n. 65 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 febbraio 2015 -

LA CORTE DEI CONTI Sezione giurisdizionale per il Veneto Il Giudice Unico delle pensioni Udite, alla pubblica udienza del 16 gennaio 2014, le parti costituite;

Visti gli atti e i documenti della causa;

ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n. 29797 del registro di Segreteria, proposto da Francesco Abate, Antonio Alessandri, Antonio Ambrosini, Renato Balduin, Arrigo Battocchia, Maurizio Belloni, Umberto Bocus, Giovanni Bonadonna, Mario Giovanni Bonandini, Francesco Botner, Guglielmo Breda, Paolo Cadrobbi, Massimo Cappellin, Modesto Carli, Francesco Carmignoto, Giuseppe Caroli, Luigi Casagrande, Michelangelo Ciminale, Carlo Crivellare, Paolo Colleselli, Gaetano Consolaro, Nicola Conte, Federico Corbara, Loris Costantini, Giovanni Crestanello, Dario Curtarello, Dalla Villa Walter, Carmelo D'Amico, Angela D'Amico, Davide D'Amico, Giovan Battista De Dominicis, Rosario De Lisio, Roberto De Stefani, Gianfranco Denes, Carlo Di Bello, Filiberto Donzelli, Fabio Fabi, Mario Fabiani, Melchiorre Fallica, Adriano Fante, Eugenio Fantuz, Carlo Favaretti, Mario Ferretti, Bruno Finco, Francesco Frasson, Paolo Frasson, Vittorio Gasparella, Maria Giacobbo, Giovanni Giampaglia, Giacomo Gortenuti, Lucio Innecco, Francesco Lippiello, Francesco Luciani, Sandro Magagnotto, Ferruccio Magello, Carlo Maniscalco, Franco Mantero, Alessandro Marcolin, Giuliano Menaldo, Roberto Mencarelli, Antonio Menetto, Antonio Michelon, Claudio Mongiat, Romano Morra, Giovanni Motton, Luciano Musi, Renato Musola, Vito Ninfa, Arturo Orsini, Vittore Pagan, Antonio Pagnan, Mariangela Palu', Giovanni Patrassi, Giampiero Perrino, Walter Peruzzo, Achille Pessina, Carlo Pianon, Enrico Pino, Giambeppi Antonio Pizzi, Cesare Polico, Paolo Pristinger, Massimo Rea, Giuseppe Realdi, Giorgio Rigatelli, Michele Romano, Onofrio Sergio Sala, Franco Saija, Gaspare Sammartano, Furio Sandei, Federico Sartori, Carlo Scapin, Vincenzo Schiavone, Dario Siciliano, Giuseppe Signorelli, Giuseppe Simini, Giuliano Soffiati, Antonio Soliman, Paolo Stritoni, Giorgio Svaluto Moreolo, Oreste Terranova, Federico Tremolada, Carlo Valfre', Riccardo Vangelista, Sergio Zamboni, Giovanni Zoccali, Carlo Cosma Zorzi Meneguzzo, e Ugo Zurlo, tutti rappresentati e difesi dal Prof. Avv. Vittorio Angiolini (c.f. NGLVTR55C26L833G, fax 02/796409, PEC. vittorio.angiolini@cert.ordineavvocatimilano.it) e dall'Avv. Mariagrazia Romeo (c.t. RMOMGR66E67F537K, fax 041/5224190, P.E.C. mariagrazia.romeo@venezia.pecavvocati.it), con domicilio eletto presso quest'ultima in Venezia, S. Croce 205, contro - Ministero Economia e Finanze, in persona del Ministro pro tempore, come rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato;

- Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, in persona del Ministro pro tempore, come rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato;

- INPS - ex INPDAP, in persona del legale rappresentante pro tempore, per il riconoscimento e la tutela, previa idonea cautela, del diritto del ricorrenti a percepire la pensione integralmente, senza le decurtazioni relative al trattamento superiore a quattordici volte il trattamento minimo INPS, disposte per un periodo di tre anni, a far data dal 1° gennaio 2014, dall'art. 1, comma 486 della l. 27 dicembre 2013 n. 147;

con ogni conseguente pronuncia, anche di condanna, quanto agli obblighi dell'Amministrazione. Premesso Con ricorso depositato in data 04/6/2014, i ricorrenti, essendo ex magistrati, professori universitari, ufficiali delle forze armate o dirigenti dello Stato, della regione ovvero di altri enti pubblici o privati (Francesco Luciani, Michelangelo Ciminale), risultano titolari di pensione, a totale o parziale carico dello Stato, con un trattamento complessivamente superiore a quattordici volte il trattamento minimo INPS e conseguentemente rientrano nell'ambito applicativo del disposto dell'art. 1, comma 486, della legge n. 147/2013, a norma del quale "a decorrere dal 1° gennaio 2014 e per un periodo di tre anni, sugli importi dei trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie complessivamente superiori a quattordici volte il trattamento minimo INPS, e' dovuto un contributo di solidarieta' a favore delle gestioni previdenziali obbligatorie, pari al 6 per cento della parte eccedente il predetto importo lordo annuo fino all'importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo INPS, nonche' pari al 12 per cento per la parte eccedente l'importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo INPS e al 18 per cento per la parte eccedente l'importo lordo annuo di trenta volte il trattamento minimo INPS. Ai fini dell'applicazione della predetta trattenuta e' preso a riferimento il trattamento pensionistico complessivo lordo per l'anno considerato". Sempre secondo il comma 486 dell'art. 1 della legge n. 147 del 2013, il suddetto "contributo di solidarieta'" e' acquisito "dalle competenti gestioni previdenziali obbligatorie, anche al fine di concorrere al finanziamento degli interventi di cui al comma 191", e dunque puo' essere destinato anche al finanziamento dei benefici specialmente stabiliti dal legislatore per i lavoratori il cui pensionamento e' stato ritardato e sottoposto condizioni deteriori dall'entrata in vigore della recente legislazione pensionistica (cd. "esodati"). In particolare, i ricorrenti lamentano l'incostituzionalita' della disposizioni sotto molteplici profili: 1) Violazione e falsa applicazione del giudicato costituzionale, ex artt. 136 e 137 Cost., in quanto la disposizione de qua sostanzialmente riproduce analoga norma di legge (l'art. 18, comma 22-bis, del d.l. 6 luglio 2011 n. 98, come conv. con l. 15 luglio 2011 n. 111, e s.mm.), gia' dichiarata incostituzionale dalla Consulta con sentenza n. 116 del 3-5 giugno 2013. In particolare, nella suddetta pronunzia, la Corte costituzionale, richiamando precedenti orientamenti giurisprudenziali (sentenze n. 223/2012 e n. 241/2012), ha qualificato l'intervento sedicente perequativo come di natura sostanzialmente tributaria, in quanto "integra una decurtazione patrimoniale definitiva del trattamento pensionistico, con acquisizione al bilancio statale del relativo ammontare, che presenta tutti i requisiti richiesti dalla giurisprudenza di questa Corte per caratterizzare il prelievo come tributario (ex plurimis, sentenze n. 223 del 2012;

n. 141 del 2009;

n. 335, n. 102 e n. 64 del 2008;

n. 334 del 2006;

n. 73 del 2005)". Conseguentemente, la Corte ha stigmatizzato il contrasto della disposizione rispetto al principio costituzionale di universalita' dell'imposizione e di correlazione alla "capacita' contributiva", e quindi l'irragionevolezza della sua deroga "avendo riguardo, quindi, non tanto alla disparita' di trattamento fra dipendenti o fra dipendenti e pensionati o fra pensionati e lavoratori autonomi od imprenditori, quanto piuttosto a quella fra cittadini", tenuto conto che "i redditi derivanti dai trattamenti pensionistici non hanno, per questa loro origine, una natura diversa e minoris generis rispetto agli altri redditi presi a riferimento, ai fini dell'osservanza dell'art. 53 Cost., il quale non consente trattamenti in pejus di determinate categorie di redditi da lavoro" e che anzi questi godono nel nostro ordinamento di "particolare tutela", anche in quanto aventi natura di retribuzione differita". Orbene, sostengono le parti ricorrenti, la recente disposizione riproduce, per forma, sostanza ed effetti, quella gia' ritenuta incostituzionale dalla Consulta, applicandosi a tutti i "trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie", trattandosi di un "contributo", avendo una durata triennale ma con effetti definitivi, essendo strutturato in forma analoga alla precedente ed infine essendo destinato a confluire, anziche' "all'entrata del bilancio dello Stato" (come il precedente), alle casse dell'ente previdenziale pubblico, il quale peraltro potra' solo eventualmente ("anche") utilizzarlo per finanziare interventi di sostegno ai lavoratori c.d. "esodati". Parte ricorrente ritiene dunque palese la violazione del giudicato costituzionale, tanto piu' in quanto la giurisprudenza della Consulta ritiene che questo sia violato "non solo quando il legislatore emana una norma che costituisce una mera riproduzione di quella gia' ritenuta lesiva della Costituzione, ma anche laddove la nuova disciplina miri a "perseguire e raggiungere, anche se indirettamente", "esiti corrispondenti" (cosi' Corte Cost., sent. n. 245 del 2012;

ma v. anche e gia' le sentt. n. 223 del 1983, n. 88 del 1966 e n. 73 del 1963). 2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 38 Cost., anche sotto il profilo della lesione del legittimo affidamento. Parte attrice ritiene altresi' violati i principi costituzionali di cui agli articoli 2 e 3 della costituzione, nella misura in cui impongono il rispetto della "tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti interessati all'applicazione della norma" precedentemente in vigore (cosi', in ultimo, la sent. della Consulta n. 160 del 2013), principio valido a fortiori (alla luce dei principi di cui agli articoli 36 - retribuzione "proporzionata alla quantita' e qualita'" delle prestazioni - e 38, comma 2 - obbligo di assicurare ai pensionati "mezzi adeguati alle loro esigenze di vita") allorche' si tratti di un diritto a "gia' riconosciute prestazioni pensionistiche" su cui il titolare legittimamente facesse affidamento ed il cui regime venga modificato in senso deteriore dal legislatore (v., di recente, Corte cost., sent. n. 69 del 2014). 3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 23, 38 e 53 Cost., anche sotto il profilo della violazione della parita' di trattamento tra situazioni reddituali tra loro omologabili. Tenuto conto della ritenuta ricorrenza degli elementi tipici del tributo secondo la menzionata sentenza della Consulta n. 223/2012 ("la disciplina legale deve essere diretta, in via prevalente, a procurare una...

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