 388/1999) era stata poi concessa ai Comuni una successiva facolta' di stabilire maggiorazioni, prima fino al 20% (a decorrere dal 1° gennaio 1998), e poi dall'anno 2000 fino al 50%, della imposta come stabilita' in base alla suindicata normativa, e tanto in considerazione delle differenti realta' socio-economiche del territorio di riferimento;

con l'inserimento, quindi, di tale facolta', nel comma 1, art. 30, legge n. 388/1999, tale facolta' era stata estesa sino ad un massimo del 50% a decorrere dal 1° gennaio 2000. Tale facolta' veniva interrotta dal legislatore statale con l'approvazione dell'art. 77-bis, decreto legge n. 112/2008, convertito con modifiche dalla legge n. 133/2008, con il quale veniva disposto il cd. «blocco degli aumenti», ovvero la sospensione (gia' prevista dall'art. 1, c. 7 del decreto legge n. 93/2008) del potere delle Regioni e degli Enti locali di deliberare aumenti tra il 2009 e il 2011, dei tributi, delle addizionali, delle maggiorazioni delle aliquote di tributi;

la richiamata sospensione triennale trovava, limitatamente alle tariffe dell'imposta di pubblicita', conferma e stabilizzazione, dopo una serie di interventi legislativi di conferma del detto blocco degli aumenti, con l'abrogazione del comma 10, art. 11, legge n. 449/97, operata con il piu' volte richiamato decreto legge n. 83/2012. L'art. 23, comma, 7, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n. 134, quindi, come detto, abrogava espressamente gli articoli 9 e 11, (e quindi anche il comma 10 del detto articolo) della legge 27 dicembre 1997 n. 449, di cui si e' sopra detto, relativo alla facolta' dei comuni di aumentare le tariffe, fino al 50%, dell'imposta comunale di pubblicita'. In realta' l'art. 23, 7° comma, disponeva che dalla data di entrata in vigore del presente decreto legge erano abrogate le disposizioni di legge indicate dall'allegato 1, ma faceva salvo «quanto previsto dal comma 11 del presente articolo, il quale prevedeva che i procedimenti avviati in data anteriore a quella di entrata in vigore del presente decreto legge sono disciplinati ai fini della concessione e della erogazione delle agevolazioni e comunque fino alla loro definizione, dalle disposizioni di legge di cui all'allegato 1 e dalle norme di semplificazione recate nel presente decreto-legge». E' nato quindi il problema interpretativo della esatta applicazione di tale normativa, ed in particolare se le tariffe applicate in concreto dai comuni che avessero applicato la maggiorazione prevista dalla legge 27 dicembre 1997 n. 449, aumentata fino al 50% con la legge n. 388/1999, dall'entrata in vigore di tale norma fino al blocco degli aumenti di cui alla legge n. 112/2008, poi reso definitivo nell'anno 2012, fossero, se applicate dopo tale annualita', da ritenersi legittime o le delibere comunali, meramente confermative delle precedenti delibere, sia esplicitamente che attraverso il rinnovo tacito delle stesse, che avevano applicato tali tariffe poi abrogate fossero illegittime o comunque disapplicabili, per gli anni successivi alla abrogazione per legge delle maggiorazioni. In particolare, quindi, molti comuni intendevano questa norma come clausola di salvaguardia degli aumenti disposti prima della abrogazione prevista dall'art. 23, 7° comma, che quindi potevano essere applicati anche dopo il 2012, mentre le imprese di pubblicita' originavano un notevole contenzioso finalizzato a ripristinare le tariffe originarie, ai sensi del capo I del decreto legislativo n. 507/1993, senza quindi ulteriore applicazione delle maggiorazioni medio tempore applicate dai comuni e poi abrogate. Si puo' a tal proposito citare la sentenza del Consiglio di Stato n. 6201/2014 che ha stabilito che le delibere anche tacite confermative delle tariffe applicate in base alla normativa di cui alla legge n. 449/1997, poi abrogata, non fossero legittime, anche se vi sono stati altri atti, ed in particolare un parere, n. 368 reso dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana (R.G. n. 872/2013), che invece e' stato interpretato dai comuni in senso a loro favorevole, nel senso che fosse stata ritenuta legittima la interpretazione della detta norma abrogativa per la quale la stessa, comunque, aveva fatta salva la ultrattivita' degli aumenti stabiliti dai comuni prima della sospensione temporanea degli aumenti, con la successiva abrogazione definitiva della stessa. Si puo' citare anche la tesi di cui alla giurisprudenza di merito, ancorche' con pronunce non definitive, relativa alla ultrattivita' degli aumenti operati prima dell'approvazione del decreto legge n. 83/2012 e confermati successivamente con atti deliberativi espressi o, in mancanza, con proroghe tacite ai sensi dell'art. 3, c. 5, decreto legislativo n. 507/93, che quindi avevano accolto la tesi dei Comuni che avevano utilizzato la normativa che concedeva la facolta' di disporre le maggiorazioni e che ritenevano che tali aumenti potessero essere applicati anche successivamente al 2012, praticamente prorogando senza alcun limite temporale il regime di favore stabilito dalla norme poi abrogate. (cfr. Tar Veneto, sez. Venezia, sent. 1001/2015;

Tar Abruzzo, Pescara, senta n. 269/2016). E' stata quindi emanata la norma oggetto del presente giudizio di costituzionalita', come sopra indicata, con il dichiarato intento di fornire una interpretazione...

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